Il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali ha presentato nei giorni scorsi a Bergamo i Distretti del cibo, un nuovo strumento previsto dalla legge di bilancio per garantire ulteriori risorse e opportunità per la crescita e il rilancio a livello nazionale di filiere e territori.
Nel corso dell’incontro sono state presentate le linee di azione per i nuovi distretti e alcuni esempi di realtà già operative.
I Distretti del cibo, cosa sono e come opereranno
In pratica potranno essere riconosciuti come Distretti del cibo i distretti rurali e agroalimentari di qualità, già riconosciuti o da riconoscere; quelli localizzati in aree urbane o delle periferie urbane caratterizzati da una significativa presenza di attività agricole volte alla riqualificazione ambientale e sociale delle aree; i distretti caratterizzati dall’integrazione fra attività agricole e attività di prossimità ed i distretti biologici.
Dovranno operare come i contratti di filiera, ma semplificati, e l’obiettivo è di saldare la produzione al consumo coinvolgendo anche gli esercizi commerciali di prossimità, compresi i ristoranti. Attualmente sono operativi oltre 60 distretti agricoli e agroalimentari, che operano però a livello locale o regionale e sono quindi poco conosciuti.
Il riconoscimento dei Distretti viene affidato alle Regioni e alle Province autonome che provvedono a comunicarlo al Mipaaf presso il quale è istituito il Registro nazionale dei Distretti del cibo, disponibile sul sito del Ministero.
Per il rilancio del settore e per il sostegno ai distretti sono stati stanziati 5 milioni di euro per il 2018 e 10 milioni a decorrere dal 2019.
“L’esperienza dei distretti – ha detto il Ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina – va rilanciata e rafforzata, perché è necessario costruire rapporti più stretti nelle filiere e servizi che guardino a tutto il territorio nel suo complesso, mettendo insieme imprese, cittadini, associazioni, istituzioni per realizzare obiettivi comuni”.
La scelta di valorizzare i Distretti del Cibo è senz’altro una scelta innovativa, che consente al nostro Paese di guardare allo sviluppo locale e alla tutela del paesaggio con un approccio nuovo, un rapporto tra città e agricoltura, una più stretta collaborazione tra realtà agricole e attività di prossimità, a partire dai mercati contadini, all’integrazione col turismo fino ai distretti del biologico, dove la sostenibilità diventa leva di competitività anche fuori dai confini strettamente agricoli. Nell’anno nazionale del cibo italiano nel mondo e dopo Expo, ecco un altro tassello davvero importante per dare forza al Made in Italy agroalimentare.
Distretti del cibo; alcuni esistono già
In Italia, come detto, ne esistono già una sessantina; tra questi il Distretto Rurale della Toscana del Sud cui aderiscono 65 Comuni delle province di Livorno, Siena, Arezzo e Grosseto, cioè un terzo della superficie della Toscana e quasi la metà della sua superficie agricola; distretto nato lo scorso anno dall’esperienza ventennale del distretto rurale della Maremma, nel grossetano.
Altro esempio virtuoso è quello del bio-distretto dell’agricoltura sociale di Bergamo, che coinvolge 23 cooperative e aziende bio che operano favorendo l’inserimento lavorativo in agricoltura di persone svantaggiate, favorendo un’agricoltura compatibile con l’ambiente nonché la valorizzazione dei prodotti bio e della cultura del territorio, sostenendo anche la realizzazione di progetti di educazione alimentare, con un apposito Comitato Scientifico, formato da tecnici, esperti del settore e docenti universitari, per mettere in campo progetti mirati.
Anche Milano ha il suo Distretto Rurale
Anche Milano ha il suo Distretto Rurale, una cooperativa formata da 34 imprese locali, che coltivano una superficie di circa 1700 ettari del suo hinterland.
Le aziende si dedicano a settori diversi, dal cerealicolo, alla risicoltura, dallo zootecnico all’orto-florovivaistico, ma anche alla commercializzazione e valorizzazione dei propri prodotti e alla gestione dei parchi, fino al recupero di paesaggio, ambiente e biodiversità
Altro esempio è quello del Distretto Agricolo della Bassa Bergamasca che copre un’area di 42 Comuni della pianura bergamasca, aggregando più di 100 soggetti tra aziende agricole e agroalimentari, Istituti di ricerca, scuole, Istituti bancari, associazioni di categoria, Enti parco. Il Distretto produce 6 delle 9 Dop casearie locali, (Gorgonzola, Grana Padano, Taleggio, Quartirolo, Salva e Provolone), ma anche altri formaggi di bufala e capra, oltre ad operare nei settori della trasformazione delle uova, della polenta e delle farine, delle carni e quello orticolo; tra le aziende del DABB ci sono anche birrifici, aziende dolciarie, coltivazioni di zafferano e tartufo nero bergamasco.