Il governo ha deciso, su proposta dei ministri dell’Agricoltura e sovranità alimentare e quello della Cultura, di candidare la cucina italiana nella lista rappresentativa dei patrimoni culturali immateriali dell’umanità dell’Unesco.
La strada per l’approvazione sarà lunga; i prossimi passaggi prevedono la trasmissione di un dossier da parte del ministero degli Esteri all’Unesco, successivamente inizierà l’iter di valutazione che dovrebbe concludersi entro dicembre 2025. Nel frattempo governo, istituzioni, associazioni, mass media, tutto il mondo che gravità attorno all’Italian Food, dovrà impegnarsi a fondo e ancora di più di quanto non stia già facendo e non abbia fatto finora per farla conoscere in ogni angolo del globo.
La preparazione del dossier di candidatura
Il dossier è stato scritto dal professor Pier Luigi Petrillo, docente della Luiss che in passato aveva curato altre candidature all’Unesco, come quella della Dieta Mediterranea e dei pizzaioli napoletani.
Nel dossier la cucina italiana viene definita come un insieme di pratiche sociali, riti e gestualità basate sui saperi locali che, senza gerarchie, la identificano.
Questo mosaico di tradizioni riflette la diversità bioculturale del paese e si basa sul comune denominatore di concepire il momento della preparazione e del consumo del pasto come occasione di condivisione e di confronto. Tra gli obiettivi della candidatura quello di valorizzare la relazione tra cultura e cibo in Italia, un fenomeno identitario dello stile di vita del Paese.
Gli chef ambasciatori della cultura gastronomica nazionale
Quello della candidatura della cucina italiana a patrimonio culturale immateriale dell’umanità Unesco è un percorso iniziato nel luglio 2020 e ha visto tra i partecipanti cuochi e imprenditori in qualità di ambasciatori per sostenere il valore universale della cultura gastronomica nazionale.
Personalità del calibro di Massimo Bottura, Davide Oldani, Antonia Klugmann, Carlo Cracco, Niko Romito e Antonino Cannavacciuolo hanno sostenuto la candidatura che è supportata da un comitato scientifico di rilievo, che include, tra gli altri, Massimo Montanari, professore di storia dell’alimentazione all’Università di Bologna, Laila Tentoni, presidente Fondazione Casa Artusi e il professor Paolo Petroni, presidente dell’Accademia Italiana di Cucina.