Con “Lambrusco” non si descrive un vitigno soltanto, ma una famiglia di vitigni molto diversi tra loro ma legati da un filo conduttore di natura genetica, che porta a 6 denominazioni di origine controllata diverse e uniche. Lo scoprirete anche a Lecce l’11 novembre (dopo Palermo), seconda e ultima tappa del tour. Qui intanto vi presentiamo le principali varietà del vino simbolo dell’Emilia
“Il” Lambrusco non esiste: esistono “i” Lambrusco
Sì, perché sono davvero pochi i vini in Italia a poter vantare una tale varietà, pur essendo descritti da un unico nome. Ma varietà da quale punto di vista? È ciò che abbiamo iniziato a raccontare negli ultimi anni in giro per l’Italia in una serie di incontri dedicati all’iconico vino emiliano e che vi raccontiamo anche quest’anno. Dopo l’appuntamento a Palermo il 20 maggio, è stata poi la volta di Lecce, dove l’11 novembre scvorso sono state fatte una masterclass e un wine tasting, ultima tappa del tour “Lambrusco DOC. Storia e colori di un vino che guarda al futuro”, organizzato insieme al Consorzio Tutela Lambrusco.
Il Lambrusco DOC in tutti i suoi colori
Ma torniamo alla varietà e cerchiamo di spiegare quante e quali sono le facce del Lambrusco. La prima cosa che salta all’occhio durante una degustazione con diversi Lambrusco è proprio la differenza dei colori. Se siete abituati a pensare questo vino emiliano come scuro e impenetrabile, beh, dovreste proprio ricredervi. Magari finora avete avuto a che fare solo Grasparossa di Castelvetro o Salamino di Santa Croce, ma anche con il Lambrusco Reggiano o un Grasparossa dei Colli di Scandiano e Canossa.
Ma davvero non vi è mai capitato di trovare un calice di Lambrusco di colore rosso rubino brillante e limpido? Significa che non avete mai assaggiato un Lambrusco di Sorbara, molto più scarico nel colore rispetto ai cugini appena citati. Se poi a questa caratteristica data dalla natura, aggiungiamo quella data dalla tecnica di vinificazione, la palette si amplia ancora di più. Si perché queste uve, ovviamente, possono anche essere vinificate in rosato, e cioè con brevissime macerazioni sulle bucce; ecco che al viola impenetrabile e al rosso rubino, si aggiunge anche il rosa.
I territori del Lambrusco DOC
A questo punto però è doveroso fare un passo indietro perché di carne al fuoco ne abbiamo messa già tanta senza però fare quattro passi sul territorio, anzi…sui territori: anche qui la declinazione al plurale è obbligatoria. Il Consorzio Tutela Lambrusco, promotore di questa avventura grazie al contributo della nuova programmazione del PSR Emilia-Romagna, si occupa di valorizzare la produzione vinicola di due province, Modena e Reggio Emilia. All’interno di queste, ovviamente, il territorio non è omogeneo. La pianura che incornicia la via Emilia, infatti, si fa collina e alta collina man mano che ci si spinge verso l’Appennino: cambiano quindi le quote altimetriche, i suoli, le condizioni pedoclimatiche e ovviamente anche le tipologie di Lambrusco che vengono coltivate.
Abbiamo fatto un giro molto ampio per arrivare a quella che è la base della diversità del Lambrusco. Il “Lambrusco” dunque non esiste, perché con questa parola non si descrive un vitigno soltanto, ma una famiglia di vitigni, anche molto diversi tra loro ma legati da un filo conduttore di natura genetica. Alcuni li abbiamo già citati: il Lambrusco Grasparossa, coltivato nelle colline sia del modenese che del reggiano, il Salamino di Santa Croce, la cui culla è individuabile nell’omonima frazione del comune di Carpi, ma che viene coltivato anche nella pianura reggiana; il Lambrusco di Sorbara, tutto giocato su freschezza e acidità. Ma poi ce ne sono tanti altri: il Barghi, il Maestri, il Marani, il Montericco, l’Oliva, il Viadanese, il Benetti, il Pellegrino, il Foglia Frastagliata. Tutti, a vario titolo, rientrano nelle sei Denominazioni di Origine Controllata tutelate dal Consorzio (altro fattore che differenzia la produzione) che sono: Lambrusco di Sorbara Doc, Lambrusco Grasparossa di Castelvetro Doc, Lambrusco Salamino di Santa Croce, Colli di Scandiano e di Canossa Doc, Modena Doc e Reggiano Doc.
Lambrusco DOC. Le denominazioni tutelate dal Consorzio
Lambrusco di Sorbara DOC
Il territorio d’elezione di quest’uva va ricercato nella pianura centrale modenese, soprattutto nella porzione compresa tra i fiumi Secchia e Panaro, che rappresenta una sorta di “zona classica”. Siamo nella zona a nord di Modena, dove i terreni sono prevalentemente sabbiosi. È già questo uno dei motivi per cui il Lambrusco di Sorbara è caratterizzato da questa grande acidità. Di colore rosso scarico, dai profumi di piccoli frutti di bosco, è vibrante e molto fresco.
Lambrusco Grasparossa di Castelvetro DOC
La morfologia della denominazione è un po’ particolare perché include una zona pianeggiante (a sud della via Emilia), sino ad arrivare alle prime colline dell’Appenino Tosco-Emiliano. Quindi abbiamo una diversità importante all’interno della stessa denominazione che comporta anche una variabilità dal punto di vista dei terreni: abbiamo zone più sciolte e morbide, ma anche componenti ricche di argilla, soprattutto nella zona più alta. Il vitigno ha un grappolo spargolo e dalla buccia resistente; il vino che ne viene prodotto è scuro, spesso caratterizzato da una presenza tannica decisa, il frutto che emerge ricorda la mora e il mirtillo; la sfumatura di mandorla ne defi nisce i contorni.
Lambrusco Salamino di Santa Croce DOC
Santa Croce è una piccola frazione della città di Carpi: sembrerebbe essere partita da qui la diffusione di questo vitigno (la cui forma allungata del grappolo ricorda un salame, e quindi il nome) verso la pianura modenese, svalicando anche in quella reggiana. I terreni della denominazione sono di matrice alluvionale: sabbie, limo, argille, depositi che si sono formati nel corso dei secoli grazie al lavoro dei fiumi e delle alluvioni. Sono terreni molto fertili che uniti alla vigoria del vitigno portano le viti ad essere davvero molto produttive. L’acino del Lambrusco Salamino è piuttosto scuro; il vino che ne deriva è carico di colore. Potremmo definirlo il più “democratico” tra i Lambrusco, senza l’acidità spiccata del Sorbara e il tannino del Grasparossa. È l’equilibrio quello che emerge nei Salamino di Santa Croce, sempre fragrante e succoso, nelle migliori versioni venato anche da sottile sapidità.
Lambrusco Reggiano DOC
Il Reggiano è una denominazione che crea un prodotto finale generalmente molto armonioso. Per la sua realizzazione si possono utilizzare molte varietà di lambrusco ma ce n’è una che la fa un po’ da padrona rispetto alle altre: il Salamino. Con caratteristiche diverse rispetto a quello del modenese: innanzitutto sono diversi i suoli, qui spesso ghiaiosi, in grado di restituire un prodotto molto bilanciato tra acidità, componente tannica, e un frutto fragrante. La possibilità di utilizzare tanti lambrusco non è una mera trovata commerciale: piuttosto si rifà a una tradizione agricola del passato quando nelle vigne non veniva piantata quasi mai una sola tipologia. Oggi i produttori comunque tendono a vinifi care varietà in purezza, spesso addirittura delineando dei veri e propri “cru”.
Lambrusco Colli di Scandiano e di Canossa DOC
Si torna in collina, ma stavolta nella provincia di Reggio Emilia. La zona è caratterizzata da boschi, seminativi in cui si incastonano i vigneti. I terreni sono di diversa matrice: le prime alture sono perlopiù argillose, ma, man mano che si va in alto il suolo si fa più sciolto e povero; le rese sono piuttosto basse rispetto ai Lambruschi di pianura. La varietà più coltivata da queste parti è il Grasparossa, il lambrusco di collina per eccellenza tanto che dà vita anche a una tipologia della denominazione (la Colli di Scandiano e Canossa Lambrusco Grasparossa, con il Grasparossa min. 85%). Ma non è solo zona di Lambrusco: sta sempre più tornando in auge anche la spergola, vitigno a bacca bianca che in collina ha il suo habitat naturale.
Lambrusco Modena DOC
È una denominazione che praticamente abbraccia tutta la pianura modenese e le prime colline che la separano dagli Appennini. Come nel caso della Doc Reggiano, anche qui i vitigni sono molti; i vini tutelati dalla Doc quindi possono essere anche di sostanziale diversità, si va dai Lambrusco più scuri, a base di Grasparossa o Salamino, a quelli più chiari realizzati col Sorbara; sono tante le possibilità off erte dalla denominazione e ogni marchio le declina secondo la propria sensibilità.
Finito? Non proprio. A tutto quello che abbiamo raccontato dobbiamo aggiungere che il Lambrusco può essere prodotto con diverse metodologie produttive. Può essere frizzante, grazie alla rifermentazione in autoclave, ma può anche essere Spumante, sia metodo Charmat, sia Metodo Classico (tipologia sulla quale stanno scommettendo diverse aziende). E ancora, può essere rifermentato in bottiglia senza sboccatura, i cosiddettì “ancestrali”, anello di congiunzione produttivo con il passato contadino che ha dato i natali a questo vino oggi famoso in tutto il mondo.
by Gambero Rosso