Le Tele stampate romagnole sono una antica tradizione locale, una delle produzioni artigiane più tipiche del territorio, dove la stampa su tessuto con il classico color ruggine è una vera e propria arte.
Non è possibile definire con certezza il momento in cui le tele stampate giunsero in questo territorio, comunque ebbero una notevole diffusione fino agli inizi del ‘900 per poi essere dimenticate e di nuovo riscoperte pochi decenni fa.
Al successo dei nostri giorni, che associa le tele stampate all’immagine stessa della tradizione romagnola, hanno dato un contributo determinante l’impegno e la passione delle pochissime stamperie rimaste, che hanno continuato la tradizione delle precedenti generazioni mantenendo il metodo tradizionale di lavoro della stampa a mano, difeso oggi dalle imitazioni industriali anche dall’Associazione Stampatori Tele Romagnole.
Collocate storicamente nell’ambito dell’artigianato povero, legato agli strumenti dell’essenziale creatività contadina, ossia stampi in legno di pero, colori ottenuti dalla ruggine, canapa coltivata nei campi e tessuta dai telai casalinghi, le tele romagnole stampate a mano hanno, però, una data di nascita incerta ed antenati e consimili ancora più vaghi.
Tele stampate romagnole: una storia avvolta dalla nebbia
Gli storici hanno trovato riferimenti molto lontani a tessuti “battuti”; non è infondato che tale arte fosse diffusa nello Stato Pontificio, di cui la Romagna fece parte fino all’Unità d’Italia.
Secondo gli studiosi, però, sarebbe errato relegare le tele stampate nell’alveo della tradizione contadina; infatti, analizzando la scelta di alcuni disegni (non tutti si ispirano al mondo agreste), si nota l’intenzione di “copiare”, con metodi semplici e di lieve impegno economico, tessuti pregiati, decori e ricami delle stoffe e degli ornamenti dei ricchi.
Di certo l’ornato romagnolo ottenuto attraverso la stampa ebbe una sua discreta fortuna, oltreché come gualdrappa dei buoi, come abbellimento di coperte, asciugamani, grembiuli, cuscini, trapunte, tende e tovaglie, soluzioni ancora oggi tra le più apprezzate.
Tele stampate romagnole: il procedimento e gli attrezzi
Stampo, mazzuolo, colore e tela sono gli unici strumenti necessari; steso il telo di stoffa grezza sul banco di lavoro, si appoggia lo stampo sul tampone dove è stato sparso il colore, poi con mano ferma lo si appoggia sulla stoffa, canapa, lino o cotone, premendolo col braccio e battendolo col mazzuolo di legno affinché il disegno si imprima sulla tela; lavoro delicato che richiede perizia ed esperienza.
Anche i colori sono importanti, ed i pochi artigiani ne sono gelosissimi: il più tipico è il color “ruggine”, ottenuto dal ferro dolce, opportunamente ossidato con aceto di vino in modo da produrre la ruggine, cui viene aggiunto solfato di ferro legato con farina di frumento: ciò che ne risulta è una pasta collosa dall’intenso odore di aceto, che è la nota olfattiva che colpisce chi entra in una stamperia romagnola. Il verde ed il blu sono gli altri due colori maggiormente utilizzati.
Le fasi successive sono l’asciugatura e il bagno di fissaggio, dopodiché i tessuti vengono sottoposti a vigorose risciacquature, che permettono alle tele di resistere all’aggressione dei moderni detersivi.
Ogni stamperia ha il suo patrimonio di matrici, per la maggior parte con figure di animali e decorazioni floreali, ma anche disegni geometrici.
Oltre a galletti, tralci di vite, grappoli d’uva, rustici boccali e fiaschi di vino, pigne, spighe, tori infuriati, caveje, cioè il perno di collegamento tra il giogo dei buoi ed il carro, a richiamo di una romagnolità bucolica tradizionale e ormai scomparsa, troviamo anche aquile, pantere, grifoni, colombe, donnole, salamandre, draghi e delfini, gallinelle, cervi e fagiani, pesci.
Tele stampate romagnole, gli stampi
Buona parte degli stampi è realizzata in pero, legno morbido, arrendevole all’incisione, resistente ai colpi del mazzuolo e una volta facilmente reperibile nelle campagne romagnole.
I disegni vengono riportati su carta e poi impressi sul legno. Inizia quindi la fase dell’incisione della matrice, secondo il sistema xilografico dei caratteri di stampa. Armati di sgorbie e scalpelli gli artigiani scalzano il legno intorno alle parti che verranno impresse. E’ un lavoro che richiede una discreta agilità manuale ma anche una buona dose di pazienza,
La vita di una matrice, soprattutto se molto usata, non è lunghissima: si può spaccare sotto i colpi del mazzuolo, può perdere la sua nitidezza di stampa, cosicché gli stampatori devono affrontare un continuo lavoro di ripristino dei disegni su nuovi stampi. Numerose matrici in disuso risalenti all’800 ed al ‘900 sono raccolte presso il Museo Etnografico di Forlì ed i vari Musei della Civiltà Contadina in tutta la Romagna.
Un patrimonio di cultura che fortunatamente sta ancora riscuotendo un discreto successo non solo tra la popolazione locale, ma soprattutto tra i tantissimi turisti che arrivano ogni anno sulle spiagge romagnole e non si fanno più abbagliare dalle imitazioni a basso costo di produzione industriale massificata che, anche in questo settore, ha purtroppo allungato i suoi mortali tentacoli.
Negli ultimi anni poi, nonostante la crisi economica e quella “generazionale”, diversi giovani si sono affacciati a questo mestiere con entusiasmo in varie zone del territorio romagnolo, portando anche una ventata di novità che sembra il mercato stia apprezzando.