Nell’entroterra laziale ed in particolare nel territorio di Roviano, zona contadina ricca di tradizioni ancestrali, viene ancora oggi fatta una particolare frittella chiamata nel dialetto locale “Ju salavaticu”.
Il nome della frittella deriva dai suoi componenti, che sono farina, acqua, sale e mentuccia selvatica, che le dà un caratteristico e gradevole odore di menta.
Trattandosi di un piatto povero e non particolarmente elaborato, un tempo veniva preparata dalle donne per i mariti che lavorano nei campi. Era un tipo di frittella economica e sbrigativa come si conveniva a persone che non avevano né le possibilità economiche, né il tempo da perdere nella preparazione di cibi elaborati. Le donne, oltre ad occuparsi della casa, ad una certa ora del giorno, dovevano raggiungere il marito che lavorava nel campo fin dall’alba, portando nella “canistrella segnalesca” il frugale pranzo.
Nella “canistrella” insieme alle erbe, alla “pulenna” ed al “fischiotto” c’erano anche i salavatici, preparati alla svelta prima di partire per la pianura o la montagna, per la “roscia” o “Ju puzzu ‘e gli Ferrari”. Due “jummelle” di farina in una insalatiera insieme ad un po’ di acqua, a qualche folgia di mentuccia e ad un pizzico di sale; una mescolata e quindi saltato nella padella con olio bollente.
Due minuti di cottura da una parte, altrettanti dall’altra e “ju salavaticu” croccante ed aromatico era pronto.
Al suo piatto antico e tradizionale, che richiama alla memoria storica la civiltà contadina di Roviano, piccolo borgo lungo il corso dell’Aniene tra Tivoli e Subiaco, a fine agosto è anche dedicata una Sagra, anche se, data la semplicità della preparazione, i Salavatici non mancano mai anche nelle numerose altre occasioni folkloristiche rovianesi.