7 miliardi di dollari entro il 2030, a tanto ammonterebbe il valore del plant based dairy a livello globale, secondo uno studio di Transparency Market Research ripreso da Foodweb.
A trainare tale crescita c’è sicuramente una crescente attenzione verso regimi alimentari più in armonia con l’ambiente, come il flexitarianesimo e il climatararianesimo, che secondo l’ultimo rapporto Coop interesserebbe un italiano su 6, così l’incidenza dell’intolleranza al lattosio, che in Italia colpisce tra il 40 e il 50% della popolazione.
Mozzarella Superstar
Nonostante tutto, e aggiungeremmo fortunatamente, il dairy resta comunque uno dei capisaldi del Made in Italy, trainato da una star come la mozzarella capace di assorbire il 29% della produzione casearia nazionale con una quota export del 23%, risultando il formaggio più esportato.
In tale contesto stanno comunque crescendo nel mondo, a suon di dollari, diverse startup nel comparto delle proteine alternative, che hanno sviluppato alternative che replicano perfettamente aspetto texture e sapore di uno dei formaggi italiani più amati al mondo.
Stockeld Dreamery: fave e… mozzarella
A inizio settembre, la svedese Stockeld Dreamery ha chiuso il più importante round nel campo del plant based in Europa, un Series A da 16,5 milioni di euro.
Il denaro raccolto servirà ovviamente in primis per lo scale up della tecnologia, che utilizza piselli e fave nella produzione di dairy alternative; il primo prodotto è stato la feta, che potrebbe essere seguito a ruota proprio dalla mozzarella, come si può evincere dalle dichiarazioni e dalle foto pubblicate.
In un post sui social, il capo della strategia e dei progetti speciali di Stockeld, Daniel Skaven Ruben, ha affermato,tra le altre cose “Lanceremo a breve nuovi prodotti che speriamo incontreranno il favore dei consumatori. Ed espanderemo la nostra presenza fuori dai confini svedesi”. Due indizi non fanno una prova, ma…
Formo: i casari del nuovo millennio
Alcuni giorni dopo l’annuncio di Stockeld Dreamery, è stata la volta di Formo, startup berlinese che utilizza invece la fermentazione di precisione nello sviluppo di formaggi alternativi, che ha annunciato la chiusura anch’essa di un Round A, ma da 43 milioni di euro.
Obiettivo della startup è quello di ricreare formaggi e latticini della tradizione, come ricotta e la mozzarella, sfruttando anche la collaborazione con casari e professionisti del settore.
Britta Winterberg, cofondatrice e Chief Scientific Officer di Formo ha dichiarato a Food Navigator: “Siamo più che entusiasti nel vedere realizzata la nostra visione di un futuro migliore e più sostenibile grazie ai nostri prodotti e ci stiamo preparando per il primo evento promozionale in collaborazione con lo chef stellato Ricky Saward” – chef tedesco, nominato primo ristorante stellato vegano al mondo nel 2020 dalla Guida Michelin.
Imagindairy: proteine del latte senza mucche
Utilizza anch’essa la fermentazione di precisione, unita all’intelligenza artificiale, la startup israeliana Imagindairy, attiva nello sviluppo e produzione di alternative alle proteine del latte, in particolare caseina e siero. La startup ha annunciato a metà novembre la chiusura di un seed round da 13 milioni di dollari.
“Il mercato è pronto a sviluppare nuovi analoghi del latte basati sulle nostre proteine animali – ha affermato Eyal Afergan, co-fondatore e Ceo, nel comunicato stampa –. Una volta raggiunta la commercializzazione, sempre più consumatori saranno in grado di consumare prodotti lattiero-caseari ottenuti senza l’utilizzo di animali. È difficile per le persone apportare tali grandi cambiamenti, soprattutto quando si tratta dei cibi che apprezzano, ma quando c’è un’alternativa con lo stesso sapore ed esperienza, più allineata a determinati valori, ciò diventa più facile”.
Pizza flexitariana e caprese per intolleranti al lattosio? Si può fare!