Divenuto noto nel 2009, il Pomodorino del Piennolo del Vesuvio Dop è uno dei prodotti più tipici ed antichi dell’agricoltura campana, tanto da essere perfino rappresentato nel tradizionale presepe napoletano.
Definito da Pablo Neruda “Astro della Terra”, il pomodoro, originario dell’America, fu introdotto in Europa intorno al 1500 dagli spagnoli e, ben presto, si diffuse nei Paesi del Mediterraneo grazie alle favorevoli condizioni climatiche trovandovi la sua casa ideale.
Nell’Italia meridionale, e in particolare in Campania, il pomodoro ha trovato la sua massima diffusione, molte varietà infatti si sono sviluppate spontaneamente e in seguito registrate col marchio Dop.
In questo territorio beneficia dell’abbondanza di sole e fertilità del terreno lavico, ricco di potassio: gli anziani dicono infatti che il suo colore “ardente” sia opera del vulcano, poiché secondo la leggenda, le sue radici affondano fino a pescare il colore nella lava stessa del Vesuvio.
Il Pomodorino del Piennolo del Vesuvio
La sua particolarità risiede nel metodo di coltivazione ecologica e a basso impatto ambientale che prevede l’ausilio di sostegni con paletti di legno e filo di ferro riciclabile, evitando alle bacche di toccare terra e fanno sì che ricevano il beneficio dei raggi solari per una maturazione uniforme: i frutti sono rotondi con un piccolo pizzo all’estremità inferiore, dal caratteristico sapore dolce con retrogusto amaro, dovuto alla ricca concentrazione di zuccheri e sali minerali.
Dopo il periodo del raccolto di Agosto, la particolare variante detta “Piennolo” prevede una tecnica di conservazione antichissima: l’esperienza delle donne dei pescatori di intrecciare le reti, conferì la conformazione di grappoli appesi all’ingiù, sistemati su un filo di canapa legato a cerchio, per comporre un unico grande pendolo o alveare, sospeso in luoghi asciutti e molto ventilati.
Questo sistema che prevede una grande manualità ed esperienza, favorisce una lenta maturazione e consente di ottenere il cosiddetto “oro rosso” fino alla primavera seguente all’anno della coltivazione, infatti possono essere consumati oltre il periodo natalizio, ben otto mesi dopo la raccolta.
La Pacchetella
Un altro metodo è la conserva in vetro proveniente da un’antica ricetta di famiglia dell’aerea vesuviana, denominata “Pacchetella”: il raccolto viene lasciato ad asciugare dentro cassette di legno fino alla fine di agosto, poi si tagliano in due i pomodorini dall’alto in basso e versati in barattoli, pressando e sigillando per l’ebollizione.
L’utilizzo in cucina
Nella cultura partenopea vengono utilizzati principalmente per un delizioso primo piatto, i paccheri con lo stoccafisso, divenendo poi col tempo un ingrediente essenziale di tanti piatti tipici per molti cuochi e chef: regala un tocco particolare alla pizza, alle bruschette, agli spaghetti, agli intingoli a base di pesce, ma continua ad essere anche molto diffuso come merenda sul pane con un filo d’olio, sale e basilico, come ci hanno insegnato coltivatori e braccianti.
Il pomodorino è inoltre ricco di Vitamina A e C, di cui sono noti da tempo gli effetti anticancerogeni, di sali minerali quali Calcio, Fosforo, Potassio e Licopene, che esercita nell’organismo un’azione antiossidante, stimolando la produzione di enzimi capaci di bloccare l’azione cancerogena.
Viene considerato una delle eccellenze agroalimentari del Made in Italy più apprezzate e ricercate; è infatti esportato in tutto il mondo, in particolare negli Stati Uniti, Francia e Giappone e negli ultimi anni perfino il colosso Amazon è riuscito ad accaparrarsi per la vendita i classici Piennoli da consumare freschi.