Luca Gioda è uno chef ventiquattrenne che sin dall’infanzia “giocava coi fornelli” nella cucina del ristorante dei nonni. Oggi, prepara piatti della tradizione piemontese alla Locanda del Borgo di Ternavasso, in un’atmosfera bucolica a quattro passi da Torino.
Incontro Luca Gioda in una giornata invernale, di quelle che ti invitano a stare dentro, al caldo, davanti a un camino, magari ascoltando un po’ di musica e osservare da una finestra il mondo che ti circonda.
Mi trovo nello storico Borgo di Ternavasso, già proprietà dei Marchesi di Saluzzo, nel 1200, poi dei Conti del Roero, fino ad arrivare in epoca più recente, con diversi passaggi di mano. Agli inizi del 1800 apparteneva al territorio di Carmagnola, in seguito assegnato al Comune di Poirino. Aveva una popolazione di 250 abitanti. Nel 1814, passò in eredità al Marchese Giuseppe Alessandro Thaon di Revel e di Saint André, primo comandante del Corpo dei Carabinieri, sepolto, assieme agli eredi, nella chiesa della frazione.
Qui, si respira aria antica e nobile. Fuori dalla Locanda c’è aria di neve, accelero il passo per fare presto. I 5 gradini che mi separano dal luogo dell’incontro mi portano in una sala meravigliosa, tinta pastello alle pareti, un bellissimo albero di Natale fino al soffitto. Natale è prossimo e quell’atmosfera di intimità che ritrovo forse è quella che cercavo, piuttosto invitante e molto suggestiva.
Una dolcissima musica di sottofondo e le quattro finestre che guardano il paesaggio rurale là fuori invitano un po’ a sognare.
Luca si fa vedere un attimo, mi dice che sarà pronto a dialogare con me dopo, una volta che i commensali del pranzo saranno andati via. Nel frattempo anch’io assaggio un po’ della sua cucina e mi accomodo.
Luca Gioda è un giovanissimo chef, appena ventiquattrenne, che presta la sua opera presso la Locanda del Borgo di Ternavasso, nella campagna di Poirino, a venti minuti di macchina da Torino.
Quando è nato Luca Gioda dietro ai fornelli?
Beh, l’amore per la cucina mi è stato tramandato dai nonni, in quanto, sin da bambino, ho frequentato il loro ristorante e lì si è scatenata la mia passione per questo lavoro. Anche i miei bisnonni gestivano un luogo di ristoro. È stata l’aria di famiglia che mi ha contagiato, mi ha fatto innamorare dei fornelli. Ho frequentato, infatti l’Istituto Alberghiero di Carignano e, alla fine del corso di studi, sono stato ammesso, con altri tre colleghi, a frequentare il Master dei Talenti in un ristorante della Danimarca.
Ecco, cosa ti ha lasciato questa tua esperienza danese?
Sono stato quattro mesi in un ristorante a Roskilde, una località a poca distanza da Copenaghen, a maturare una bellissima esperienza. Certo, un modo di vivere completamente diverso, un approccio al cibo che non è paragonabile al nostro, abitudini alimentari che rispecchiano il luogo. Là, i luoghi del cibo aprono alle 10 del mattino fino alle 16 e il brunch, ricco e variegato diventa protagonista (Pane di segale imburrato aperto su carni o pesce ,uova, affettati, formaggi); poi dalle 17 alle 21 si serve la cena, il pasto principale. In pratica non esiste il concetto del pranzo”.
Tornato dalla Danimarca, cos’è avvenuto?
Io, mentre ancora frequentavo l’Alberghiero, venivo nei fine settimana alla Locanda del Borgo, qui a Ternavasso, per farmi le ossa. L’allora cuoco aveva deciso in quel periodo di lasciare quel locale e io, affezionato sia al borgo sia alla cucina, cominciai a farci un pensiero! Il cuore batteva per questo luogo: qui nella chiesa dell’antico feudo si erano sposati i miei genitori, io e mia sorella eravamo stati battezzati qua, i nonni erano venuti a scuola nel borgo e poi io abitavo con la mia famiglia a poche centinaia di metri da qui, in una cascina. Vedevo, da casa mia il castello, il luogo dei miei sogni. Da lì è partito il progetto, inizialmente osteggiato dai miei genitori perché mi ritenevano ancora troppo giovane per guidare una cucina importante. Alla fine l’ho spuntata e ho iniziato un percorso fantastico, con l’aiuto di un altro cuoco ed ora eccomi qua… i sogni si avverano. Era il mese di ottobre del 2018.
Una cosa mi incuriosisce: tu giovanissimo cuoco. Con quale stato d’animo hai iniziato questa meravigliosa avventura?
Ricordo benissimo che ero molto felice. Questo è un lavoro duro, impegnativo e faticoso, deve proprio piacerti. Poi, quando è il sogno che ti accompagna, l’ambizione che ti perseguita, la voglia di riuscirci che ti incoraggia, allora ti butti a capofitto e quasi non ti accorgi che già ci sei dentro fino al collo. L’inizio della mia avventura però non è stato poi così semplice. Abbiamo avuto le due chiusure per Covid, ma ora stanno arrivando grandi soddisfazioni. Ci siamo ampliati, oltre alla sala al piano rialzato abbiamo allestito una sala al piano di sopra che si apre sulla campagna meravigliosa che ci circonda. Circa sessanta coperti, un ambiente riservato, un luogo che mette d’accordo la voglia di cibo e la sensazione di benessere anche della mente.
Luca Gioda e la sua cucina: come la definisci?
Diciamo che cerco di offrire nel migliore dei modi la cucina piemontese, quella della tradizione, dei prodotti di questo territorio straordinario che offre tanti piccoli capolavori della terra. È un’offerta che soddisfa due tipi di clientela: i clienti affezionati, ormai abituali, non più giovanissimi, ancorati ai piatti d’una volta; e poi, con una cucina più elaborata, più creativa, più innovativa, anche i palati più giovani, sempre, però, partendo dalle ricette della tradizione.
Mi viene spontaneo chiederti qual è la cucina che tu preferisci: tradizionale o innovativa?
Devo dire che entrambe le interpretazioni mi danno soddisfazione, i clienti sono attratti dalle due offerte che compaiono nel menu e gradiscono. Questo mi conforta.
A questo punto dimmi qual’é il tuo piatto del cuore
Sicuramente il ‘fritto misto’, simbolo della tradizione piemontese. È il piatto che mi piace realizzare di più; sui piatti creativi non voglio esprimermi perché la cucina è un luogo di ricerca, di studio, un laboratorio di prova. Con tutto il team ci ritroviamo spesso a creare, a testare, per offrire ai clienti il meglio. La creatività non nasce dentro di te, è qualcosa che acquisisci col tempo, con l’esperienza, che parte anche dagli errori che si possono commettere. Ogni giorno è diverso dall’altro, la mente vola, le mani eseguono e quando il piatto è sul tavolo di servizio e ti accorgi che il cliente è felice di assaggiare allora hai vinto e sei felice anche tu.
È ora di parlare di sogni. Uno l’hai realizzato. Ma dentro di te, sei giovanissimo, quanti ne stai coltivando?
Certo, a 24 anni si sogna, eccome. Tra i tanti, però, uno mi sta più a cuore. Desidero aprire un ristorante tutto mio. Voglio scegliere il luogo che dev’essere in campagna in mezzo al verde, d’altronde io provengo da lì, sono nato e cresciuto attorniato dal silenzio e da una Natura splendida che infonde serenità. Il mio sogno è un’antica cascina, ristrutturarla e metterla a disposizione della comunità del cibo. Un’osteria contemporanea accessibile a tutti, dove anche i prezzi siano contenuti, per dare la possibilità a chiunque di poterla frequentare. Ci dev’essere però anche una piccola finestra sul mondo rurale, dalla mia cucina, perché questo mi aiuta a sognare.
A proposito, quanto questo paesaggio di campagna, qui a Ternavasso, condiziona il tuo stato d’animo e, di conseguenza, la tua attività
Tantissimo! Per me questa borgata rappresenta la mia vita, gli anni della mia adolescenza, della mia formazione. Il paesaggio agricolo è dentro i miei occhi e il mio cuore, non aprirei mai un ristorante in città. Va dove ti porta il cuore… e la mia direzione è questa. La mia strada, spero, sia ancora lunga; ho tante cose da raccontare attraverso i miei piatti e questo territorio agricolo mi suggerisce ogni giorno nuove pagine da scrivere. Qui, su questi campi, vedo ancora le mucche al pascolo, i cavalli che galoppano felici, l’erba che mi accompagna verso orizzonti infiniti. Questa è la mia terra e voglio restarci.
Natale è alle porte, come ti stai preparando al menu delle feste di fine anno?
Ci saranno piatti tradizionali, uno su tutti i ‘plin’ fatti a mano da noi, ma anche più creativi, più particolari come il ‘Risotto allo zafferano col Baccalà mantecato e la liquirizia’. Non voglio andare oltre per lasciare quel senso della sorpresa a tutti quelli che verranno a trovarci. Posso dire che ci saranno anche i nostri Gianduiotti fatti col cioccolato fondente e il Panettone, sempre fatto da noi, servito con Cioccolato e Zabajone. Sono contento perché per le feste siamo già quasi al completo, da Natale all’Epifania. Auguri a tutti.
Auguri a te Luca… e ai tuoi sogni!