Ischia, ti avevo lasciata bellissima, quel mattino di ottobre di un mese fa quando l’aliscafo si allontanava da te per portarmi via. Eri Regina, soprattutto allora, quando le orde dei turisti estivi ti avevano lasciata in pace, quasi sola, dopo l’assedio.
Certo d’estate avevi sofferto: le stradine strette, quei pulmini turistici che “volavano” e si sfioravano a ogni curva, battelli e aliscafi sempre pieni di sorrisi, di volti estasiati, di occhi belli che venivano ad ammirarti, per essere coccolati.
Poi venne l’autunno e molti visitatori erano già andati via, tu cominciavi a respirare, a guardarti allo specchio e ti ritrovavi sempre bella, piena di fascino e sorprendente.
Io, invece, arrivai da te in quei giorni di metà ottobre. Era la prima volta che venivo a scoprirti, Ischia. Sì, ero già stato a Capri altre volte, anche a Procida subito dopo la proiezione de Il Postino, perché quel luogo mi aveva stregato, l’ultima apparizione di Massimo (Troisi n.d.r.), quelle case dei pescatori di Corricella tutte sbandate e colorate mi avevano suggerito un sogno che volevo scrivere.
Da te non ero mai approdato, eppure stavi lì, nel tuo caotico silenzio, nella tua serenità disturbata. Sai che non so spiegarmi, ancora, il perché?
Voli di gabbiani inseguivano il traghetto: dal faro di Capo Miseno ci hanno accompagnati fino a te forse perché anche loro ti amano, o perché, gelosi, ti vogliono vedere ogni volta che parte e arriva una nave.
Mi hai accolto con quel faro rosso illuminato da un sole splendido, all’ingresso del porto con il verde della montagna, meraviglioso, e qualche pennacchio di vapori che, insospettabile, si sprigiona dal sottosuolo (le fumarole), in continuazione. Che fascino… sai che non ti immaginavo così intrigante!
Pensavo che venissero a trovarti soprattutto quelli dei bagni termali, invece sul molo ho sentito pochi accenti italiani ma tanti diversi; turisti, francesi, spagnoli, tedeschi che avevano sentito parlare o avevano letto della tua Bellezza. Certo il tuo dialetto napoletano (non so se dire ischitano) si faceva sentire, eccome, ma rimane sempre nella piacevolezza di quell’ambiente. Quanta gente ti vuole bene.
Ti ho voluta scoprire tutta, in quei giorni: i tuoi borghi a mare sempre in movimento (la suggestiva Sant’Angelo, Casamicciola leggendaria e incantevole, Forio con le sue spiagge che guardano il calare del sole, Ischia Ponte e il Castello come guardiano, Lacco Ameno e i suoi giardini), i caffè dove ti perdi tra mille dolcezze, le botteghe colorate, chi arriva e chi parte, i porticcioli con le loro barche piene di colori vivaci, i “giardini termali” sempre attivi e popolati; e poi, i borghi abbarbicati al monte, Serrara Fontana, Fontana, Barano, Panza, tra castagni, aranceti e limoneti profumati.
E, per un amante del paesaggio del vino come sono io, quei fazzoletti di vigne che guardano il mare, sospesi in una bellezza naturale e semplice che parte da quelle onde verdi e blu e arriva alle nuvole.
Ma una cosa mi è rimasta scolpita negli occhi e nella mente: i tramonti dal promontorio di Forio, dalla Chiesa del Soccorso, (tutta bianca, che diventa rossa quando il sole si nasconde sotto il mare). Uno spettacolo nello spettacolo. Quel sole che abbandona l’orizzonte per finire dietro la muta Ventotene è una meraviglia. Colori ineguagliabili che richiamano, a quell’ora, quella manciata di nuvole a riunirsi e a disperdersi generando forme inafferrabili nel cielo e che ti invitano a giocare con la fotografia fino a stancarti.
Ma non volevo lasciare nulla al caso: sono pure salito sul monte Epomeo, a quasi 800 metri d’altezza, da dove lo sguardo parte da tutta la bellezza che è lì, accanto a te, e, volando sulla romantica Procida e sul sogno che è Capri, giunge fino alla penisola sorrentina o sul piccolo gioiello che è Ventotene. Una risalita che vale pena fare, perché da lì puoi renderti conto che sei in vetta a una bellezza diffusa che si fa abbracciare tutta d’un fiato e non ti lascia andare. Una sensazione insolita.
Ma proprio questa bellezza diffusa all’alba di ieri, 26 novembre, è stata ferita mortalmente.
Una parte di questa bellezza lussureggiante e profumata, è stata cancellata per sempre. Una frana ha deciso di scendere giù verso il mare, in direzione di Casamicciola, dopo un salto di 700 metri. Ha spazzato via tutto, case rurali, ville, ha ribaltato auto, bus, tutto quello che ha incontrato sul suo cammino.
Si piange un morto, finora, e si ricercano dispersi, come sempre in questi casi. Qui, in verità, la bellezza è stata ferita altre volte. Ora si parla di abusivismo edilizio molto accentuato, di opere di salvaguardia del territorio mai realizzate, di inefficienze della politica.
Come scrive Roberto Saviano sul Corriere.it, per capire il disastro in quel territorio basta ripassare qualche espressione dialettale: “È ‘na Casamicciola”; oppure “è successa ‘na Casamicciola”; o ancora “faccio succedere ‘na Casamicciola”, metafora per dire “gran disastro, gran confusione, gran disordine, distruzione”.
Questo significa che Casamicciola è soggetta a continue tragedie, da secoli, a partire dal terremoto del 1883.
Ora, si parla di cementificazione dissennata, di disboscamenti incontrollati, di speculazioni.
E nessuno continua a fare niente!
Anche di fronte alla Bellezza, le frane non si fermano. Ischia ti vogliamo bene, ma qualcuno no, purtroppo!.