All’ Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo oggi, 20 febbraio, si inaugura l’anno accademico 2023-24 ma si festeggia anche il ventennale dell’Università. Per l’occasione è stato invitato il primo rettore, il prof. Alberto Capatti, tra i padri fondatori dell’ateneo, che aveva contributo notevolmente alla denominazione di ‘Scienze Gastronomiche’, a partire dal 2004.
Da qui sono passati oltre 3650 studenti da tutto il mondo e più di 1300 studenti stranieri.
Da sottolineare come sia maturato, nel tempo, uno spirito critico, un’autocritica che ritroviamo nelle parole degli interlocutori riguardo il concetto di “gastronomia”. Basta leggere le dichiarazioni che seguono per rendersi conto come la stessa definizione sia cambiata o debba cambiare.
Ad aprire la mattinata è stata la relazione del rettore prof. Bartolomeo Biolatti, seguita dai saluti e dagli interventi delle rappresentanti degli studenti in Consiglio Accademico Amanda Poles ed Elisa Carone.
Inizia il rettore Biolatti che ha ripercorso, nel suo intervento, la storia del progetto UNISG ed ha indicato quale è l’attuale visione dell’ateneo:
“L’approccio olistico alle scienze gastronomiche dà ampio spazio sia alle discipline umanistiche e sociali sia alle discipline tecnico-scientifiche e alle scienze della vita, affinché gli studenti maturino un proprio pensiero, una propria filosofia ed una propria etica che li porterà ad utilizzare nel modo migliore la conoscenza scientifica. Quest’ultima, privata dell’etica e della morale può avere conseguenze gravissime e dannose A Pollenzo si forma un professionista colto che sa interagire responsabilmente con l’ambiente e utilizzare la sua specializzazione per contribuire alla gestione di un sistema alimentare che salvaguardi le risorse naturali e consenta loro di rigenerarsi, avendo cura della salute unica dell’ambiente, dell’uomo e degli animali”.
“La mia personale visione di UNISG – ha proseguito il rettore – è quella di un living lab universitario, un ambiente dinamico in cui l’università collabora con la comunità circostante per affrontare sfide reali e sperimentare soluzioni innovative. Nel concetto di laboratorio vivente, l’apprendimento e la ricerca sono integrati direttamente nel territorio. Nel caso di Pollenzo non si tratta più solo di un territorio circostante (locale), bensì uno spazio che abbraccia il mondo. Le caratteristiche del living lab universitario e quelle di Pollenzo coincidono e comprendono i seguenti punti: Coinvolgimento della Comunità; Progetti Interdisciplinari; Innovazione e Sperimentazione; Apprendimento Esperienziale; Sostenibilità e Responsabilità Sociale; Trasferimento Tecnologico”.
Estratto della Lectio Magistralis del prof. Alberto Capatti
Ospite d’onore Alberto Capatti, che ha tenuto la Lectio Magistralis nella quale ha ripercorso la genesi dell’UNISG e ha lanciato nuove idee ispiratrici per il futuro.
“La storia di Pollenzo ha il valore di testimonianza e di progettazione. La sua origine è singolarissima con al centro Petrini circondato da Montanari, storico dell’alimentazione medioevale, Riva, tecnologo alimentare, ed io, professore associato di lingua e letteratura francese e storico dell’alimentazione contemporanea. Pertanto la storia di questa università, che è da scrivere e pubblicare, implica una visione progettuale una cultura, rinata nel 2004, in costante evoluzione in un ambito profondamente trasformato oggi da clima e comunicazione, da culture vegane e carnivore in conflitto, che allora non combattevano. Grande novità per studenti e docenti, erano i viaggi in cui tutto il patrimonio disciplinare acquisito diveniva oggetto di pensiero e di critica, ed anche essi sono una parte fondamentale di questa storia. La gastronomia era allora ignorata dalle università ed era dunque una rivoluzione”.
“Pollenzo deve essere il centro del futuro – aggiunge l’ex rettore – , quindi un laboratorio in attività costante. Per far questo occorre uno spirito critico che operi sulla nozione stessa di gastronomia. Possiamo e dobbiamo rovesciare la definizione stessa di gastronomia “conoscenza ragionata” dei nutrimenti, in una società in cui la ragionevolezza e l’irragionevolezza delle conoscenze è gestita dall’alto, dai supermercati, dalla promozione pubblicitaria e dall’Intelligenza Artificiale. Dobbiamo dunque conferire alla gastronomia un ruolo che non è quello di conoscenza ragionata o ragionevole, ma di critica del sistema alimentare, quale esso sia, partendo dal presente e ritornando ad esso. Critica significa oggi autocritica, parola che non troviamo in Brillat-Savarin, e che costituirà il nostro principio cognitivo. Dobbiamo dunque riformulare tutto il nostro sistema alimentare con una visione critica che ne cancella i valori attualmente pubblicizzati. Questo implica che l’insegnamento stesso della gastronomia parta da una autocritica che mette in evidenza uno spreco culturale di termini e di immagini”.
E sul tema della politica nelle scienze gastronomiche:
“Un altro passo sarà recuperare la politica presente nella denominazione della classe di laurea e assente a Pollenzo la cui laurea triennale è scienze e culture gastronomiche. Oggi le politiche alimentari sono onnipresenti e la gastronomia è stata creata proprio da un amministratore e da un politico, Brillat-Savarin, personaggio di rilievo nella storia della Francia, dalla rivoluzione all’epoca post-napoleonica.
La politica dunque è un approccio storico alla nutrizione, e non va dimenticata. È il primo passo di una revisione autocritica fondamentale, nel caso di Pollenzo, cui una analisi di altre università può essere utile
Ristrutturare, scrivere, insegnare facendo degli studenti il primo nucleo in azione, i quali tradurranno questa politica nelle future loro professioni
La politica è clima, sostenibilità, economia, regola la vita del contadino e la nostra stessa visione della natura e in quanto tale va studiata e promossa in tempi quanto mai difficili da interpretare.
Un passo fondamentale sarà il confronto fra i 17 approcci diversi alle scienze gastronomiche, al fine di fare un bilancio complessivo del loro successo, aprendo l’esame ad altri paesi, al fine di ipotizzare nuovi assetti disciplinari ed un nuovo esito della formazione. È auspicabile non solo un incontro, un congresso, ma la creazione di una agenzia italiana dell’insegnamento gastronomico, in grado appunto di creare il patrimonio didattico, al di là delle varianti universitarie”.
Ed infine: “L’opposizione di chi studia e di chi mangia offende le scienze gastronomiche facendone una teoria filosofica utile al solo pensiero. Mangiare è apprendere e l’insegnante deve partecipare in modo istruttivo, assaporando, masticando, commentando e imparando dagli studenti stessi. È facile ritrovare nei testi, nei ricettari spunti teorici della conoscenza ma se questa non è concretizzata, esperita, si è perduti in bocconi vocali che vengono assimilati dalle orecchie e dal solo cervello, con il risultato che nessun raffronto concreto si realizza e ci si perde in un rito”.
La chiusura del presidente dell’UNISG Carlo Petrini.
“Oggi abbiamo affidato l’apertura del ventesimo Anno Accademico di UNISG al primo rettore del nostro Ateneo. Vent’anni fa Alberto Capatti contribuì consistentemente alla denominazione di ‘Scienze Gastronomiche’ e fu tra i primissimi a credere fortemente nell’approccio interdisciplinare che caratterizza da sempre l’Università di Pollenzo. Oggi la denominazione ‘Scienze Gastronomiche’ è stata assunta da altre 17 università italiane e questa è l’occasione per fare il punto sul ruolo storico che Pollenzo ha avuto in questi anni”.
Petrini ha quindi proseguito: “Le riflessioni sviluppate poc’anzi da Alberto Capatti sono fondamentali: in particolare l’importanza di una formazione politica nel nostro ateneo, in un momento in cui queste tematiche diventano così determinanti al punto che le manifestazioni di questi ultimi giorni, quelle con i trattori, riescono a scardinare l’impianto della politica alimentare europea. Ci troviamo infatti oggi con una politica ambientale sconquassata da queste proteste. Si tratta della tempesta perfetta perché siamo riusciti a mettere i contadini contro gli ambientalisti, mentre invece dovrebbe esserci dialogo e comprensione reciproca. Quindi oggi più che mai dobbiamo prendere atto che le idee e le istanze fondative di questa università hanno trovato il giusto contesto”.
Petrini ha poi ricordato come Brillat Savarin nella terza meditazione della sua Fisiologia del Gusto prefigurasse l’ingresso della gastronomia nel novero delle scienze dell’accademia.
“Probabilmente non si sarebbe immaginato di aver dovuto attendere 180 anni, così come neppure avrebbe potuto credere che una università di scienze gastronomiche nascesse in Italia e non nella sua Francia. Allo stesso modo , vent’anni fa, quando dovevamo trovare il titolo di questa università, abbiamo scelto scienze gastronomiche: anche noi non pensavamo che 14 anni dopo, nel 2017, l’accademia italiana riconoscesse la classe di laurea”.
“Oggi siamo chiamati a realizzare, nell’anno del nostro ventennale, due obiettivi: Il primo è un obiettivo nazionale, ed è stato fatto proprio dal Centro Studi e Ricerca del Cibo Sostenibile che unisce le 4 università piemontesi riconoscendo a Pollenzo un ruolo guida. Si tratta di una campagna sottoscritta da una moltitudine di persone per chiedere di inserire l’educazione alimentare nelle scuole di ogni ordine e grado.
Il secondo obiettivo riguarda un punto di vista internazionale, e qui la riflessione di Capatti funge da grande stimolo per decidere cosa farà Pollenzo da grande. Ora tocca guardare al mondo e superare il pensiero di Brillat Savarin, che rimane comunque eurocentrico. Dovremmo coltivare l’esigenza di Pollenzo che guarda alla complessità del mondo e sviluppare rapporti di interconnessione sulle culture alimentari del mondo. E qui diventa fondamentale il valore del viaggio didattico , che è uno dei perni del modello formativo pollentino. A Pollenzo devono nascere gastronomi che abbiano un’idea diversa della gastronomia, non incentrata sul proprio ombelico. Ecco perché la nostra università si pone l’obiettivo di diventare un punto di riferimento internazionale. Le culture gastronomiche sono frutto del meticciato: nel meticciato c’è la forza dell’accoglienza e del capire gli altri e questo muta anche il linguaggio gastronomico. È questa l’effervescenza che si sperimenta a Pollenzo, che deve diventare la casa di tutta la biodiversità enogastronomica del mondo”.