Su Filindeu, un Presidio Slow Food, è un tipo di pasta tradizionale della Barbagia nuorese, fatta con acqua, sale e semola di grano duro, lavorata in una rudimentale macchina di legno, generalmente usata per fare zuppe e pastine in brodo.
Questa pasta tipica del Nuorese, considerata la più rara del mondo, deve il suo nome, fili di Dio, alla leggenda che la descrive come un nutrimento sacro, dato in ristoro ai pellegrini che, ancora oggi, si recano al santuario di San Francesco, edificato alla fine dell’Ottocento da un ex bandito, grato al Santo per averlo aiutato a dimostrare la sua innocenza.
La pasta, lavorata in fili sottilissimi, quasi come certe filigrane d’oro dell’Isola, la sanno fare in pochissimi, anzi pochissime, perchè è da sempre un’arte del tutto femminile e in via di estinzione.
L’impasto viene trasformato in fili sottilissimi, lavorato con le mani bagnate, con molta acqua salata, finché non si formano tanti fili, che sono poi depositati in tre strati diagonali, messi ad essiccare al sole fino a che la pasta non assume una consistenza vitrea per la conservazione.
L’essiccazione viene fatta su dei piani costituiti da foglie di asfodelo essiccate ed intrecciate in forme circolari, così da ottenere una superficie irregolare, per una maggiore ventilazione durante la fase di essiccazione, con una migliore dissipazione dell’umidità.
I fili di pasta di semola di grano duro fatta essiccare vengono spezzati e fatti cuocere nel brodo di pecora, con pecorino fresco acido, il casu axedu, così chiamato perchè è una pasta filata, ottenuta dalla lavorazione manuale fino a diventare, appunto, filante.
Il filindeu, i fili di Dio, in brodo di pecora è ancora oggi una tradizione molto sentita nel territorio barbagino, quando i fedeli nuoresi, a maggio ed ottobre, si recano in pellegrinaggio al santuario di San Francesco di Lula, dove i priori accolgono con questa pietanza ristoratrice i pellegrini che vi giungono dopo aver percorso ben 32 chilometri durante la notte.