C’è un padellino sul quale nasce una pizza – anzi una pizzetta – squisita, una pizzetta che per tanto tempo è stata un must a Pescara e dintorni e che poi ha spiccato il volo, toccando mete internazionali e approdando ora anche nel centro storico di Bologna.
Sul padellino nasce la pizzetta d’eccellenza
È il padellino di Trieste, il rinomato brand di pizzetta che festeggia la sua nuova apertura in via Zamboni, pieno quartiere universitario bolognese, a coronamento di un processo di espansione del marchio che l’ha già visto comparire in metropoli del calibro di Dubai, New York e persino Ho Chi Minh City, oltre naturalmente ai principali capoluoghi italiani, da Roma in avanti.
Nell’ex-stabilimento balneare nasce la pizza al padellino
Un nome storico quello di Pizza Trieste, un nome che nasce nel 1958, agli albori del boom economico, quando Gabriele Ciferni, la cui madre già dal dopoguerra vendeva con successo pizzette e bombe alla crema ai bagnanti in spiaggia, decise di installare la sua attività di pizzette da passeggio cotte al padellino in quello che originariamente era lo stabilimento balneare Lido Trieste, mutuandone così il nome.
Un must imperdibile a Pescara e non solo
Un’intuizione che venne immediatamente coronata dal gradimento del pubblico, perché come detto quello della Pizza Trieste a Pescara divenne rapidamente uno dei nomi più gettonati tanto dalla gioventù locale quanto dai turisti, una condizione che perdura ancora oggi e che nel tempo ha visto il marchio uscire dai confini cittadini per portare in giro la sua personalissima filosofia riguardante la pizza.
Dal Lido Trieste al resto del mondo
Merito di Riccardo Ciferni, che assieme alla moglie Lalla Di Carlo al principio degli anni duemila decide di affiancare all’attività di famiglia un franchising da esportare in tutto il mondo: i risultati non si fanno attendere, e da diverse località dell’Abruzzo e della riviera adriatica Pizza Trieste inizia a mettere radici nelle principali città italiane e, come già sottolineato, anche in molte grandi metropoli lontane dal suolo nazionale.
Piccola ma speciale
Ma cosa distingue la pizza – anzi la pizzetta – di Trieste dalle altre pizze che vengono prodotte in tutto il resto d’Italia? Innanzitutto il formato: le pizzette di Trieste sono di ridotto diametro, appena 16 centimetri, suddivise in quattro spicchi, in modo da favorire la condivisione e la possibilità di gustare nel medesimo contesto, magari in nutrita compagnia, più di una farcitura spaziando tra le tante versioni disponibili.
Il padellino è lo stesso del 1958
Poi il metodo di preparazione: la tonda di Trieste, per assicurare la fragranza e l’alta concentrazione dei sapori in dimensioni così piccole, viene cotta sul padellino di ferro blu in forno elettrico a 380 gradi, esattamente come accadeva nel 1958 sul lungomare Matteotti di Pescara. Ed è quel padellino che ancora oggi funge da garante della genuinità artigianale della pizzetta di Trieste, anche negli ormai numerosi punti vendita in Italia e all’estero, nonché della scelta accurata delle migliori materie prime.
Le materie prime: i Presidi Slow Food e tanto biologico
E qui parliamo di autentiche eccellenze, spesso di Presidi Slow Food che provengono direttamente dall’Abruzzo, dalle farine biologiche che danno vita a un impasto leggero e delizioso, al pomodoro, dai latticini all’olio EVO bio, con vette inarrivabili quando si toccano prodotti del calibro del Peperone dolce di Altino e del Pecorino di Farindola.
Con l’approdo sotto le due torri – il locale bolognese propone oltre trenta tipi diversi di farciture – il paniere delle materie prime si è poi allargato a nuove gemme, come la mortadella del Salumificio Bidinelli di Bentivoglio, la porchetta, la zucca, il Prosciutto di Parma Dop, il guanciale e molte altre, sempre nell’ottica di arricchire la proposta al pubblico.
Non solo pizzette: iniziate con i fritti
Non esiste però solo la pizza all’ombra dell’insegna Trieste: ad esempio si può iniziare con una bella selezione di fritti, a
cominciare dagli arancini farciti con salsiccia o, in chiave molto abruzzese, con ragù d’agnello, le deliziose patatine chips artigianali, le crocchette di patate. Giornalmente poi nel locale bolognese saranno disponibili zuppe, insalate e primi piatti, incluse le lasagne, per la pausa pranzo, dolci fatti in casa, tutti da gustare nelle tre ampie sale del piano superiore – di cui una dal soffitto affrescato – oppure nella bella stagione ai quattordici tavoli situati sotto il portico.
Diavola, Pura oppure con fegato e cipolla: le diverse farciture
E poi naturalmente pizzette, da ordinare tra quelle già pronte al banco oppure sul momento, preparata a vista, da consumare al tavolo o in alternativa facendo due passi con in mano la pizzetta ripiegata: ci sono le rosse come la classica Diavola d’Abruzzo, con ventricina piccante, quella con alici di Cetara, la burrata e crudo e la salsiccia e pecorino, e le bianche, ad esempio la friarielli e salsiccia, la fegato e cipolla, la zucchine e coppa di testa, la zucca e guanciale e ovviamente la Pura, dedicata espressamente a Bologna, con solo tanta buona Mortadella Igp.
Le pizzette per celiaci
Ma per i celiaci è disponibile una sezione apposita della carta, pizze gluten free sulle quali è possibile replicare la quasi totalità delle farciture disponibili, in totale sicurezza e preservando la salute di chi non tollera il glutine senza per questo rinunciare a gusto e tradizione.
Una carta dei vini stellata Michelin
Il tutto, naturalmente, debitamente innaffiato dalle ottime birre artigianali Almond oppure dalle etichette presenti nella linea di vini creata ad hoc da Gianni Senesi, sommelier in capo del ristorante tre stelle Michelin Casadonna del celebre Niko Romito in collaborazione con la Cantina Valle Reale di Popoli.
Il padellino come chiave diversa per interpretare la pizza
Una nuova proposta nel centro storico di Bologna che sicuramente consentirà di affrontare l’argomento-pizza in maniera diversa dal solito, magari a tarda ora visto che il venerdì e il sabato resterà aperto sino alle 2 di notte, contando sempre su una gestione famigliare e su un prodotto artigianale, da gustare ovviamente in punta di padellino.