Come testimonia l’edificazione dell’antica Villa Romana, risalente al I sec. d.C, la Costiera Amalfitana è sempre stata meta per il buen retiro, fin dai tempi antichi.
Minori ancora oggi custodisce le tradizioni gastronomiche e artigianali del territorio, non è un caso che sia stata eletta Città del Gusto, un appellativo presente anche sulla carta intestata del Comune.
Protagonista da anni della manifestazione estiva Gusto Italia in Tour, l’evento dedicato alla promozione e alla valorizzazione dei prodotti tipici e delle eccellenze enogastronomiche italiane con un focus al meridione, da secoli si distingue per i suoi prodotti che vengono considerati un vero patrimonio culinario.
Piatto tipico dell’antica Roma
Gli ‘ndunderi alla minorese sono una particolare tipologia di pasta fatta a mano di origine antichissima; leggenda vuole che gli antenati degli ‘ndunderi fossero le “palline latine”, piatto tipico dei Romani, come degli gnocchi di farro e latte cagliato.
I pastai di Minori ebbero l’intuizione di modificare la ricetta mescolando farina e latte, o in alternativa ricotta, aggiungendo l’uovo e il formaggio di vacca grattugiato.
Si è tramandata fino ai giorni nostri e oggi è l’emblema dei giorni della Santa Patrona Trofimena, che a Minori ricorre ben cinque volte l’anno.
L’importanza del fiume Regginolo
La città vanta una lunga storia nella lavorazione, produzione e vendita della pasta che risale al Medioevo e si deve in parte alla presenza del fiume Regginolo, che oltre a contribuire alla crescita economica dell’industria della carta, rappresentò un’opportunità per lo sviluppo di veri e propri impianti per la preparazione della pasta, al punto che i lavoratori, sia uomini che donne, vennero denominati “maccaronari”.
La città in poco tempo si trasformò in un’industria, nella cui piazza e vicino alle rive del torrente veniva disposta la pasta per essere essiccata al sole. Non è facile identificare le prime forme prodotte, ma sicuramente fra quelle più antiche della zona c’erano gli ‘ndunderi.
Le fonti storiche
Vincenzo Corrado, gastronomo e letterato, nel “Notiziario delle produzioni particolare del Regno di Napoli” del 1792, parlando della Costiera Amalfitana scrisse “si fa grande industria di maccheroni e delle altre fine paste, ricercate da tutte le nazioni e se ne fanno un estero commercio”.
Nella ben nota “Istoria della città e costiera di Amalfi” del 1836, Matteo Camera riportò “…maccheroni, oltre delle paste minutamente lavorate, che per la perfetta qualità sono le migliori del regno: si spediscono in Napoli, Sicilia, Calabria, Livorno, Genova, Marsiglia e talvolta fin a Rio de Janeiro”.
Una tradizione mantenuta in vita da Marco Della Pietra, proprietario de Il Pastaio, l’unico pastificio della Costa D’Amalfi specializzato in pasta fresca. «Fra il 1700 e 1800 circa – racconta Marco della Pietra – Minori esportava la pasta fuori dal Regno. Poi c’è stato il connubio con Gragnano, in cui alcuni minoresi si trasferirono».
Della Pietra è l’unico che, ancora oggi, lavora la pasta a mano nel suo pastificio, preso d’assalto da residenti e turisti, soprattutto per gli ‘ndunderi.
«I più richiesti sono i ravioli al limone e gli ‘ndunderi, come da buona tradizione di Minori». Marco, insieme allo zio, negli anni ha condotto molte ricerche per risalire all’antica tradizione della composizione degli ‘ndunderi.
«Non esistono molti documenti che testimoniano tale ricetta, ma pare che la prima risalga al 1600 quando venivano fatti con formaggio di capra, grano saraceno, uovo, linfa di fico e alcune erbe. Noi l’abbiamo presa e rivisitata. Per fare gli ‘ndunderi, uso ricotta di latte vaccino, farina, uova, formaggio vaccino grattugiato, sale, pepe e noce moscata. Anche se ora sto cercando di usare la ricotta di pecora, per avvicinarmi sempre più all’origine di questa tradizione».
Da alimento delle feste a pietanza quotidiana
Adatti tutto l’anno, vengono solitamente consumati il 13 luglio, giorno di Santa Trofimena, patrona della città di Minori. «Anticamente – dice Della Pietra – la sera della processione, i partecipanti si presentavano per le strade con la camicia di sporca di sugo in segno di rispetto della tradizione. Ciò significava che prima di prendere parte all’evento avevano mangiato gli ‘ndunderi».
Ora quei tempi sono lontani, ma il ricordo è ancora vivo nella memoria degli anziani del paese e gli ‘ndunderi vengono consumati ogni giorno dell’anno in modi diversi, accompagnati da condimenti diversi, come la famosa colatura di alici di Cetara. «Anche se – dice Marco – il modo migliore per assaporarne il gusto è con la salsa di pomodoro, come vuole la tradizione».