Patatine, molluschi e birra: è il trio magico della cucina belga, semplice e senza fronzoli, golosa e perfettamente “instagrammabile”, tra waffles sormontati di soffice panna montata, cascate di cioccolato e grandi boccali. Un Paese che ha faticato per costruire una sua identità culinaria, non potendo contare su una scuola solida come quella francese o una terra florida come quella del bacino Mediterraneo, ma che ha saputo comunque mettere in tavola pochi ma ottimi prodotti, per la maggior parte perfetti come street food. Ecco tre assaggi immancabili durante un viaggio in Belgio.
Gaufre, i waffles del Belgio
Soffici, confortevoli, da arricchire con gli ingredienti più golosi oppure da gustare nelle più moderne varianti salate, come accompagnamento a verdure e insalate miste: niente di meglio dei gaufre per un assaggio dell’autentica tradizione belga, street food popolarissimo che si trova in chioschi, caffetterie e carri ambulanti sparsi un po’ ovunque. Una ricetta simbolo della cucina locale che in realtà è condivisa anche con altri Paesi: la versione americana si chiama waffle, quella nostrana è invece il gôfre piemontese, senza contare il cugino – non troppo alla lontana – abruzzese, la ferratella nella variante morbida. Si preparano poi anche in Francia, Germania e nei Paesi scandinavi, ma è nel Belgio che queste cialde morbide cotte su doppia piastra rovente e caratterizzate dalla tipica forma a grata, diventano uno snack irrinunciabile a qualsiasi ora. Le tipologie presenti nel Paese sono principale due: quella di Bruxelles, dalla forma rettangolare e l’impasto a base di latte, acqua, burro, uova, farina, zucchero, lievito di birra e vaniglia, e quella di Liegi, con i bordi smussati, un quantitativo ridotto di uova e l’aggiunta di zucchero in grani (sucre perlé) che non si scioglie nell’impasto.
Origine e significato dei gaufre
Una specialità che ha alle spalle secoli di storia: primo antenato risale all’era neolitica, quando veniva preparato un impasto di diversi cereali cotto su pietre calde, ma è solo nell’Antica Grecia che cominciano a circolare le obelías, conosciute poi come gaufre nel Medioevo. Una parola che in francese antico significa “nido d’ape”, a ricordare la forma del dolcetto in principio consumato con formaggio e miele. Prodotti del genere si trovano anche a Malta e Gozo nel XII secolo: erano, però, più simili a dei biscotti morbidi, e venivano venduti fuori le chiese nei periodi di festa, preparati con il solito metodo di cottura: due ferri roventi che ricordano molto le piastre usate oggi. Gaufre è il nome belga ufficiale, vero, ma in tutto il mondo sono conosciuti perlopiù come waffles: a fornire l’origine del termine sono i fratelli Grimm, che nel loro dizionario tedesco dell’Ottocento spiegano che la parola olandese wafel era iniziata a circolare già quattro secoli prima, per poi trasformarsi nel tedesco waffel attorno al Seicento. A prescindere dal nome, il significato delle cialde è da sempre lo stesso: simbolo di buon auspicio, fortuna e salute, tradizionalmente donato in occasione del Martedì Grasso, prima del digiuno quaresimale.
La storia delle patatine fritte
La paternità di questa ricetta semplice e infallibile è da sempre contesa tra Francia e Belgio, ma è molto più probabile che siano i belgi ad avere ragione. A prescindere dalle teorie, comunque, è qui che le patatine fritte hanno spopolato in maniera massiccia, dando vita a un vero fenomeno gastronomico che ha portato alla nascita di catene dedicate solo alla preparazione di frites, marchi col tempo approdati anche in altri Paesi. Si narra che furono le mogli dei pescatori belgi del Seicento le prime a friggere delle striscioline di patate, per sopperire alla mancanza di pesci durante le gelate del fiume Mosa. Dal canto loro, i francesi hanno un’altra teoria e legano l’invenzione dello street food al farmacista Antoine-Augustine Parmentier: è grazie a lui che si è cominciato a consumare il tubero, inizialmente destinato ai maiali perché considerato portatore di diverse malattie, fra cui la lebbra. Imprigionato in Prussia durante la guerra dei sette anni, Parmentier fu costretto a coltivare e mangiare patate, scoprendone così i vantaggi e il sapore delizioso, che cercò di introdurre in Francia al suo ritorno. A seguito di un’intensa campagna di promozione, nel 1789 finalmente nacque il primo chiosco di patatine fritte, create per invogliare le persone al consumo. Resta più accreditata, comunque, la teoria belga: in quegli anni, infatti, si svolgeva la guerra di successione austriaca attorno all’attuale Belgio, e ci sono buone probabilità che i francesi abbiano piuttosto preso in prestito l’idea dai vicini, sviluppandola in seguito.
Smoutebollen, i fritti dolci di origine pagana
Conosciute come oliebollen in Olanda, dove hanno avuto origine e sono altrettanto consumate, le smoutebollen sono delle squisite palline dolci fritte, immancabili a Natale e nella notte di Capodanno, ma ormai da tempo disponibili un po’ tutto l’anno, specialmente durante le feste di paese. Un impasto lievitato cotto in olio bollente e cosparso di zucchero, spesso ripieno di uvetta o aromatizzato alla cannella, una ricetta antica che non stanca mai. Sono in tanti a credere che l’origine della ricetta sia legata alle tribù germaniche pagane che preparavano l’impasto per celebrare lo Yule, la festa del solstizio d’inverno. Una delle leggende più famose narra che la divinità pagana Perchta fosse solita volare sulle città per aprire gli stomaci delle persone in cerca di cibo: a fermarla potevano essere solo le smoutebollen, che grazie alla componente unta avrebbero permesso alla spada di scivolare dentro senza perforare lo stomaco. La prima testimonianza scritta della ricetta risale al Seicento e si trova all’interno di un libro di cucina olandese chiamato “La cuoca sensibile o padrona di casa attenta”, in cui viene citato un dolcetto fritto, l’oliekoecken, letteralmente “tortine di olio”.
di Michela Becchi by Gambero Rosso