E’ al Mediterraneo che guarda il nuovo corso de La Porta Restaurant, il locale di design che dalla Porta Europa domina via Stalingrado e che negli anni passati ha visto ai fornelli nomi del calibro di Marcello Leoni, Christian Mometti e – ultimo in ordine di tempo – Lorenzo Venturelli.
Il Mediterraneo come nuovo corso a La Porta
La nuova firma chiamata dalla proprietà Unipol a reggere la cucina dell’elegante ristorante è quella di Pasquale D’Aniello, 32 anni, origini campane e una lunga militanza in vari ristoranti della regione – tra cui il Sillaro del Villaggio della Salute a Monterenzio – alle spalle e la possibilità, ora, di proporre una sua personale filosofia culinaria.
La filosofia dello chef Pasquale D’Aniello
Filosofia che guarda, in ossequio alle origini dello chef, prevalentemente al Mediterraneo e ai suoi sapori e profumi, con piatti leggeri e al tempo stesso di sostanza, una spiccata predilezione per il pesce, una forte attenzione alla materia prima e alla sua provenienza e un rispetto rigoroso della stagionalità.
Un classico moderatamente rivisitato
Piatti di impronta classica, ravvivati da una moderata rivisitazione ma che mantengono saldo il collegamento con le radici da cui provengono le ricette, cui è piacevole accostarsi invitati da un goloso amuse bouche di burro e alici: ne fa testo la zuppetta di mare con conchiliacei e prezzemolo in cui affondano i tradizionali tubetti, proposta altamente esemplificativa del nuovo corso, che alla prima cucchiaiata rimanda all’istante alla Campania.
Sentori di Mediterraneo e tradizione petroniana
Ma i sentori del Mediterraneo si avvertono nettamente
anche nella tagliatella di seppia su guazzetto di finocchio e aria di pompelmo rosa, mentre il capitolo delle proposte tradizionale bolognesi – irrinunciabili a La Porta – esprime dei gradevolissimi tortellini, nell’occasione serviti in crema di Parmigiano ma disponibili anche in brodo, e una gagliarda cotoletta petroniana.
Le digressioni cosmopolite
Piccola digressione dal leitmotiv mediterraneo, lo sgombro affumicato su crema di pane ai cereali, aioli e prezzemolo richiama sensazioni più cosmopolite, con spunti presi dalla
tradizione mitteleuropea e atlantica.
Tre menu degustazione
Tre menu degustazione – Tradizionale, Appennino e Mediterraneo – e una carta dove fanno bella mostra di sé tra gli altri la battuta di manzo con spuma di Parmigiano e uovo marinato, i cappellacci di patata con anatra arrosto, i passatelli asciutti con baccalà, uvetta e pinoli, la capasanta con Lardo di Colonnata e il baccalà con scarola liquida e polvere di olive Leccine.
Il capitolo dei dessert
Al momento del dessert, curato dalla chef-pastry Sara Daolio, si continua a basculare agilmente fra suggestioni
mediterranee – l’agrume in tre consistenze, il babà con crema pasticcera e amarene Fabbri – e idee più legate a una pasticceria nordica, come la tartelletta di sablé bretone con crema di pistacchio e coulis di lampone.
Il servizio giovane ed entusiasta
Il servizio, capitanato da Giulia Valenti Pettino e ringiovanito come l’intera brigata di cucina rispetto alle passate gestioni, è solerte nella mescita dei vini e compensa con l’entusiasmo alcune pecche d’esperienza che non dubitiamo saranno presto bypassate.
Una cantina di respiro nazionale
A noi sono toccati Prosecco di Valdobbiadene DOCG di Bacio della Luna, Pignoletto DOCG “Zigant” di Lodi Corazza, doveroso omaggio al territorio, Vermentino “Pian di Seta” di Tenuta Monterufoli e Moscato d’Asti de I Vignaioli di Santo Stefano, tutte espressioni di una cantina ben completa, di
respiro nazionale e dove non mancano le etichette del brand Tenute del Cerro, azienda vinicola con possedimenti in Umbria e Toscana e facente capo alla proprietà.