La Scapece gallipolina è un piatto tipico marinaro della città salentina, che in altre versioni viene preparato anche in diverse altre località della regione Puglia.
Le origini di questo piatto risalgono al periodo in cui Gallipoli, città marinara, era costretta a subire gli assedi da parte delle potenze mediterranee; per scongiurare la fame era necessario rifornirsi di cibo da conservare per molto tempo e il pesce, abbondante nei mari intorno alla città, si prestava a questo uso.
Un piatto di pesce
L’ingrediente principale della Scapece è infatti il pesce, generalmente di piccole dimensioni e diverse varietà, come le “boghe”, chiamate a Gallipoli anche “ope”, gli “zerri” detti “cupiddhi” o altro, che viene fritto e messo a marinare in speciali tinozze chiamate “calette”, tra alcuni strati di mollica di pane imbevuta di aceto e zafferano.
Nella Scapece gallipolina il pesce non viene pulito prima di essere fritto a causa della quantità e della dimensione ridotta delle specie di pesci utilizzati.
Come sempre succede, esistono diversi tipi di Scapece di Gallipoli, differenti tra loro per il tipo di pesce utilizzato, a seconda di chi prepara questa pietanza; in alcuni casi i pesci vengono “scucchiati”, cioè separati, secondo la specie.
I pesci fritti vengono disposti, a partire dal fondo della tinozza, a strati alternati con la mollica di pane imbevuta con l’aceto in cui è stato sciolto lo zafferano.
La pagnotta di pane viene privata della crosta e tagliata a metà, poi strofinata su uno strumento detto “crattacasa”, una grande grattugia ricurva di acciaio largo mezzo metro sulla cui superficie sono stati praticati dei fori, simili a quelli di una grattugia da formaggio, larghi circa un centimetro.
Una volta che la tinozza è stata riempita fino all’orlo viene sigillata con un foglio di plastica e messa a riposare in una cella frigorifera.
La Scapece è un prodotto tra i più caratteristici e ricercati nei locali del Salento ed è sempre presente sulle bancarelle delle varie Sagre e Feste patronali del territorio.