Il più famoso dei vini italiani, il Sassicaia è stato giudicato dagli esperti di Wine Spectator, la prestigiosa rivista americana, vero cult del settore enologico mondiale, il migliore in assoluto, primo nella Top 100 della loro seguitissima classifica.
Non un Sassicaia qualunque, ma il Sassicaia 2015 della Tenuta San Guido di Bolgheri, un riconoscimento che arriva proprio nell’anno in cui il “supertuscan” per eccellenza festeggia i 50 anni della prima annata messa in commercio, quella 1968.
Non è la prima volta che questo vino entra in classifica; già nel 1988 si era piazzato al 5° posto, mentre l’ultima volta di un vino italiano al primo posto era stato nel 2006, con il Brunello di Montalcino 2001 Tenuta Nuova di Casanova di Neri.
A conferma del grande momento del vino italiano arriva anche la presenza di altri due vini nella top ten: al terzo posto si è infatti piazzato Chianti Classico Riserva 2015 di Castello di Volpaia; e in nona posizione l’Etna San Lorenzo 2016 di Tenuta delle Terre Nere.
A differenza di molte altre tipologie enologiche, il Sassicaia è un vino davvero speciale, anche se la sua storia ha appena mezzo secolo di vita.
Sassicaia, nobile come il suo “inventore”
Il suo “inventore” fu il marchese, Mario Incisa della Rocchetta, primo presidente del WWF e ideatore della prima oasi naturalistica in Italia.
Suo nonno paterno, Leopoldo, già nel 1862, dopo aver approfondito la viticoltura, aveva pubblicato il testo di ampelografia “Descrizione dal vero di 105 varietà di uve, parte indigene e parte di origine straniere” diventando anche collezionista nel suo castello a Rocchetta Tanaro di 175 varietà di viti in vaso.
La tenuta nelle odi del Carducci
Il giovane marchese, amico dei duchi Salviati e dei conti della Gherardesca dei quali sposò un’erede che portò in dote la Tenuta di San Guido di carducciana memoria, si mise in testa di fare un vino toscano che ricordasse le bottiglie di Bordeaux, un vino che nascesse nelle sue terre e portasse con sé l’immaginario dell’aristocrazia di quei tempi: un bordolese di Maremma.
Dopo un primo impianto di uve Cabernet nelle colline di Castiglioncello, dieci anni dopo il marchese decise di espandere il vigneto in una zona dove già il conte Guido Alberto della Gherardesca aveva impiantato viti, su un terreno sassoso, una sassicaia da cui poi il vino prese il nome, simile al suolo di Graves di Bordeaux.
In questi anni venne affiancato il cantina dal marchese Carlo Guerrieri Gonzaga, fresco di studi nel Lycée Agricole di Losanna che suggerì la fermentazione in tini di legno e mise in funzione la pressa Wilmess con polmone in caucciù, per una pigiatura più delicata rispetto a quella a torchio, ed entrarono nella cantina le prime barrique costruite appositamente.
Grazie al lavoro dell’enologo Giacomo Tachis, grande esperto di Cantina Antinori, la prima bottiglia con l’etichetta del Sassicaia vide la luce nel 1972, un vino della vendemmia del 1968, con la classica rosa dei venti dorata su campo blu, tanto che a metà degli anni ’70, il Sassicaia di Bolgheri era diventato un mito dell’enologia italiana, un vino di razza che con decreto ministeriale del 5 novembre 1994 ottenne il riconoscimento quale prima Doc riservata interamente a una sola azienda vinicola, i cui confini risiedono interamente nella tenuta, la “Bolgheri Sassicaia”.