Siccità prima, piogge torrenziali, poi, gelate fuori stagione e caldo estremo, sono tutti fenomeni climatici anomali con i quali tutti noi, chi più chi meno, abbiamo a che fare ormai da diversi anni. Sono fenomeni, però, che stanno compromettendo inesorabilmente l’ambiente che ci circonda e che hanno un impatto fortemente negativo soprattutto sulle produzioni agricole di tutto il mondo. In Costa d’Avorio e in Ghana, primi produttori di cacao, l’aumento eccessivo delle temperature ostruisce la naturale crescita della pianta, impedendole di sopravvivere. La siccità prolungata in Spagna ha diminuito la produzione di olio della metà e lo ha fatto anche in Italia dove la produzione è crollata di un terzo.
Il clima impazzito: agricoltori in affanno
Gli agricoltori in questo momento sono davvero in grande difficoltà, ma la realtà è chiara a tutti, tanto che, nel corso della Cop28, il recente vertice delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici di Dubai, 134 paesi hanno siglato un patto per integrare l’agricoltura sostenibile nelle loro road map climatiche. In questo contesto a dir poco critico, diventa sempre più fondamentale comprendere a fondo le ragioni di ciò che sta succedendo e le azioni che è necessario attivare. Per farlo, però, bisogna informarsi. Tra le diverse iniziative per offrire risposte adeguate al problema, si inserisce anche quella di Corrado Dottori, economista convertito all’agricoltura e Valeria Bochi, antropologa che, a Cupramontana, un comune in provincia di Ancona, nelle Marche, hanno prima fondato l’azienda agricola La Distesa, e poi dato vita a “SPORE”- Scuola di campagna, un ambizioso progetto di agro-ecologia politica, nato dalla volontà di condividere con un pubblico ampio di studenti, giovani neo-laureati, artisti, attivisti, giornalisti, cuochi e, ovviamente, contadini e vignaioli, un percorso di formazione per capire come “fare agricoltura” in questo nuovo regime climatico.
Una nuova “Scuola di campagna”
Grazie agli scambi e ai confronti attorno al senso e ai limiti della situazione attuale, la scuola intende offrire uno sguardo critico e contemporaneo sui principali temi relativi all’agricoltura organica, alla rigenerazione dei suoli e dei territori, all’impatto della crisi climatica, alle dinamiche di produzione e consumo di vino e cibo. Dottori e Bochi lavorano da 25 anni in ambito agricolo nell’entroterra marchigiano, dove la famiglia di Corrado possedeva alcuni poderi, coltivando la vite e l’olivo, seminando cereali e gestendo il bosco. A stretto contatto con la natura e con gli eventi meteorologici estremi, entrambi hanno vissuto, e continuano a vivere personalmente, le nuove condizioni climatiche, diventando sempre più consapevoli che, per comprendere le trasformazioni in corso e valorizzare le risorse a disposizione, alla preparazione pratica è necessario associare basi teoriche pluridisciplinari.
Antropologia, sociologia del paesaggio e cucina popolare
“Spore” vuole essere proprio questo: un contenitore capace di tenere insieme e collegare viticoltura, antropologia, agricoltura rigenerativa, sociologia del paesaggio, cucina popolare e gestione delle risorse idriche ed energetiche. I corsi della scuola di campagna prevedono approfondimenti tecnico-scientifici e importanti aperture al pensiero filosofico, agli studi antropologici e ai linguaggi artistici, in particolare quelli che si stanno misurando con questa crisi climatica. In linea con la vocazione originaria dell’azienda La Distesa, la scuola pertanto affronta l’ambito produttivo con corsi e seminari interdisciplinari che fanno riferimento ad una visione ecosistemica e politica più ampia.
Gli appuntamenti per capire di più
Gli appuntamenti con la scuola di campagna prima della fine dell’anno sono 4: il primo c’è stato il 6 luglio scorso e si è trattato di una degustazione proposta da Simonetta Lorigliola, giornalista e autrice nata e cresciuta in Friuli-Venezia Giulia che ha portato il pubblico in un piccolo viaggio dentro un angolo estremo d’Italia, la provincia di Trieste. Un luogo geograficamente condensato che riunisce suoli, storie, culture intricati e multipli.
A seguire, nel fine settimana del 19 e 20 ottobre si terrà, invece, il primo laboratorio di scrittura e di giornalismo narrativo, con l’obiettivo di fornire strumenti utili a raccontare un Pianeta in crisi. Il titolo, mutuato dal libro di Amitav Ghosh, è La Grande Cecità.
Ancora, il 17 novembre un’altra degustazione, con Emanuele Tartuferi, divulgatore e oste e tra i fondatori di Spore che proporrà un evento dal titolo “Cosa può un vino?”. Infine, dal 12 al 15 dicembre tornerà un corso di formazione, “Umani e piante”, dedicato alla potatura, per cogliere le ramificazioni tra botanica e nuove ecologie.
Non basta dare delle etichette
«Dopo più di vent’anni di attività agricola, culturale e politica, ci siamo chiesti quale potesse essere il passo ulteriore da compiere per dare ancora più senso al nostro radicamento territoriale e, al contempo, al nostro essere “vignaioli planetari” (cit.) – spiegano Dottori e Bochi – In questi anni siamo entrati molto spesso in contatto con il mondo della scuola e delle Università, anche perché i nostri stessi percorsi personali si sono arricchiti, nel frattempo, di studio e teoria oltre che di tanta pratica».
Dottori e Bochi si sono resi conto di come, al di là delle facili etichette, “biologico”, “sostenibile”, “naturale”, ecc., il mondo della formazione in agricoltura, ma non solo, fatichi a elaborare percorsi che riescano davvero a cogliere le complessità dei fenomeni che stiamo vivendo, e a trasmetterli in modo consapevole e fertile ai giovani: «Da un lato, infatti, ci si concentra su aspetti fortemente specialistici e tecnici, utili ad acquisire singole professionalità – proseguono – Dall’altro c’è la riduzione di qualsiasi ragionamento e apprendimento al marketing e alla comunicazione, dunque al prodotto finale e alla sua vendibilità. Basti pensare alla sfera del “consumo critico”, a quanto sia stata svuotata di potenza rivoluzionaria l’idea che serve consumare in modo diverso per cambiare il mondo. Un concetto che, qualora rimanga incardinato sul gesto del singolo e non affiancato a una visione politica collettiva e plurale, diventa del tutto inutile».
Cosa sono le “Environmental humanities”
Tutto questo è un vero peccato per Dottori e Bochi, convinti, invece, che la ricerca e la produzione scientifica sul tema dell’ecologia stiano vivendo un momento esaltante: «Pensiamo al lavoro di tanti filosofi, antropologi, sociologi, botanici, microbiologi che, a partire da temi come la crisi climatica e l’Antropocene, stanno sviluppando analisi, riflessioni, e stanno costruendo un nuovo approccio, forse un nuovo paradigma. Sono le “Environmental humanities”, difficilmente traducibile in discipline umanistiche ambientali, cioè un ambito di ricerca fortemente interdisciplinare che tenta di mettere assieme scienze naturali e umanistiche a partire dal cambiamento radicale delle riflessioni sui concetti di Natura e Cultura, non più separabili all’origine come per secoli il sapere occidentale-capitalistico ha cartesianamente fatto».
di Simona Sirianni by Gambero Rosso