Dalla Gioconda, il nuovo progetto gastronomico inaugurato lo scorso giugno a Gabicce Monte da Stefano Bizzarri con la compagna Allegra Tirotti Romanoff, è un autentico “affare di famiglia”.
Una famiglia allargata che coinvolge non solo Stefano e Allegra, che si è occupata in prima persona del design e del concept estetico del ristorante, ma anche Marco Bizzarri, padre di Stefano e Presidente e CEO di Gucci, e la moglie Maristella assieme a tutta la giovane e già affiatata brigata guidata da Davide di Fabio, per 16 anni sous-chef di Massimo Bottura all’Osteria Francescana di Modena.
Fattore umano, amicizia, affinità elettive, scelte che guardano con responsabilità al futuro, sono gli elementi che emergono dalla nuova conversazione digitale del ciclo “FOOD TALKS | Ristorazione e ospitalità: ingredienti per la rinascita” condotto da Marco Montemagno e promosso da S.Pellegrino per offrire spunti di riflessione sul mondo della gastronomia in un momento di delicata transizione e ripresa globale.
Una storia imprenditoriale esemplare
Un’altra storia imprenditoriale esemplare, dunque, che dona nuova vita al Dalla Gioconda, storico locale di Gabicce Monte, al confine tra Marche ed Emilia-Romagna, chiamato così dalla signora che, negli anni Cinquanta, aprì un dancing in un borgo che avrebbe visto nascere insegne che hanno fatto storia.
Un luogo del cuore, come ama definirlo la famiglia Bizzarri, dove oggi inizia una storia nuova che poggia su solide basi affettive a partire dall’amicizia autentica che lega Marco Bizzarri e Massimo Bottura per 5 anni compagni di banco alle scuole superiori. Da quell’amicizia si è sviluppato anche un progetto importante e di caratura internazionale: Gucci Osteria.
Sempre l’amicizia questa volta tra Stefano Bizzarri e Davide di Fabio, 35 anni, porta Davide, ex sous chef all’Osteria Francescana, oggi alla guida della cucina del nuovo progetto Dalla Gioconda.
Un ristorante a basso impatto ambientale
Stefano Bizzarri, con la compagna Allegra hanno voluto assecondare i valori impressi dalla natura circostante per confezionare un luogo a basso impatto ambientale, progettato con un’attenzione particolare alla sostenibilità nelle sue diverse forme di applicazione.
“Quando mi chiedono cosa significa esser sostenibili, io dico che la sostenibilità va cercata dentro di noi. Nel modo in cui ci comportiamo ogni giorno” sottolinea Stefano. “L’intera struttura è stata progettata per essere realizzata per ridurre drasticamente l’impatto ambientale, in un luogo che confina con la Riserva Naturale di San Bartolo “
“Nel restyling, – prosegue Stefano – ci siamo posti due importanti obiettivi in termini di sostenibilità: il primo riguarda la scelta dei materiali, il secondo riguarda le scelte energetiche. La mia compagna Allegra ha seguito il design e la selezione dei materiali dell’arredamento che non impattano sulla qualità dell’aria. Stiamo inoltre puntando al livello Gold della certificazione LEED®, che ci consentirà di essere uno dei primi ristoranti in Europa e il primo ristorante in assoluto in Italia a raggiungere questo traguardo. Un risultato che non è importante in quanto tale ma perché, per raggiungerlo, abbiamo dovuto impegnarci in un processo di ricerca che ha disciplinato il nostro lavoro e il nostro impegno nello studio della qualità ecologica degli interni oltre che del risparmio idrico ed energetico che abbiamo ottenuto implementando la struttura con l’utilizzo di energia geotermica.
Il traguardo plastic free è un obiettivo che coinvolge sempre più anche i nostri fornitori e che ci porterà ad essere il primo ristorante interamente plastic free in Italia. Non solo, avremo a disposizione oltre due ettari di terreno coltivato da noi e un orto di erbe aromatiche situato a due passi dal ristorante a cui la cucina potrà attingere. L’approvvigionamento delle materie prime avviene tramite una rete virtuosa di produttori locali. Oltre a ridurre l’impatto ambientale del nostro concept abbiamo voluto “alleggerire” anche il modello del servizio che vuol essere attento ma allo stesso tempo non appesantito dalle sovrastrutture che talvolta condizionano il concetto di fine dining.”