Il Salame Lardellato di Fabriano è uno dei tanti prodotti tipici marchigiani, la cui storia è antichissima, ma che oggi è a rischio d’estinzione a causa dello scarso numero dei produttori, tanto da essere diventato per questo un presidio Slow Food.
Uno dei suoi grandi estimatori fu Giuseppe Garibaldi, che in una lettera ringrazia un amico per questi preziosi salami inviatigli.
Solo carni di razza autoctona
Nella sua preparazione vengono impiegate le carni ottenute dalle razze autoctone dell’entroterra anconetano, dal tipico colore scuro e dal pelo ruvido, con almeno 12 mesi d’età.
In passato era predominante la razza nera, ma oggi il suino che si alleva e si utilizza per la produzione del salame di Fabriano è quello derivato dall’impiego indifferente di razze bianche e scure purché nato nel territorio dell’Appennino Umbro-marchigiano.
Si utilizzano solo le parti pregiate dei maiali; il fiocco della spalla e della coscia, senza alcuna aggiunta di tagli che non siano di prima qualità.
Il grasso rappresenta un percentuale di circa il 8-12%, viene prelevato dalla fascia adiposa dorso-lombare e tagliato a cubetti più piccoli del centimetro.
L’impasto magro ed i lardelli, con l’aggiunta di sale, pepe sia macinato che in grani, e vino bianco, viene inserito preferibilmente nel budello gentile più adatto alle lunghe stagionature ed in grado di conferire aromi particolari.
Prodotto dalla fine di settembre all’inizio di maggio, il Salame Lardellato di Fabriano deve stagionare almeno due mesi in cantine e solai areati, ma può maturare anche cinque o sei mesi.
Ricoperto di una muffa marrone scuro, è duro e ruvido al tatto; la sua carne è compatta, di colore rosso scuro, con i lardelli bianchi e la grana fine.
Per rilanciare e tutelare la produzione di questo salume tipico è stato anche costituito il Consorzio per la Produzione e la Tutela del Salame di Fabriano.