Da oltre quattrocento anni a Palestrina, nell’entroterra di Roma, si produce un biscotto particolare, il Giglietto.
La storia del Giglietto
La sua origine non è locale; proviene da Parigi, portato nella cittadina romana dai cuochi dei principi Barberini.
L’importante ed influente casata romana dei Barberini ha tra i suoi discendenti papa Urbano VIII il quale, durante il suo pontificato nel 17° secolo, decide di acquistare la cittadina di Palestrina dai principi Colonna e trasformarla in sede nobiliare della famiglia. Esiliati successivamente a Parigi alla corte di Luigi XIV, il Re Sole, i Barberini conoscono qui i Giglietti, biscotti a forma di giglio, simbolo della dinastia francese dei Borbone.
Una volta tornati a Palestrina, i pasticceri di corte iniziano a replicarli, sostituendo però il giglio con le api, simbolo sullo stemma di famiglia. Le api però non hanno successo e, così, i biscotti tornano alla loro originaria forma di giglio, tramandata fino ai giorni nostri.
In effetti la ricetta fu custodita per anni dalle Monache Clarisse del Monastero S. Maria Degli Angeli di Palestrina, che la consegnarono poi a una famiglia locale dedita all’arte bianca, che iniziò, nuovamente, la sua produzione legandola a delle ricorrenze particolari, come matrimoni; compleanni e sagre paesane.
Una preparazione molto semplice
La loro preparazione è molto semplice; servono solamente farina, uova, zucchero e abbondante scorza di limone grattugiata.
Si sbattono le uova e lo zucchero fino ad ottenere un composto uniforme, quindi si aggiunge la farina e la scorza di limone.
È indispensabile amalgamare sapientemente gli ingredienti e intrecciare pazientemente l’impasto particolarmente cremoso e per questo da maneggiare con cura. Una manualità ed un’arte necessaria per dare al biscotto la forma del giglio.
Al giorno d’oggi solo alcuni forni di Palestrina e Castel San Pietro Romano portano avanti questa tradizione particolare, tramandata da poche famiglie. Una volta pronti, li si inforna a 180° per un quarto d’ora fin quando sono cotti, anche se il loro aspetto pallido non lo darebbe a vedere. Leggermente dorati, secchi e fragranti, si conservano per un paio di settimane, ma una volta tolti e raffreddati, sono già pronti per essere mangiati.
Negli anni il Giglietto è diventato un dolce di casa, fatto dalle donne del paese in occasione dei matrimoni e cotto nei forni comuni; un’usanza che si è rischiato di perdere, almeno fino al 2014 quando diviene Presidio Slow Food, con un preciso disciplinare che prevede l’impiego di materie prime locali e di qualità, per promuovere al meglio il lavoro degli ultimi artigiani.
Oggi i forni del Presidio sono solo 2: il Forno Fiasco a Castel San Pietro Romano e il Forno Salomone a Palestrina.
Quest’ultima dedica al suo biscotto anche un festival che si svolge ogni anno, dove il Giglietto spesso sprona la creatività di molti chef che hanno creato abbinamenti fantasiosi, sia nella versione dolce che salata.