Il Casentino è sempre stato un importante centro laniero e Stia, piccolo centro ai piedi dell’appennino tosco-romagnolo vi ha dedicato un Museo.
L’attività laniera del Casentino risale al 1738, grazie a Francesco III di Lorena che liberalizzava la produzione e il commercio dei panni lana su tutto il territorio toscano, per secoli monopolizzati dall’Arte della lana fiorentina.
Nonostante un clima generale di miseria e arretratezza economica, la manifattura della lana conobbe un improvviso sviluppo, che toccò questa zona dell’appennino toscano e il piccolo paese di Stia.
In pochi decenni l’arte della lana cominciò ad innovarsi, trasformandosi da artigianale a più moderna attività imprenditoriale, per merito di alcune vecchie famiglie di lanaioli che acquisirono e riorganizzarono vari opifici preesistenti.
Stia, il Lanificio
Intorno al 1830 cominciò la meccanizzazione di alcune fasi produttive, come avveniva già da diversi decenni nei paesi europei più evoluti, con attrezzature importate dall’estero e una ventina d’anni dopo venne creato il Lanificio di Stia, che rimase operativo per circa cent’anni, diventando il perno attorno a cui ruotava l’economia della zona ed uno dei principali lanifici italiani del primo novecento producendo il pregiato Panno Casentino.
Dopo la sua chiusura i locali, a rischio di abbandono e degrado, hanno ripreso nuova vita ospitando il Museo dell’Arte della Lana, dove viene messo in mostra il ciclo della lavorazione della lana, così come si svolgeva all’interno del lanificio, illustrato attraverso l’esposizione delle imponenti macchine tessili risalenti ai primi del Novecento ed a documenti e oggetti legati all’attività produttiva che testimoniano la vita del lanificio e quella degli uomini che vi lavoravano.
Sono esposti e illustrati anche gli strumenti artigianali tipici del processo di lavorazione pre-industriale, quell’insieme di operazioni che dalla tosatura, attraverso vari passaggi, giunge fino alla messa a punto del tessuto.
Stia, il Museo dell’Arte della Lana
Il Museo comprende anche laboratori didattici dove il visitatore viene coinvolto attivamente e può sperimentare alcune lavorazioni come la tessitura manuale, o imparare a riconoscere le diverse fibre tessili attraverso un “percorso tattile”.
Gli ampi e luminosi spazi del Lanificio non sono semplicemente un “contenitore” ma sono essi stessi “museo”, in quanto luogo della memoria, testimonianza del passato produttivo, ricco di significati sia per la popolazione locale che come centro di diffusione della cultura del tessile propria di questo territorio.
Il percorso museale inizia con un salto nel tempo, fino ad arrivare ai primordi della civiltà umana, quando la tessitura era un’attività centrale nella vita dell’uomo, celebrata anche nella mitologia e nelle leggende quali la tela tessuta da Penelope o il filo con cui Arianna fa uscire Teseo dal labirinto.
Il museo, gestito dalla “Fondazione Luigi e Simonetta Lombard”, nato una quindicina d’anni fa per volontà di Simonetta Lombard, ultima erede della famiglia proprietaria per oltre sessant’anni del Lanificio di Stia, per ricordare in modo duraturo il padre Luigi, è situato nel cosiddetto edificio “dell’Orologio”, posto sulla piazza lungo lo Staggia, di cui costituisce il fondale.
Per collegare i due edifici è stata realizzata una rampa esterna collocata lungo la facciata sul retro dell’edificio dell’Orologio, che garantisce un percorso continuo e circolare tra i vari livelli degli spazi espositivi, rendendoli accessibili a tutti i visitatori.
Stia, il Museo fra tradizione e modernità
Con la sua struttura metallica e la copertura in vetro, essa si configura come elemento di novità e modernità, senza impedire tuttavia la lettura del manufatto originario, il cui recupero ha perseguito l’intento di una conservazione integrale, che riguarda non solo le volumetrie dei fabbricati ma anche le finiture.
Sono stati infatti conservati i sottili infissi in ferro dei finestroni, i pavimenti in battuto di cemento e gran parte delle tinteggiature esistenti, per non cancellare i segni e le testimonianze del lavoro svolto tra quelle mura: le macchie d’olio dei macchinari, le targhe affisse ai muri con le istruzioni per gli operai, le “buche” nel pavimento per effettuare la manutenzione delle macchine.
E’ stato realizzato nella piazza antistante uno spazio vetrato all’interno del quale sono collocate delle turbine, azionate dall’acqua che scende dal versante collinare, prima posizionate altrove dove creavano problemi di vibrazione, rumore e presenza di acqua che il trasferimento al centro della piazza ha consentito di risolvere.
Ma soprattutto questa collocazione ha un forte valore simbolico, ricordando il legame inscindibile tra acqua e arte della lana; l’acqua che muoveva le turbine per azionare le macchine del lanificio come anticamente le gualchiere dove si sodavano i panni.