La Busecchina è una pietanza ben conosciuta nel territorio lombardo fin dall’epoca medioevale e probabilmente anche da prima, magari con altri nomi.
In passato, infatti, il territorio era ricchissimo di boschi di castagno, i cui frutti venivano consumati nei modi più diversi e, per mantenerli anche diversi mesi, venivano essiccati per poter essere mangiati durante tutto l’anno.
Le castagne, infatti, fino a non molto tempo fa, erano un cibo insostituibile per le popolazioni alpine ed appenniniche e venivano consumate fresche o secche, crude o cotte, bollite e arrostite; da esse si ricavava anche la farina nei molini, per preparare pietanze, focacce, dolciumi come il castagnaccio; tradizioni che fortunatamente sono sopravvissute e di cui possiamo godere ancora oggi.
Nacque così in tempi antichi la Busecchina, il cui nome deriva dalla busecca, la trippa in dialetto lombardo, un sostanzioso piatto fatto con le interiora di carne ovine o bovine e verdure, cotte nel brodo, molto simile allo sguardo alla busecchina, che spesso era anche un sostituto della carne, non sempre reperibile sulle tavole più povere, tanto da essere considerata la versione povera della trippa.
Busecchina, la preparazione
Per prepararla si devono lasciare le castagne a bagno per una notte in acqua fredda e la mattina successiva, prima di metterle nella casseruola, si deve togliere la pellicina che le ricopre sotto la buccia.
Le si copre completamente di acqua salata e vino bianco lasciandole cuocere a fuoco lento, muovendole il meno possibile per evitarne la rottura.
Al termine della cottura le castagne dovranno risultare morbide, ma ancora consistenti e il liquido dovrà essere assorbito quasi del tutto e si può servire con l’aggiunta di latte e panna montata.
La Busecchina è un piatto dolce a base di castagne secche, che un tempo veniva preparato secondo tradizione nel giorno di Santa Savina l’ultimo di gennaio, nel cuore dell’inverno, ma che oggi si è diffuso lungo tutto l’arco della stagione.