Un itinerario tra i vigneti degli scavi in occasione della vendemmia autunnale, di cui il 20 ottobre si è celebrata la ventiduesima edizione nell’area archeologica di Pompei. Per l’occasione i visitatori degli scavi hanno potuto assistere al tradizionale taglio delle uve, coltivate nei vigneti delle antiche domus, dalle quali viene prodotto il vino Villa dei Misteri.
Accedendo dall’ingresso di Piazza Anfiteatro è possibile visitare il vigneto del Foro Boario con la sua cella vinaria, il vigneto e la casa della Nave Europa e quello della casa del Triclinio all’aperto. In quest’ultima domus, è allestita, fino al 30 novembre, la mostra Metropoli Latina dell’architetto Andrea Branzi.
Un progetto di archeologia botanica
La coltivazione delle uve e la produzione del vino fanno parte di un progetto scientifico di studio degli impianti e delle antiche tecniche di viticoltura pompeiana avviato negli anni ‘90 nell’ambito degli studi di botanica applicata all’archeologia condotti dal Laboratorio di Ricerche Applicate del Parco Archeologico di Pompei, cui ha fatto seguito una convenzione con l’Azienda Vinicola Mastroberardino, che si è occupata negli anni delle ricerche preliminari, dell’impianto e della coltivazione dei vigneti dell’antica Pompei, fino alla produzione finale del vino.
L’idea progettuale, nata nel 1994, dapprima riguardava un’area limitata degli scavi, per poi ampliarsi e giungere oggi a interessare 15 aree a vigneto ubicate tutte nelle Regiones I e II dell’antica Pompei, tra cui Foro Boario, casa del Triclinio estivo, Domus della Nave Europa, Caupona del Gladiatore, Caupona di Eusino, l’Orto dei Fuggiaschi, per un’estensione totale di circa un ettaro e mezzo e per una resa potenziale di circa 40 quintali per ettaro.
Oggi il vino Villa dei Misteri rappresenta un modo unico per raccontare e far conoscere Pompei con la sua cultura e la sua tradizione antica e quale luogo di valorizzazione e, al tempo stesso, di difesa del territorio, del paesaggio e dell’ambiente.
Il Villa dei Misteri è frutto dell’uvaggio storico di Piedirosso e Sciascinoso cui si è aggiunto, a partire dal millesimo 2011, l’importante contributo dell’Aglianico, vitigno simbolo della Campania, testimone millenario della viticoltura di origine ellenica e tra le varietà più adatte alla produzione di grandi rossi da lungo invecchiamento.
La mostra Metropoli Latina di Andrea Branzi
Di una delle più importanti figure del design e dell’architettura italiane dagli anni sessanta ad oggi, la mostra – su progetto ideato dallo Studio Andrea Branzi e prodotta grazie al supporto di Friedman Benda Gallery, New York – è presentata nell’ambito del programma Pompeii Commitment. Materie archeologiche, in collaborazione con il Festival del Paesaggio, ed è a cura di Gianluca Riccio e Arianna Rosica con lo Studio Andrea Branzi.
Scrive Branzi stesso – “Pompei come luogo dei morti ma anche dei viventi, dei poeti, del mare e del vulcano, della politica e dell’eterno commercio… Lontano dalla Roma dei monumenti, Pompei ci lascia cicatrici silenziose, profonde come le strade di pietra o leggere come tratturi… Esposte al sole accecante e alla fresca penombra delle case, dove gli Dei sono confusi con gli schiavi e l’arte povera con l’arte ricca, i capolavori e le galline ruspanti… Questa è la Pompei che più ci fa paura, perché troppo ci somiglia… Nelle ville la luce opaca delle stanze penetra a fatica attraverso le piccole lastre di alabastro, illuminate da poche lucerne che ci permettono di scoprire i miti misteriosi e i volti degli antichi latini… Essi infatti parlano in latino, e recitano le poesie di Catullo.”
In un percorso che intreccia mezzi espressivi differenti, un’opera-pannello, modelli architettonici e installazioni sonore, si esplora la domus pompeiana quale deposito di un’arte insieme classica e tragica, svelando il volto di una Pompei rimasta intatta nella sua dimensione intima e, per questo, così inquietantemente moderna, cogliendo l’antico e il contemporaneo.
Riproduce in particolare i vigneti, attraverso suoni di animali dell’aia, l’atmosfera quotidiana di vita contadina, esaltando ancor più la suggestione di momenti vissuti, e delle attività produttive che vi si svolgevano, la memoria del loro passato e l’esperienza del loro presente, in una reciproca connessione spaziale e compenetrazione temporale, un coinvolgimento pluri-sensoriale e multi-specie.