Un guscio di cioccolato amaro con un ripieno morbido e dolcissimo, proprio come la donna a cui è dedicato: è nato così il Ministeriale, il cioccolatino simbolo della pasticceria Scaturchio di Napoli, farcito con crema di ricotta, rum e altri aromi che restano un segreto di famiglia.
Giacomo Cautiello, alla guida del laboratorio, non li rivelerà mai a nessuno, anche perché la ricetta è la stessa di sempre, inventata da uno dei fondatori come pegno d’amore per Anna Fougez, ballerina e cantautrice dei cafè chantant, locali dove gli artisti potevano esibirsi con spettacoli per intrattenere i clienti, tradizione parigina della Belle Epoque arrivata poi a Napoli.
Ministeriale, il dolce dedicato a una ballerina
Francesco Scaturchio adorava questi cafè. Insieme ai fratelli Giovanni e Pasquale nel 1905 arrivò da Dasà, un piccolo paesino della Calabria, a Napoli, «dove aprirono il primo negozio in via Toledo» racconta Giacomo. Francesco e Giovanni poi si divisero dal fratello e inaugurarono un altro punto vendita in Piazza San Domenico Maggiore «dove ancora oggi c’è la nostra sede storica». Al tempo, Francesco faceva il bidello ma amava molto l’arte, «erano gli anni antecedenti alla Prima Guerra Mondiale, Francesco amava frequentare il Salone Margherita, fu lì che si innamorò della ballerina, che aveva però molti pretendenti e chiese al giovane una prova d’amore».
E quale prodotto migliore del cioccolato per dimostrare la propria dedizione? «Era il tempo dei cuneesi, Giovanni poi aveva sposato una donna austriaca, il cioccolato era ormai di casa, così Francesco decise di usare il fondente all’esterno e una crema di ricotta, rum e altri aromi all’interno, il tutto a forma di medaglione in onore dell’amata».
Un problema ministeriale
Il nome, invece, ha tutta un’altra storia. «Volevano farlo arrivare alla tavola del Re, ma la pratica si rivelò più lunga del previsto. Il cioccolatino si bloccava sempre nei Ministeri, incaricati di verificarne la congruità. Alla fine iniziarono a scherzarci su e parlare di un “problema ministeriale” e così nacque il nome». Che poi, alla corte di Sua Maestà ci arrivò davvero, e gli Scaturchio ottennero il titolo di fornitori ufficiali della casa reale, con tanto di feluca dei ministri impressa sulla superficie del dolcetto.
Oggi il Ministeriale viene fatto anche in versione mignon «da un sol boccone, ma per un’esperienza più golosa consiglio di prendere quello classico, più soddisfacente». I cioccolatini si conservano bene, negli anni aziende di macchinari hanno anche provato ad automatizzare la produzione «ma la lavorazione artigianale è un’altra cosa, per farli con le macchine dovremmo modificare la ricetta per cambiare la densità della crema, e non è nostra intenzione». Qualcuno, ha anche tentato di copiarli «gli ingredienti sono segreti, è l’insieme di aromi a conferire quel gusto particolare». La produzione non è lunga «ma richiede molta attenzione»: in laboratorio, le pasticcere realizzano 4800 Ministeriali piccoli e 2250 grandi in 16 ore di lavoro, «le donne hanno una marcia in più, inutile negarlo». Numeri grandi che vanno a rifornire i 7 punti vendita sparsi per la città.
Scaturchio, un affare di famiglia
Giacomo è la memoria storica di Scaturchio. A breve festeggerà 70 anni, e una buona parte li ha vissuti in laboratorio: «Sono cresciuto qui dentro. Ero piccolissimo quando venivo a osservare mio papà all’opera, all’epoca tante famiglie avevano trovato lavoro in pasticceria, e quella di Scaturchio è rimasta una tradizione familiare». A 18 anni, finita la scuola, l’aspirante artigiano è corso al negozio, «volevo fare esperienza, sperimentare, ho cominciato pulendo i vetri, ho fatto tanta gavetta. Ci vuole passione per fare questo mestiere, e una buona dose di sacrificio, considerando gli orari di lavoro». Dopo tante pulizie, finalmente, il primo dolce da realizzare «la pastiera: si impara un pezzo alla volta, prima fai la frolla, poi capisci come lavorare la ricotta, solo infine puoi tentare l’intero assemblaggio, bisogna procedere per gradi, è quello che insegno sempre ai ragazzi». Il giudizio più severo è sempre quello del papà, «quando la domenica porto il dolce lo assaggia con attenzione, nota anche la più piccola differenza».
di Michela Becchi by Gambero Rosso