“In Piemonte, il 2024 non è stato un anno positivo per il comparto agricolo e zootecnico. I fattori che hanno condizionato questo andamento sono stati diversi: una eccessiva piovosità che ha reso difficoltosi la semina e il raccolto, l’insorgenza di nuove fitopatie ed epidemie e la serie (eccessiva) di normative da rispettare che condizionano le scelte produttive delle varie aziende. Confagricoltura continua a chiedere alle istituzioni, a tutti livelli, una maggiore attenzione al settore primario, che deve essere considerato strategico nel rilancio delle attività produttive regionali”.
Con queste osservazioni, il presidente di Confagricoltura Piemonte, Enrico Allasia, ha aperto l’analisi dell’Annata Agraria 2023 – 2024 nella Regione, durante la conferenza stampa nella sede di Torino.
Sono intervenuti, inoltre, il direttore regionale Lella Bassignana e il vicepresidente nazionale Luca Brondelli di Brondello
Sono stati analizzati i principali comparti produttivi dell’agricoltura piemontese, partendo dalla considerazione che il cambiamento climatico e l’insorgenza di nuove fitopatie e zoonosi sono una realtà con la quale occorre sempre più fare i conti.
Sulla scorta delle informazioni elaborate per Confagricoltura Piemonte dal Dott. Federico Spanna, del Settore Fitosanitario, Sezione Agrometeorologica della Regione, si è registrato un andamento del settore primario non del tutto confortante. “Se il 2023 ha registrato un’eccessiva siccità – ha sottolineato Spanna – dobbiamo affermare che il 2024 è stato eccessivamente piovoso. I giorni di pioggia sono stati maggiori e questo ha danneggiato la produttività in molte zone del Piemonte”.
Il 2024 in Piemonte, fin dai primi mesi, ha fatto registrare un’inversione di tendenza rispetto alle condizioni climatiche registrate nel 2022 e nel 2023: precipitazioni frequenti e consistenti su tutte le provincie hanno contribuito a cancellare la scarsità idrica degli anni precedenti, assicurando al settore agricolo una riserva di acqua buona e mai scarsa.
In primavera, lo sviluppo delle coltivazioni è stato influenzato da valori termici al di sotto della media del periodo e da intensi rovesci, che hanno determinato problematiche di tipo fitosanitario, acuite dal fatto che i terreni saturi di acqua impedivano l’entrata in campo dei mezzi e, quindi, gli interventi di difesa. Da luglio, non sono mancati eventi estremi che hanno danneggiato la vegetazione, anche in maniera massiva. Giornate molto calde alternate a rovesci sono risultate favorevoli ai processi vegetativi che tuttavia, in alcuni areali, hanno risentito di tassi di umidità atmosferica assai elevati, che hanno dato origine a stress fisiologici notevoli.
Inoltre, fisiopatie e avversità di tipo fitosanitario, biotico e abiotico, hanno esplicato i loro effetti sulla vegetazione, inficiando spesso qualità e quantità del raccolto.
Il mese di settembre particolarmente piovoso ha poi giocato un ruolo determinante sulla produttività di quelle colture che si trovavano in fase di completamento della maturazione: alcuni areali hanno subito danni minori, a fronte di altri il cui le perdite sono state significative.
Il numero delle aziende agricole in Piemonte, ormai da almeno un decennio, sta subendo una progressiva diminuzione, soprattutto per quanto riguarda le piccole aziende a conduzione familiare. Si tratta di un fenomeno legato a una dinamica strutturale del comparto che vede il concentrarsi delle risorse (superfici, capi allevati, capitali) in aziende di maggiori dimensioni. La tendenza ha mostrato una forte accelerazione negli ultimi sei anni, anche a causa delle numerose crisi che hanno colpito il settore, dall’aumento dei costi di produzione alla crisi idrica. Dal 2019 al 2024 la diminuzione è stata del 18% circa, passando dalle 43.246 aziende attive del 2019 alle 35.241 del 2024 (fonte Anagrafe agricola regionale).
Per contro la SAU (Superficie Agricola Utilizzata) nello stesso periodo si è ridotta solo dell’8,6%. Gli ettari nel 2011 erano infatti 947.964, contro i 866.060 del 2024 (fonte Anagrafe agricola regionale), dato che se da una parte conferma l’esistenza di un processo di accorpamento progressivo delle aziende, che ha portato la loro dimensione media dai 18,2 ettari del 2018 ai 21 ettari del 2023, dall’altra è indice di un progressivo abbandono dei terreni più difficili da condurre, fenomeno preoccupante sia per l’attività agricola, sia per il territorio.
In questo quadro, è interessante osservare il dato riguardante le aziende condotte da donne e quelle con titolari giovani (meno di 41 anni).
Le aziende al femminile rappresentano oggi il 25,8% di quelle totali, in leggera diminuzione negli ultimi anni, nel 2018 rappresentavano infatti il 27,2% del totale. La percentuale di conduttrici giovani (22%) è però significativamente maggiore della media regionale dei titolari giovani (14,6%). Per quanto riguarda invece la tipologia di azienda, quella più rappresentata è l’agrituristica, dove le donne arrivano al 40%, in crescita negli ultimi anni (erano il 37,7% nel 2018).
Secondo i dati dell’Anagrafe agricola regionale, le aziende con titolari giovani in Piemonte nel 2024 sono 5.730 e rappresentano il 14,6% del totale. Il dato è in crescita negli ultimi dieci anni, grazie anche alle politiche di sviluppo rurale attuate a partire dal 2016; nel 2015 i giovani erano infatti il 12,1%.
Dal punto di vista strutturale, il 36% del territorio del Piemonte è destinato alla produzione agricola, selvicolturale e della pesca; il comparto progredisce in termini di propensione all’innovazione e agli investimenti, nonostante l’incremento dei costi di molte materie prime, soprattutto nel settore energetico.
Gran parte dei prodotti è destinato al mercato interno, mentre un’altra faccia del successo delle produzioni agroalimentari per l’export è rappresentato dai prodotti di qualità certificata DOP, IGP, DOC e DOCG (tra cui spiccano le 59 nel vino) e PAT, ben 341 sono le produzioni tipiche.
Analizzando il settore comparto per comparto, Confagricoltura Piemonte ha più che confermato le criticità già rilevate durante tutta la campagna 2023-2024:
- aumento dei costi di produzione che non sempre vengono ricompresi nel prezzo finale del prodotto, riducendo così all’osso la marginalità, a cui si aggiungono le difficoltà ormai strutturali di reperire manodopera specializzata;
- ritardo generalizzato, causato dall’andamento meteorologico, nelle semine e nello sviluppo delle coltivazioni a cui non corrisponde un ristoro adeguato per sopperire alle perdite;
- diffusione di malattie virali non endemiche, quali la Peste Suina africana (PSA) per i suini, la Blue Tongue per gli ovicaprini e i bovini, l’influenza aviaria per gli avicoli;
- aumento della burocrazia con conseguente riduzione in investimenti innovativi, in nuove tecnologie e per fare fronte alle richieste di mercato;
- nuovi obblighi imposti dalla PAC, dalle normative sul clima, dalla strategia sulla biodiversità per il 2030, che minano la sopravvivenza delle aziende agricole;
- difficoltà nel ricambio generazionale e nell’accesso al credito da parte dei giovani imprenditori.
Il direttore regionale di Confagricoltura, Lella Bassignana, ha rimarcato il ruolo centrale della scienza, della ricerca e delle nuove generazioni: “Per garantire un futuro agli imprenditori agricoli è necessario conoscere, formare e formarsi, innovare cogliendo i vantaggi che le tecnologie moderne possono offrire e fare rete. Ma sono i giovani, attraverso la loro capacità oggettiva di osservare distaccatamente le prassi aziendali, ad apportare quelle soluzioni inedite e quei metodi di lavoro più efficienti che consentono di produrre di più e con un minor impatto a parità di input”.
Ha preso la parola anche Paolo Balocco della direzione Agricoltura e cibo regionale che ha richiamato il ruolo fondamentale dell’Ente pubblico nell’attività di analisi del settore primario e nello sviluppo delle politiche di programmazione e indirizzo dell’agricoltura in stretto dialogo con le sue rappresentanze.
A chiudere i lavori, il vicepresidente nazionale di Confagricoltura, Luca Brondello di Brondelli, imprenditore cerealicolo e viticolo: “Dai dati esposti oggi e dalla realtà che viviamo quotidianamente, emerge chiaramente un quadro di difficoltà che coinvolge tutto il mondo agricolo. È necessario quindi che sul medio – lungo periodo e a tutti i livelli, regionale, nazionale e internazionale, vengano attuate politiche più coraggiose. Gli obiettivi?
Riportare la produzione di cibo sicuro e di qualità ad un livello tale da competere lealmente ed equamente con i produttori americani e asiatici, seguendo regole di mercato ben definite e accordi multilaterali, che garantiscano reciprocità. Non per ultimo, sfatare l’illogica teoria secondo la quale i lavoratori della terra non avrebbero a cuore la natura e gli elementi che la caratterizzano: è esattamente il contrario, tant’è che a marzo di quest’anno è stata istituita la figura dell’agricoltore custode dell’ambiente e del territorio”.