Il raviggiolo è uno dei formaggi tipici delle zone appenniniche centro settentrionali, soprattutto di quella tosco-romagnola.
Si tratta di un prodotto a pasta bianca, tenera, dal sapore delicato e burroso, di forma circolare e spessore tra i due e 4 centimetri; trattandosi di un prodotto fresco ha una conservabilità massima di circa una settimana, anche meno; il periodo di produzione è quello autunnale ed invernale, tra ottobre e marzo.
Alcuni studiosi legano la sua zona di distribuzione alle aree di dominio umbre preromaniche.
Nel 1515 il Magistrato Comunicativo della terra di Bibbiena portò in dono a Papa Leone X alcune forme di questo formaggio a pasta morbida, presentato in un canestro ricoperto di felci; è la prima testimonianza storica di questo formaggio, frutto della caseificazione con caglio senza rottura.
Il raviggiolo, amato anche da Pellegrino Artusi
Pellegrino Artusi, nel suo “La Scienza in Cucina e l’Arte di Mangiar bene”, inserisce il “cacio raviggiolo” quale ingrediente per i “Cappelletti all’uso di Romagna”, a testimonianza della bontà ed importanza culinaria del prodotto.
Il raviggiolo viene oggi prodotto in abbondanza nell’area del Parco delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campagna, dove la produzione si distingue per l’uso di latte vaccino crudo, rispetto ad altre aree dove viene utilizzato prevalentemente latte di pecora.
Per salvaguardare questa tipologia di produzione, il raviggiolo di latte vaccino crudo è diventato Presidio Slow Food.