Nel pieno boom della globalizzazione, da molti anni risulta sempre più facile trovare i coloratissimi frutti tropicali smistati in banchi frigo dei nostri supermercati. Se non consideriamo banane o ananas reperibili abitualmente e che quasi non siamo più abituati a riconoscere come alimenti a noi estranei, molto spesso i più rari provengono dal Sud America e il viaggio che compiono verso il nostro Paese è sempre troppo lungo e complesso.
I frutti sono raccolti acerbi, compiono il loro viaggio in mare dove completano la maturazione che subisce uno stress tale da compromettere irrimediabilmente il sapore finale, o, in alternativa, il trasporto aereo risulta essere più efficace, ma molto più costoso.
La scelta di una produzione nazionale
Negli ultimi anni si è dunque registrato un elevato incremento dei frutti esotici coltivati direttamente nel nostro Paese, che non si limita alle varietà più conosciute, ma spazia in diverse tipologie anche piuttosto rare. Circa 500 ettari di terreno italiano sono riservati a queste colture di importazione, prevalentemente localizzate in Sicilia, Calabria e Puglia.
Purtroppo, il raccolto è ancora poco presente nei nostri supermercati, a causa dei costi molto elevati, e soprattutto perché sono disponibili solo durante alcuni mesi all’anno, principalmente in estate, quando raggiungono la massima maturazione, ma si riscontra sempre più attenzione verso l’esotico “made in Italy”.
I contro di una coltivazione importata
Non facendo parte della nostra vegetazione tipica, l’impatto ambientale delle coltivazioni tropicali sembrerebbe mettere a rischio i terreni perché ne modificherebbe l’equilibrio del nostro ecosistema attirando insetti invasivi che potrebbero compromettere le colture orticole. Per ospitare questi alberi da frutto servono inoltre aree molto ampie, ciò comporterebbe un grave disboscamento; le piante esotiche si nutrono di grandi quantità d’acqua, rendendo la produzione e il consumo poco sostenibili e molto dispendiosi, anche se secondo una recente stima il 71% dei cittadini sarebbe disposto a pagare di più per avere la garanzia dell’origine nazionale dei frutti tropicali.
Le varietà presenti nel nostro Paese
La coltivazione rimane dunque controllata, scegliendo terreni abbandonati o esausti, bonificati e riconvertiti; i consumi italiani sono in continuo aumento, passando dalle 3000 tonnellate di Avocado del 2007 alle oltre 13mila nel 2016, più del 200%, e si riscontra che in Sicilia abbonda la produzione di diverse varietà di questo frutto, il più amato e buono per la nostra salute.
Ricco di grassi insaturi, fibre, minerali e vitamine, giunge a maturazione da fine Ottobre a Maggio, l’Avocado è il più apprezzato dai salutisti.
L’intuizione arriva dal giovane imprenditore siciliano Andrea Passanisi, desideroso di dedicarsi alla coltivazione di qualcosa di nuovo, seguendo l’andamento del mercato e l’evoluzione dei consumi. Eppure, spiega, l’avocado in Sicilia era presente già dagli anni ’60, pur avendo breve vita poiché non erano presenti i potenti mezzi di comunicazione attualmente disponibili che ne favorissero la diffusione.
Il Mango nostrano si trova da fine Agosto a fine Novembre, ed è molto dolce e profumato, ricco di vitamine e minerali, soprattutto potassio. Del frutto non si butta via niente e viene trasformato anche in succhi o marmellate, i semi vengono utilizzati per produrre olio e la buccia per aromatizzare la birra. Coltivato in un’azienda di S. Agata di Militello, oggi sono presenti più di 2000 varietà nella regione.
La Papaia la si può trovare sia sulle coste siciliane che calabresi, tuttavia a causa delle basse temperature invernali riscontrate negli ultimi anni, fruttifica solo da Aprile a Novembre. Viene usata nella fabbricazione di birra, cosmetici e per ammorbidire le carni col suo succo.
Lime, Passion Fruit, Litchi e Kiwi sono estremamente richiesti dai consumatori, soprattutto per la preparazione di cocktail colorati e freschi e dei più salutari smoothie, frullati molto densi super vitaminici raccomandati per una dieta sana a base di frutta fresca o verdura cruda che includono fibre alimentari in grado di sostituire un pasto, ma non disdegnati ormai dai turisti, dato che si possono comunemente trovare nelle capitali e città d’arte europee in caratteristici chioschi, sempre più apprezzati e specializzati in bevande biologiche, con ingredienti a km 0 ed ecofriendly.
Infine, l’insolita Feijoa ha conquistato Liguria, Toscana e le aziende sperimentali di Caserta e Roma, dove sono presenti due campi con circa 35 varietà; pianta bellissima e dai frutti poco calorici, ricchi di acqua e dalle proprietà benefiche per la proliferazione dei ceppi batterici del microbiota, riscontra successo nelle masserie con produzione biologica della nuovissima ed esclusiva confettura extra di feijoa.