La spoja lorda (o sfoja lorda o mnëstra imbutida o mnëstra pìna) è un piatto che, per i romagnoli, evoca immagini di cucine familiari, di profumo di brodo che invade la casa, di mani esperte che impugnano la “sprunella” e la spingono, sicure, attraverso la sfoglia ripiena.
Spesso sottovalutato, rappresenta un vero e proprio simbolo della tradizione romagnola: la sua semplicità nasconde la profonda saggezza contadina che sapeva combinare ingredienti umili, o di recupero, per dare vita a preparazioni magistrali.
In passato, infatti, la spoja lorda veniva preparata per non sprecare la pasta (sempre tanta rispetto al compenso) che rimaneva dopo la preparazione dei cappelletti per i giorni di festa. Ecco allora che si ammorbidiva con il latte quel poco di ripieno che c’era e si spalmava, quasi a sporcarlo, il tanto impasto di uova e farina oramai tirato a matterello.
Tradizionalmente, era servita per accogliere ospiti improvvisi, mostrando con orgoglio la generosità della cucina romagnola. Oggi viene preparata in vari modi, talvolta come minestra asciutta, col ragù, oppure condita anche con qualche fettina di tartufo dei funghi, ma prevalentemente in brodo.
La ricetta
La preparazione è un rito che inizia con la sfoglia: si impastano a lungo 3 uova (possibilmente di galline allevate all’aperto) con 300 grammi di farina di tipo “0” (abbandoniamo definitivamente la farina “00”, troppo raffinata… la nostra pasta ne guadagnerà in sapore e consistenza. E se poi fosse una farina di un mulino artigianale, ancora meglio). Va lavorata con energia, fino a ottenere un impasto liscio, setoso. Ora c’è il riposo: è indispensabile affinché l’elasticità acquisita durante la lavorazione molli la presa, l’impasto si rilassi e si prepari a essere steso con facilità. Le nonne lo lasciavano sul tagliere, coperto con una ciotola. Nel frattempo si prepara il ripieno (il compenso): si mescolano 250 grammi di ricotta di latte intero con 120 grammi di formaggio grattugiato, una bella spolverata di noce moscata e un pizzico di sale. Si deve ottenere una crema morbida, vellutata.
Nel caso serva un pochino di liquido, si aggiungono un paio di cucchiai di latte.
Attenzione: non prendete queste quantità come fisse e definite. Questo è un piatto della tradizione e, come tale, può portare con sé mille varianti: c’è chi aggiunge un uovo, chi usa ricotta di pecora, chi preferisce “tagliare” il parmigiano con un po’ di pecorino. Cercate quindi nel ricettario della nonna e portate avanti le consuetudini della vostra famiglia. Torniamo adesso alla sfoglia, che avrà riposato per almeno mezz’ora: è il momento di stenderla, sul tagliere, con il mattarello, in un disco possibilmente tondo e uniforme, sottile circa un millimetro. Poi, su di una metà, si stende il compenso, come fosse una crema, in uno strato molto sottile, quasi a sporcarlo. Si ripiega sul ripieno l’altra metà e si passa delicatamente il mattarello per eliminare quel po’ di aria che è rimasta intrappolata all’interno. È il momento della sprunella (la “rotellina” della minestra): gesti sicuri e decisi incidono il semicerchio fino a ottenere un reticolo di quadrettini tutti uguali, tutti implotonati uno di fianco all’altro. Ecco la spoja lorda pronta per la cottura, rigorosamente in un buon brodo di carne bollente. Si cuoce in pochissimi minuti: quando i nostri quadrettini ripieni affiorano in superficie sono pronti per essere serviti.
Il brodo in Romagna, un rito che racchiude legami famigliari
In Romagna, il brodo non è semplice preparazione, ma un vero e proprio rituale che racchiude tradizione, storia e legami familiari. Da secoli, è uno dei simboli della cucina locale, soprattutto nei giorni di festa. Gli ingredienti vengono scelti con cura: la carne di cappone o gallina, i tagli del manzo e l’osso con midollo, accompagnati da sedano, carota e cipolla. Alcune famiglie aggiungono anche qualche chiodo di garofano e una foglia di alloro. Ogni elemento va dosato con attenzione perché il brodo deve risultare limpido e dorato, profumato e dal sapore equilibrato, capace di esaltare la pasta fresca fatta in casa, come i cappelletti, la spoja lorda o i passatelli.
Si tratta di una preparazione simbolo di lentezza e pazienza: i tagli più poveri di manzo e gallina devono sobbollire a fuoco dolce per ore (almeno 3, meglio se 4).
Ingredienti e preparazione
Servono 2 chilogrammi di carne da brodo (fatevi consigliare dal vostro macellaio di fiducia, poiché la carne dovrà essere giustamente ricca di grasso e, soprattutto, ricca di tessuto connettivo: muscolo, rigatino, cappello di prete, coda e lingua, ali di gallina o mezzo cappone). Poi un osso, meglio se con il midollo. Ancora, occorrono 2 cipolle di piccole dimensioni, 2 carote, 2 coste di sedano, un rametto di pomodorini ciliegini (se non si è in stagione, un pomodorino secco), qualche chiodo di garofano da conficcare nella cipolla e un pugnino di sale grosso.
Mettere tutto in 6/7 litri di acqua fredda e lasciar sobbollire per 3/4 ore almeno. Durante la prima ora è importante schiumare eliminando le impurità che affiorano.
Infine, filtrare attraverso un colino a maglie fitte ed eventualmente sgrassare.
by Romagna&Dintorni