Il 19 marzo è la Festa del papà che è legata alla figura di San Giuseppe, che oltre a essere il papà putativo di Gesù, nella tradizione popolare è il patrono di falegnami e artigiani e il protettore di orfani, nubili e poveri.
In molti paesi della Sicilia si preparano banchetti ricchi di cibo, il cui elemento principale è il pane. A Leonforte in provincia di Enna si preparano le cuddure, pani votivi elaborati ricchi di simboli religiosi.
La devozione dei siciliani per San Giuseppe
San Giuseppe è, tra i Santi, il più amato e venerato in moltissimi paesi della Sicilia. Scrive Giuseppe Pitrè, considerato il fondatore della scienza folkloristica in Italia, nel suo volume sulle feste patronali “Dei santi, il più carezzato è S. Giuseppe che occupa tredici comuni. Il suo culto si manifesta attraverso un complesso di rituali, pubblici e privati, quali il banchetto sacro, la preparazione dell’altare, la raccolta delle offerte, la sacra rappresentazione, l’accensione dei fuochi e la processione, che hanno luogo in due diversi periodi dell’anno: a marzo e a fine agosto”.
San Giuseppe a Leonforte
A Leonforte, in provincia di Enna, ma anche in altri centri della Sicilia, la solennità di San Giuseppe, era ed è ancora legata alla tradizione delle tavolate (o cena, ammitu, artaru, a seconda del paese) che famiglie devote promettono al Santo in segno di ringraziamento per una grazia ricevuta o come voto. Secondo un’opinione comune sembra che la loro tradizione sia stata introdotta dalla famiglia del Principe Branciforti, intorno al 1630.
Il banchetto rappresenterebbe il pranzo di consolazione (il consolo) portato alla Madonna per la morte di San Giuseppe e anche nei festeggiamenti dedicati al santo, il cibo, nella sua valenza simbolica e rituale, diventa l’elemento principale. Fra questi c’è il pane, sicuramente l’elemento fondamentale dell’altare, che in origine doveva indubbiamente rappresentare la motivazione effettiva dell’altare stesso per il significato ancestrale che si attribuiva al pane di “Grazia di Dio”.
Le cuddure e il loro simbolismo
Oltre al pane tradizionale, ci sono le cuddure, pani votivi agiografici. Delle vere e proprie sculture di pane ornate con simboli e motivi vegetali, elemento fondamentale delle tavolate, preparate da veri esperti che hanno appreso l’arte dalle signore anziane che le facevano in passato, non consumabili durante il pasto ma proprie del “Santo” che la porterà a casa. Il numero di queste, varia in base al numero di Santi presenti, che deve essere dispari, da un minimo tre a un massimo di trentatré, e ognuna rappresenta le caratteristiche simboliche, realizzate con lo stesso pane, che si trovano nel Vangelo, del Santo a cui è dedicata. La cuddura di San Giuseppe è a forma di bastone, decorata gli attrezzi del falegname, la colomba, che rappresenta lo Spirito Santo e un grappolo d’uva.
Quella del Signore è rotonda, a forma di ciambella. Sopra ci sono un giglio, simbolo di purezza, tre spighe di grano, un grappolo di uva, che rappresentano il pane e il vino dell’ultima cena, la colomba, gli elementi rappresentanti la crocifissione, la corona di spine, i chiodi la croce e la mela, che rappresenta il peccato originale.
In quella della Madonna, che è a forma di “M”, ci sono le mani protettrici, il rosario, il fuso, una rosa, il giglio della purezza, perché concepita senza peccato, la colomba, la nepitella, una verdura amara, che la Madonna assaggiò “per amareggiare la bocca”, il vangelo, la mela, la pera e l’uva; quella della Maddalena, pure a forma di ‘M’, ha sopra da un lato, collana, orecchini, ventaglio e borsa, che rappresentano la mondanità, dall’altro una stella, una croce e una treccia, che simboleggiano la sua conversione. Ce ne sono altre più povere, come per esempio quella di S. Zaccaria, nella quale viene posto solo un topo, a rappresentare il fatto che fu condannato dal Signore ad essere il protettore dei topi per non aver creduto che sua moglie, Santa Elisabetta, potesse essere incinta.
Ciascun elemento posto a decorazione viene inserito con un ordine preciso. Altrettanto accade durante quando, dopo aver spennellato con uovo e semi di papavero tutte le cuddure, esse vengono inserite nel forno. Le prime tre ad avere accesso alla cottura sono, nell’ordine, quella di Gesù, quella della Madonna e quella di San Giuseppe. Per quanto avanzi dello spazio, la tradizione impedisce che nella prima fornata si aggiunga altro pane.
Il cibo per i poveri
Tuttora, ma ancor di più in tempi passati, vengono scelte le persone più povere, le quali, il 19 marzo, all’ora di pranzo, mangeranno sia quello che verrà loro preparato, sul momento, generalmente pasta con le fave e i ceci, sia ciò che si trova sulle tavolate. Quello che resta verrà riposto in un grande recipiente e distribuito per essere portato a casa. Nella tradizione popolare, infatti, San Giuseppe protegge soprattutto i poveri, ed è per questo motivo che esisteva l’usanza di preparare il pranzo sacro offerto ai bisognosi e agli orfani.
Il pane di San Giuseppe, al di là dell’uso alimentare, diventa offerta e dono votivo, strumento di solidarietà e di aggregazione, oggetto di propiziazione e di ringraziamento e suggella momenti di religiosità operativa legata ad un mondo tradizionale.
di Cristina Barbera by Gambero Rosso