Immaginate una terrazza affacciata sulle colline astigiane tra Costigliole d’Asti e Canelli, un incantevole scenario di vigneti a perdita d’occhio, 13 produttori, 10 annate in degustazione. Mi trovo a Calosso, sulla Terrazza del ristorante Crota ‘d Calòs per un evento che ha visto grande partecipazione di pubblico e di specialisti del settore, sommelier, ristoratori, giornalisti, il “Calosso Day”.
Si festeggia il “Gamba di Pernice”, antico e nobile vitigno, a 13 anni dal riconoscimento della Doc Calosso. C’è l’Associazione Produttori che celebra questo rosso autoctono con degustazioni e abbinamenti.
Il Gamba di Pernice
Un’uva rara che si ipotizza venisse coltivata già nel Settecento e utilizzata in taglio con le uve delle varietà principali, per migliorarne le caratteristiche. Il nome deriva dalla colorazione rosso-violacea che il raspo assume prima dell’invaiatura, assomigliando così alle zampette delle pernici che popolano in quel periodo i vigneti dell’Astigiano. Ha rischiato l’estinzione per via di una malattia alle foglie ma, in seguito salvata grazie all’intervento di un autorevole cattedratico di Calosso, il Professore Albino Morando, già titolare della cattedra di meccanica enologica presso l’Università di Torino, nonché viticoltore.
Ascoltiamo le parole del professore: “Negli anni Ottanta, quel vino non aveva una forte gradazione, per aumentarla si metteva un cucchiaino di zucchero in bottiglia per farlo spumeggiare. Qui in paese ovunque giri lo sguardo incontri filari di vigneti. È un bellissimo paesaggio colorato in tutte le stagioni dell’anno: vigne di Barbera, di Dolcetto, di Moscato, di Gamba di Pernice che si incrociano. Su una cosa sono irremovibile: chiamiamolo Gamba di Pernice e non Gambarossa, così come è stato registrato sul Catalogo Nazionale delle Varietà (per non equivocarlo con l’Occhio di Pernice, vino bianco toscano). Pochi vitigni hanno un nome così appropriato, tipico. Ma un grave problema ai tempi si era presentato ai produttori: una malattia portava ad un accartocciamento delle foglie. Dopo vari studi e ricerche sono stati ricavati dei cloni: da quel momento è cambiata la vita del Gamba di Pernice. Da vino scolorito con poca gradazione si è passati ad una produzione eccellente, con delle caratteristiche organolettiche straordinarie che ritroviamo ancora oggi. Proporrei di considerare l’uva anche come uva da tavola, lancio questa suggestione. Ma ne lancio un’altra: perché non piantare del Nebbiolo nelle nostre zone? Perché lasciare solo alle Langhe questa produzione? In fondo, il terreno che avvolge le colline di Calosso è identico a quello di Barbaresco o La Morra. Sarebbe bello avere Calosso Doc Nebbiolo Gamba di Pernice. Da un’uva stupenda a un vino altrettanto stupendo, e voi produttori tutti siete capaci di farlo”.
Un’altra voce preziosa è quella di Walter Bosticardo, vignaiolo di Calosso, produttore antesignano del Gamba di Pernice. Uno degli artefici della rinascita di questo vitigno antico piemontese. La sua azienda è Tenuta dei Fiori.
“La storia nasce sui banchi di scuola: un corso organizzato dalla Regione una quarantina di anni addietro per gli agricoltori del territorio ha fatto sì che si partisse con i primi esperimenti di vinificazione. Si voleva un vino rosso secco, raccogliendo le uve dai piccoli produttori della zona. Vennero fuori 100 litri di vino, i primi, che vennero regalati ai diversi vignaioli che avevano conferito le uve per la prima sperimentazione. Nel 1987 si creò il primo vigneto sperimentale, con la consulenza dell’Università. Furono selezionati i cloni messi a dimora nel vigneto ampelografico della Regione Piemonte”.
Prosegue Bosticardo: “Siamo partiti con 3 produttori nel 2011 e circa 3 ettari di vigneto; oggi siamo 16 con 50 mila bottiglie prodotte all’anno. Il vino ha un colore rubino chiaro con note violacee. Fragranze fruttate e sentori di pepe piccante. Fresco e piacevole al gusto, prevalgono note speziate. Conserva vivaci tannini e grande longevità”.
E conclude: “Oggi il Gamba di Pernice è un vino che piace alla clientela. Io personalmente amo bere il vino maturo, invecchiato, più evoluto. È un vino straordinario che mostra tutta la sua particolarità anche dopo un po’ di anni. Viene esportato in tutto il mondo. E poi la versatilità negli abbinamenti è sensazionale: l’ho proposto in accompagnamento alla raclette, alla carne di maiale, e ha risposto molto bene. Le spezie, i tannini derivati dal vitigno, non del legno mi raccomando per non coprire la tipicità, riescono a dare una grande longevità”.
Diamo voce ad un altro giovane produttore, Federico Bussi, dell’Azienda Bussi Piero. “Noi produciamo principalmente Barbera e Moscato, ma oggi siamo qui per presentare la nostra punta di diamante, il Calosso Doc Gamba di Pernice, vino particolare, autoctono. Produciamo circa 5 mila bottiglie, di cui il 20-25% va all’estero, in Canada, in Olanda, in Danimarca e prossimamente in Giappone. È un vino moderno anche se ha origini antiche. Ha un nome accattivante, sentori pronunciati di spezie che lo rende particolare nel panorama vinicolo attuale. Il mercato oggi vuole vini un po’ più freschi, più leggeri, i consumatori sono più attenti all’alcol e questo Gamba di Pernice si adatta perfettamente a questa nuova tipologia di mercato”.
Non poteva mancare la voce di una produttrice di Calosso, Eleonora Domanda dell’Azienda agricola Domanda. “Siamo ormai alla quarta generazione. Abbiamo iniziato col Moscato d’Asti fino ad arrivare a questa chicca che è il Gamba di Pernice. Coltiviamo circa 20 ettari, di cui 2 di Gamba di Pernice, un vino che noi amiamo perché è molto versatile, lo proponiamo in abbinamento ai salumi e ai formaggi, è piacevole in bocca, molto tannico e speziato. Noi abbiamo creduto fin dall’inizio alla rinascita di questo vino, siamo stati tra i primi a seguire la procedura per l’ottenimento della Doc, assieme a Walter Bosticardo. Dal 2011 abbiamo prodotto la Calosso Doc. Siamo a Calosso su queste meravigliose Colline Unesco, facciamo viticoltura estrema perché le pendenze delle nostre vigne raggiungono il 30% e siamo a 500 metri s.l.m.. Facciamo parte dell’Associazione “I Surì”, zone privilegiate per esposizione, dove sole e vento entrano in un connubio fantastico e il Gamba di Pernice sta lì. Produciamo anche con le uve stramature di Moscato che appassiscono sul tralcio reciso”.
“Guarda, sembra un giardino” è il titolo di un libro che il viticoltore calossese Piero Bussi ha scritto e pubblicato lo scorso anno, dedicato al legame indissolubile tra l’uomo e la terra. Fa capolino tra i banchi di assaggio. Un viaggio suggestivo tra le vigne e i vignaioli di questo territorio. Un racconto straordinario che conduce il lettore attraverso le generazioni, lungo i sentieri tortuosi e le sinuose colline dei vigneti che, con il passare del tempo, sono diventati custodi di storie inestimabili. Sono le storie di questo straordinario territorio, se vogliamo, sorseggiate ad ogni calice.