La manifestazione “Arte, Artigianato, Musica e…Siole piene” a Rivera di Almese, in Valle Susa, presenta la Cipolla bionda piatta di Drubiaglio, Presidio Slow Food. Un Laboratorio-Degustazione comunica un mondo contadino quasi scomparso e una cucina di ricette insolite che la chef Rosa Del Gaudo porta sulle tavole valsusine
Il cibo può commuovere? Ebbene si! Ci sono piatti che ci riportano indietro nel tempo, basta un profumo di cucina, a volte, per farci rivivere momenti passati, situazioni e ricordi che non tornano più.
Uno di questi momenti l’ho vissuto qualche giorno fa, alla Sagra delle “Siole piene” , nella frazione Rivera di Almese. In questo luogo, sulle prime rampe della Valle di Susa, si celebra ogni anno la Cipolla di Drubiaglio, frazione di Avigliana, una cipolla che stava scomparendo dai campi e che, grazie al progetto dei Presidi di Slow Food, è stata salvaguardata, tutelata e valorizzata.
Sono stato invitato a partecipare ad un Laboratorio con degustazione “La Cipolla bionda piatta di Drubiaglio e il Miele di Alta Montagna. Presidi Slow Food. E il Vino Baratuciat”. Volevo sentire un po’ quel profumo che mi riportava a mia madre e al suo forno dove, tra l’altro, sfornava, di tanto in tanto, dorate cipolle, ripiene di delizie profumate.
Mi sono diretto subito in cucina, dove ho trovato una brigata felicemente al lavoro, coordinata dalla chef Rosa Del Gaudo, intenta nella preparazione delle Siole piene per la degustazione. Sono stato letteralmente invaso da un profumo inebriante che scaturiva da quelle teglie miracolose. E qui si sono scatenati ricordi familiari, momenti di vita quotidiana scomparsi. Un momento di emozione.
“Siole piene”, Cipolle ripiene. Ecco un esempio di come un tipico piatto della cucina povera possa produrre dei capolavori. Con prodotti semplici dell’orto, dell’allevamento animale e un po’ di spezie vi trovate davanti ad un piatto gustoso, saporito, pieno di colori cangianti e profumato, che si presta a varie interpretazioni.
In quegli anelli di cipolla possono entrare ingredienti quasi d’ogni sorta, sono veri e propri scrigni capaci di conferire gusto e sapore al ripieno.
L’incontro del pomeriggio si apre con Roberto Sambo, responsabile regionale dei Presidi Slow Food, che parla dell’importanza di questo progetto di tutela, ormai memoria della borgata e prodotto da pochi contadini che ne custodiscono i semi. “Fino ad una cinquantina d’anni fa – dice Roberto Sambo – le campagne di Drubiaglio venivano fertilizzate, oltre che dalla concimazione organica dei contadini, anche per effetto dei periodici straripamenti della Dora Riparia. Il suolo si è arricchito di limo, rendendolo così non solo fertile ma soffice, un prezioso alleato dell’agricoltura”
Antonella Doni, referente Slow Food del Presidio, si sofferma sul tema della biodiversità e dell’importanza della sua protezione; sulla valorizzazione dei territori e delle persone che lì abitano e lavorano. Della cipolla di Drubiaglio ne esalta le caratteristiche di bontà, digeribilità e dolcezza. “Diventare Presidio Slow Food è un riconoscimento al valore del prodotto ma anche alla storia di un territorio – dice -. Grazie alla saggezza dei contadini e alla capacità di trasmettere saperi, il seme si è tramandato fino a oggi”.
E a proposito di semi, faccio qualche domanda a Fabio Porcari, referente dei Produttori che aderiscono al Presidio. “Il seme – afferma – sembra aver trovato a Drubiaglio il suo habitat ideale per essere prodotto. I tentativi di riprodurlo in altri territori non ha mai dato risultati ottimali”.
Andando per mercati rionali del territorio, si trova la Cipolla di Drubiaglio?
“No, non la trova, perché ha una produzione molto limitata e la sua commercializzazione è direttamente un rapporto Produttore – Consumatore. La mia azienda, personalmente consegna a domicilio o la gente viene direttamente da noi”
Qual è la produzione media annua e quali state le ripercussioni sul raccolto dovute ai cambiamenti climatici
“Difficile rispondere a questa domanda, mediamente 40, 50 quintali, con punte massime in annate favorevoli anche di 100 quintali. Subito c’è una richiesta elevata tra agosto e settembre, anche ottobre, poi si azzera la produzione. Quest’anno, la produzione si è ridotta di poco, perché l’anno scorso abbiamo avuto poco seme, grazie ad una grandinata che aveva stroncato quasi tutti i fiori. La cipolla è venuta buona ma in quantità un po’ ridotte”
Perché devo preferire la Cipolla di Drubiaglio rispetto ad altre varietà
“Sicuramente perché è più digeribile, si mangia anche cruda e non rinviene. Amo mangiare la pizza con tonno e cipolla, di solito rossa di Tropea, ma fino al giorno dopo aspetto ancora di digerire”
Perché c’è stato bisogno di ricorrere al Presidio Slow Food per tutelare questa produzione?
“Il Presidio ha aiutato l’Amministrazione comunale che già aveva istituito la De.Co. (Denominazione Comunale). Per la nostra cipolla, la richiesta del Disciplinare è venuta dal basso, dai produttori, è stato un caso particolare; l’Amministrazione l’ha approvato senza problemi. Avendo già alle spalle il Disciplinare di produzione ci siamo rivolti a Slow Food che l’ha fatto suo”
Cosa rappresenta la manifestazione di oggi, qui a Rivera di Almese?
“Ha lo scopo di fare conoscere la cipolla, di comunicarla, ma soprattutto di portare la cipolla di Drubiaglio in cucina, farla assaggiare in alcune versioni, ripiena, col risotto, ma per questo deve rivolgersi alla nostra chef di giornata, Rosa Del Gaudo”.
Fabio Porcari passa la palla alla chef Rosa Del Gaudo, con la quale si apre un discorso ampio sulla degustazione di oggi ma che coinvolge in generale il mondo del cibo e della ristorazione.
In occasione del Laboratorio-degustazione ho assaggiato la cipolla di Drubiaglio ripiena. Ti confesso che mi ha riempito la mente, il palato e il cuore. Mi puoi riassumere la ricetta di oggi?
“Innanzitutto vorrei sottolineare che questa presentata oggi non è l’unica ricetta, la sola versione. Essendo la cipolla ripiena un piatto che nasce come piatto di recupero, si presta ad interpretazioni diverse a seconda degli ingredienti del ripieno. Qui, l’Associazione fa un tipo di ricetta con uno spezzatino, una specie di arrosto che viene tritato. Questo fa pensare che il piatto sia stato creato per recuperare della carne avanzata”
Ma questa delle “siole piene” è una ricetta antica, immagino
“È una di quelle ricette che si perdono nella notte dei tempi, non ci sono certezze sulle origini della coltivazione della cipolla nel territorio di Avigliana, ma non è inverosimile pensare che già al tempo dei Romani (tra i Romani la cipolla era un ortaggio apprezzato) esistessero queste coltivazioni. A Drubiaglio c’era a quel tempo una stazione di riscossione dei dazi sulle merci che, provenienti dalla Francia, attraversavano le Alpi”
Quale è la tua versione presentata oggi, alla sagra?
“Gli ingredienti sono carne tritata, salsiccia, prosciutto, pane ammollato nel latte, uova, una parte della cipolla che viene cotta in forno e poi svuotata e poi un mix di spezie che non deve mancare, ‘la saporita’, con chiodi di garofano, noce moscata, cannella. Qui a Rivera di Almese esiste anche la versione dolce con gli amaretti”
C’è una complicazione nella preparazione?
“La difficoltà maggiore è trovare l’equilibrio tra la cipolla e il ripieno; questo non deve sovrastare l’involucro esterno che è la cipolla. la caratteristica della cipolla di Drubiaglio sta nel suo profumo intenso e nella sua delicatezza, nel senso che non è assolutamente piccante; quindi il ripieno non dev’essere troppo saporito per non sovrastare, non coprire il gusto della cipolla stessa. La mia abilità, se vogliamo, è stata nel bilanciare il tutto, contenitore e contenuto”
Come mai, Rosa, nei ristoranti del territorio non leggo mai nei menu ‘cipolla di Drubiaglio…
“Credo che innanzitutto ci sia una specie di remora da parte della gente verso la cipolla per i suoi connotati di ortaggio che procura alitosi e forse il discorso si può ribaltare anche dalla parte dei ristoratori che considerano questo un ingrediente rustico, ‘troppo casalingo’ forse”
Tu lo consideri un contorno, un secondo, un antipasto
“No, può essere mangiato come si vuole. In Piemonte si mangia come antipasto o come secondo, ma si anche degustare da solo come ‘piatto unico’ accompagnato ad un ottimo pane”
Tu, come chef, hai mai proposto questa ricetta?
“Si certo, sempre come antipasto, ma questa di Drubiaglio non è sempre di facile reperibilità, in quanto ha una produzione molto limitata. Da quando è tutelata come Presidio di Slow Food si riesce a trovare di più”
Bene, oltre alla ricetta della cipolla ripiena esistono altre ricette un po’ inconsuete
“Certamente! Oggi, infatti, per questa degustazione ho preparato il ‘chutney con la cipolla e il miele di Alta Montagna’, anch’esso Presidio Slow Food. Io, dall’organizzazione, avevo ricevuto la raccomandazione di utilizzare questi due ingredienti; per stemperare la dolcezza ho pensato di inserire un tomino fresco, saporito e un po’ sapido. Ho fatto caramellare la cipolla col miele, ho aggiunto un po’ di aceto, senape in grani e un po’ di aglio in polvere. Un’altra ricetta presentata è stato il ‘Risotto mantecato al Blu con anelli di cipolla fritti, miele e lavanda’: un soffritto classico di cipolla, poi ho fatto passare il riso, brodo vegetale, nessuna sfumatura col vino perché avrebbe guastato la cipolla, poi ho mantecato il tutto col Blu, formaggio della Valle, e, all’impiattamento, un filo di miele e qualche fiore essiccato di lavanda, servito assieme agli anelli di cipolla fritti e croccanti”
Mi rendo conto come sia complicato fare il tuo mestiere: ci vogliono doti particolari
“Beh, devi possedere i principi base della cucina, devi conoscere bene gli ingredienti, poi, e questa è una mia prerogativa, io ho la capacità di conservare nella memoria tutti i sapori, gli aromi, i profumi, ad uno ad uno. Quando devo creare un piatto, entra in ballo la memoria e realizzo immaginando già il gusto finale. Un esempio lampante è il risotto di cui ho parlato prima, che ho fatto degustare oggi; non l’avevo mai preparato prima!”
Oggi in cucina sei stata la chef, ma la brigata ti ha dato una mano
“Almeno una decina di persone… e intendo ringraziarle tutte, sono state magnifiche; senza il loro apporto non si sarebbe potuto fare nulla”.
Il Vino
E come nelle migliori degustazioni che si rispettino, ecco il vino che ha accompagnato il pomeriggio: il Baratuciat Àutvin, un bianco secco, fermo di Giuliano Bosio, titolare della Soc. Agr. Agriforest di Almese.
“Un vino un po’ monello – sottolinea Giuliano Bosio – perché proviene da un vitigno non proprio facile. È un vino impegnativo. Non ha una maturazione omogenea, anche su grappoli della stessa pianta, per cui in vendemmia devi utilizzare un po’ di saggezza per trovare un equilibrio piacevole”.
“All’olfatto è straordinario: fiori di sambuco, mela verde, salvia, eucalipto. In bocca è acido, sapido, fresco, equilibrato, con un finale ammandorlato. Gusto armonioso e morbido. Dal quarto anno di invecchiamento diventa fantastico, meraviglioso. Lo produco in purezza”.
Valle di Susa, terra di transito. È un errore percorrerla frettolosamente, perché qui la storia e l’arte hanno lasciato segni importanti e la natura ti fa respirare segni del passato regalandoti capolavori enogastronomici, semplici ma ancora autentici.
Grazie!