Nord Piemonte: il luogo è di quelli che ti portano indietro nel tempo, ai piedi della straordinaria catena delle Alpi, tra Biella e Gattinara. Mi trovo a Lessona (Biella), un borgo del vino, una volta luogo di fabbriche tessili. Sono qui per parlare di vini, di Nebbioli, di questo territorio, di ex fabbriche del tessile. Qui si calpestano le sabbie di un super vulcano esploso milioni di anni fa. Il mio interlocutore è Daniele Dinoia, titolare di Villa Guelpa Società Agricola.
Un bellissimo giardino, quello di Villa Guelpa, in riva al torrente Strona, una dimora storica di fine ‘800. Daniele mi accoglie in sala degustazione; tra poco mi farà scoprire Vigna Rondolina, a due passi da qui, e parleremo dell’unicità di questo territorio, di vini, delle vecchie fabbriche del tessile.
Da queste parti la storia è legata al vino e, in particolare, al Nebbiolo, dominatore incontrastato che a ridosso della catena alpina trova dimora e raggiunge la sua massima espressione, grazie all’esclusività del terroir.
Un’area dalle caratteristiche climatiche particolarmente favorevoli e miti, determinate da eccellenti escursioni termiche tra giorno e notte e da una eccezionale radiazione solare, trovandoci ad una Latitudine piuttosto elevata. Qui, convivono palme, cipressi e ulivi con querce antiche.
Nel Nord Piemonte, i suoli sono geologicamente unici e i vini diventano inconfondibili, eleganti, fini e caratteristici.
Il racconto
“Voglio ricordare Camillo Cavour – sottolinea Daniele Dinoia -, lo statista piemontese e provetto viticoltore, che, nel 1845, quando era capo della Polizia di Torino, ebbe modo di assaggiare l’ottimo Sizzano, nobile Nebbiolo del Nord Piemonte e scrisse in una lettera ‘Confermo ingenuamente che l’ottimo vostro vino di Sizzano mi ha quasi convinto della possibilità di fabbricare in Piemonte vini di lusso. Cotesto vino possiede, in alto grado, ciò che fa il pregio dei vini di Francia e manca generalmente ai nostrani, il bouquet. Il bouquet del Sizzano non somiglia a quello di Bordeaux, ma bensì a quello di Borgogna, il quale, per certe qualità prelibate come il Clos-Vougeot e il Romanet, gode la primizia di tutti i vini di Francia. Rimane provato che le colline del Novarese possono gareggiare con i colli della Borgogna; e che a trionfare nella lotta è solo necessario proprietari che diligentino la fabbricazione del vino e ricchi ed eleganti ghiottoni che ne sono necessari proprietari diligenti nella produzione del vino e ricchi ed eleganti ghiottoni che ne stabiliscano la riputazione’”
Perché questo è un suolo geologicamente unico?
Perché Lessona è una lingua di sedimenti marini che poggia su una roccia porfirica profonda. Il terreno sabbioso è ricco di minerali, derivante dall’implosione di un vulcano. Qui, nel Nord Piemonte, 250 milioni di anni fa giaceva un vulcano che, esplodendo, generò una caldera effusiva di 25 km di diametro. Poi, 35 milioni di anni fa circa, il vulcano si rovesciò su sé stesso, portando in superficie quel che rimaneva della caldera. Ecco le sabbie marine fossili a Lessona: i vini che ne derivano sono straordinariamente eleganti, caratterizzati da notevole sapidità, con profumi di grande finezza, con tannini dolci e morbidi e un’attitudine all’invecchiamento notevole.
Daniele mi conduce a Vigna Rondolina, una collina a due passi dalla residenza. Una serie di filari soleggiati, esposti favorevolmente, ventilati come i Sorì di Langa.
Questo luogo dal nome suggestivo era anche un luogo delle rondini, dove costruivano il loro nido. Un territorio che negli anni ha subito grandi trasformazioni di destinazione; questa vigna è stata vitata fino al 1947. Poi progressivamente abbandonata. In forte pendenza, nella parte alta è delimitata da bosco con un terreno fortemente sabbioso. Per acquisirla, sono 7 mila metri circa, ho dovuto fare 12 atti di acquisto. Sto facendo un nuovo impianto di irrigazione ausiliario, utile in questo periodo di siccità. Siamo un po’ preoccupati. È una vigna giovane che produrrà tra 3 o 4 anni. Si produrrà il Lessona. Anche a Nord di Lessona, in frazione Capovilla, abbiamo un altro vigneto.
Oltre al Lessona quali altre declinazioni del Nebbiolo producete?
A Mottalciata, a ridosso di Sizzano, a una ventina di chilometri da qui, nel Novarese, abbiamo un’altra vigna. Lì si produce Sizzano, vino raro che può essere prodotto solo nel comune omonimo. Anche qui suoli di sabbie silicee. In questo lembo di Nord Piemonte è una vera suggestione sperimentare le diverse declinazioni del Nebbiolo; è faticoso ma allettante, una sfida che mi interessa molto: mantenere e riscoprire le potenzialità di questo Nebbiolo.
Ho visto in cantina anche un’etichetta di Erbaluce…
Si a Roppolo abbiamo una vigna dove si vinifica l’Erbaluce, su terreni di ciottoli alluvionali. In totale l’azienda possiede, ad oggi, 8 ettari totali di cui 4,5 vitati.
Questo è un angolo nascosto del Piemonte. Secondo te, cosa occorre per far diventare questo territorio turistico
Ci vorrà tempo, mancano leader e investitori lungimiranti. Con loro, e ci sono esempi illustri ad esempio sui versanti dell’Etna, il territorio verrebbe rimodulato, arriverebbero nuove idee, una nuova mentalità. Tutto gioverebbe alla valorizzazione di questi luoghi. Qualcuno sta cominciando ad arrivare.
Nelle Langhe assistiamo ad un fenomeno: grandi produttori acquistano vigneti al di fuori del loro territorio. Qui ancora non si è sviluppato questo progetto
Il territorio qua è troppo frammentato, mezzo ettaro qua, un quarto là; non esiste un grosso vigneto localizzato tutto in una posizione, e questo crea problemi.
Lo ha fatto, finora, Roberto Conterno, barolista a Monforte d’Alba e rappresentante dell’ultima generazione di una famiglia di produttori storici di Langa. Conterno è giunto nel territorio di Gattinara, acquisendo l’azienda vitivinicola più antica dell’area Docg del Nord Piemonte, accettando la sfida del Nebbiolo’”.
“Questa è una zona fantastica: qui si fanno vini incredibili e le potenzialità di crescita sono ancora enormi. Il Nebbiolo è il vitigno migliore del mondo e l’idea di confrontarmi con lui su terreni diversi da quelli di Langa mi affascina”, aveva dichiarato Roberto Conterno, in un’intervista a La Stampa, motivando la scelta coraggiosa.
Daniele vedi, quindi, un risveglio della viticoltura su queste colline? I giovani entrano in questo mondo?
Si, c’è un’aria nuova, i giovani sono interessati. C’è un problema fondamentale però, secondo me, che tocca i giovani agricoltori: o sono supportati economicamente alle spalle o tutta la gavetta viene fatta, purtroppo, da hobbysti. Si creano micro cantine che non hanno la possibilità di sperimentare, mancano le attrezzature… io ho una concezione molto vetruviana del vino, sono convinto che è l’uomo che fa il vino, la Natura fa aceto. L’uomo è al centro e la tecnologia, che deriva dalla tradizione, deve fare il suo percorso, deve essere un investimento, non deve spaventare nessuno.
È scesa in campo l’agricoltura di precisione. Tu sei, quindi, aperto all’innovazione tecnologica nel vigneto
Assolutamente si, io mi sto attrezzando; noi siamo un’azienda giovane e dobbiamo procedere per gradi. Certo, gestire meglio il vigneto, puntualmente, nel rispetto dell’ambiente, sarebbe un grande vantaggio per tutti. Salvaguardia ambientale e miglioramento della qualità delle uve sono, senz’altro, concetti che rispetto e desidero vengano portati avanti da tutti. Dobbiamo creare un sistema di conoscenze da condividere, relazioni tra noi produttori e l’evento UWE che organizzo nella Tenuta a fine luglio va in questa direzione: incontro tra diverse realtà imprenditoriali e commerciali che partono dal concetto di Terra, di Agricoltura, che si conoscono, si confrontano
Per finire… puoi riassumere il cambio di rotta di questo territorio degli ultimi decenni?
Fino ai primi del Novecento la coltivazione dell’uva era, qui, fonte primaria di economia. Poi si è assistito progressivamente all’abbandono della terra a favore della fabbrica: l’industria tessile. Perché proprio in questo distretto? Per la composizione del terreno, perché qui non esiste calcare, le acque sono pure, senza sostanze calcaree e questo serviva per lavare la lana e poterla lavorare. Esisteva un cordone ombelicale tra il Biellese e la Valsesia, fatto di imprenditoria, lavoro, tradizione e buon gusto. Qui, le materie prime provenivano da lontano e venivano trasformate nei migliori tessuti al mondo. Ad ogni angolo c’era un’industria, grande o piccola, in ogni cortile batteva un telaio. Le fabbriche erano dislocate lungo i corsi d’acqua, pieni, vista la vicinanza con le nostre montagne. E, all’epoca, si scaricava nei torrenti stessi. Negli decenni scorsi lo spopolamento. Poi tornò il tempo del Nebbiolo.
La degustazione
Ritorniamo in sala degustazione. Daniele mi fa assaggiare 3 calici dei suoi vini: partiamo con il Longitudine 8 26 Colline Novaresi Nebbiolo Doc 2019 – (26 è il numero della parcella della vigna) -. Colore rubino. All’olfatto note di confettura di frutti rossi, sentori di tostatura e speziati. In bocca è elegante, morbido e avvolgente. Buona persistenza.
Si prosegue con un Sizzano Doc 2018: floreale al primo impatto, manifesta poi sentori di frutti neri (mirtilli, ciliegia), minerale nel finale. Al palato è equilibrato, gradevole, con sensazioni di piacevole freschezza. Sapido, si presta all’affinamento.
Infine, il Lessona Doc 2017: Sapidità minerale notevole e nitida, elegante, con profumi di grande finezza, con tannini dolci e morbidi. Caldo e di lunga persistenza.