La filiera del grano della collina di Chivasso evidenzia segnali incoraggianti in una situazione agricola disastrosa, per la siccità e non solo. Perdita di produzione in provincia di Torino del 30%
La filiera del grano sulle colline chivassesi mostra uno scenario che fa ben sperare, nel momento in cui la stagione del grano in provincia di Torino si avvia alla conclusione. Le ultime trebbiature sulle colline chivassesi annunciano che si è arrivati a capolinea, per quest’anno.
Un traguardo, quello del 2022, in provincia di Torino, pieno di preoccupazioni. La produzione ha perso, strada facendo, il 30% per colpa dei cambiamenti climatici, della siccità.
Il dato ci viene fornito da Coldiretti. La situazione di mercato globale, dove il grano ha raggiunto prezzi altissimi, non è affatto incoraggiante, e questo, in aggiunta ai disastri che il clima bizzarro degli ultimi anni ha decretato, ha prodotto sulla filiera del grano una situazione, a dir poco, preoccupante.
Sono preoccupati gli agricoltori, le associazioni di categoria, i titolari dei mulini di macinatura che vedono l’economia del comparto alquanto compromessa.
Con il clima anomalo registrato in primavera avanzata, secco e caldo, le poche spighe hanno, a loro volta, prodotto dai due terzi alla metà dei chicchi di una stagione normale. Nelle aree toccate dalle grandinate delle scorse settimane il calo arriva per alcuni campi anche al 100%.
Un disastro annunciato!
Su una superficie coltivata a grano di circa 15mila ettari la resa stimata per il territorio torinese è di circa 500mila quintali, contro una resa di obiettivo di 700mila.
Già si delineano le quotazioni del nuovo raccolto: la Borsa merci di Torino segnala un aumento delle quotazioni rispetto allo scorso anno: si passa dai 250 euro mediamente a tonnellata del 2021 ai 350 circa di quest’anno. La guerra in Ucraina e gli effetti speculativi, oltre alla diminuzione della produzione cerealicola nel mondo, sono le cause principali di questi aumenti.
A pagarne le conseguenze sono naturalmente i consumatori, che devono anche fare i conti con i rincari di concimi, gasolio ed energia che colpiscono le aziende agricole.
Una situazione quasi drammatica che però lascia intravedere anche spiragli di ottimismo, di coraggio sicuramente, ma soprattutto di guardare oltre l’ostacolo e mettercela tutta.
L’esempio viene da una ventina di agricoltori del territorio chivassese, che da qualche anno hanno capito che quelle terre tra Chivasso e Verrua Savoia, quasi in provincia di Vercelli, passando da Casalborgone, Castagneto Po, San Sebastiano Da Po, potevano essere destinate alla coltivazione del grano. Sono 12 i comuni della collina coinvolti nel progetto di filiera.
Un territorio di collina che ben si presta alla filiera del grano di qualità. Ed ecco costituirsi, appunto, la “Filiera del Gran dij Bric”, nel 2016, da un accordo tra Coldiretti Torino e il Molino di Casalborgone. Quello della filiera è un grano di resistenza: ha bisogno di poca acqua ed è a chilometri zero.
Da un lato i tecnici agronomi di Coldiretti che hanno individuato diverse varietà di grano compatibili con quei terreni, dall’altro, l’antico Molino di Casalborgone, unico sul territorio, che riceve il grano e, dopo le operazioni di analisi in laboratorio per definire la “forza di panificazione” del chicco, macina lentamente.
La farina che viene fuori dal processo, derivata appunto da grani coltivati e selezionati nel raggio di 20 km dal Molino, mantiene, così, intatte tutte le caratteristiche organolettiche del chicco, grazie alla filiera corta, di territorio, che esalta il principio di sostenibilità ambientale e accresce il patrimonio agroalimentare locale.
Un progetto di filiera corta che valorizza il territorio, un progetto virtuoso di squadra che coinvolge quattro panificatori locali che sfornano la Grissa (pagnotta a pasta dura), il Brichet (grissino a pasta dura), la sfarinata naturale, il grissino stirato, il novellone (biscotto al latte), il torcetto alla nocciola e la torta di nocciole.
“Abbiamo anche clienti diretti allo spaccio o che ordinano da altre zone d’Italia – afferma Andrea Gaiato mugnaio da cinque generazioni e contitolare del Molino -, attratti dal prodotto di nicchia e di grande qualità. Una volta si riceveva il grano dai contadini e si mescolava con altri provenienti da altre zone; successivamente, abbiamo selezionato le qualità; oggi, nell’80% dei casi, partiamo da grani con un’elevata forza di panificazione”.
“Con il 2022, per la prima volta, abbiamo superato i 140 ettari – sottolinea con soddisfazione Giancarlo Chiesa vice direttore di Coldiretti Torino -. Ciò significa che gli agricoltori credono in questa filiera e che il progetto si sta consolidando. La qualità del raccolto è incoraggiante ma non avremo le quantità necessarie per fare il salto nel mercato della panificazione e dei prodotti da forno del Torinese“.
“Sono tutti giovani con voglia di innovare e valorizzare queste terre – spiega Chiesa -. Coltivare grano qui non è semplice: è agricoltura eroica, anche se è fatta in collina e non in montagna. Qui il terreno è impervio, ma anche più umido: potremmo avere una resa maggiore rispetto ad altre zone del Torinese, perché le colture sono indietro di una settimana rispetto alle zone di pianura, e questo le ha un po’ protette dalla siccità”.
Franco Capone, che assieme al fratello Mario panifica a Casalborgone, utilizzando le farine della filiera, sottolinea che “il Gran dij Bric è coltivato senza l’uso di pesticidi e di prodotti fitosanitari di sintesi e questo si ripercuote sulla qualità della materia prima e sulle caratteristiche organolettiche del pane o dei prodotti trasformati”. “Purtroppo, devo dire che non esiste da parte della maggioranza dei consumatori una cultura di base che faccia prediligere il prodotto di qualità superiore ad un altro che magari si trova nella grande distribuzione. La scelta la fa il prezzo, ahimè!”.
La campagna del grano più difficile degli ultimi anni sta per esaurirsi, tra mille incertezze, ma una cosa è certa: il coraggio di pochi agricoltori che si mettono in gioco e che tendono la mano ai consumatori va premiato.
“Il grano prodotto sui colli chivassesi – dichiara Ornella Cravero presidente sezione Coldiretti Casalborgone – è uno dei migliori d’Italia grazie alla maturazione rallentata che migliora il contenuto di proteine. Oggi, possiamo dire che la filiera ha passato l’esame toccando ormai un valore complessivo della produzione di circa 250mila euro e coinvolgendo una sessantina di addetti. Ora, insieme agli amministratori locali abbiamo il compito di promuovere la filiera e fare conoscere il marchio presso i consumatori, a partire da quelli torinesi”.
Concludiamo con una dichiarazione di Andrea Gaiato, che riassume una bella storia: “50 anni di mulinatura. Siamo andati avanti fin qui perché io e la mia famiglia siamo stati mossi una grande passione, nel rispetto del lavoro delle generazioni precedenti. Macinavamo sui 350 – 400 mila quintali all’anno fino a 15 anni fa e ora siamo arrivati a circa 200 mila. Questo perché oltre ai cali dei consumi guardiamo alla qualità del prodotto finito. Se si fanno grandi produzioni si entra su dei mercati poco remunerativi a scapito della qualità e noi non vogliamo. A proposito della filiera dij Bric, se analizziamo l’economia del progetto, questo per noi si rivela poco redditizio, però nello stesso tempo, è capace di regalarci grandi soddisfazioni che ci gratificano moltissimo e ci fanno proseguire”.