Di origine celtica o più probabilmente romana, lungo una strada che doveva essere anche discretamente trafficata per l’epoca, verso il passo del Moro, Macugnaga, nella valle Anzasca, ai piedi del Monte Rosa, era una porta d’accesso verso le terre del nord.
Abitato fin dal medioevo Macugnaga è un borgo che conta oggi poco più di 600 anime, dove per secoli i coloni vissero in isolamento, con una economia di autosussistenza , dedicandosi alla pastorizia, all’allevamento ed alla cacciagione.
Macugnaga, terra di cultura Walser
Nel ‘200 nella zona vennero ad insediarsi alcuni nuclei di popolazione Walser dalla vicina valle di Saas, in Svizzera, in quanto Macugnaga, che offriva un clima più mite e praterie più fertili, permetteva di edificare le case, le cascine, i fienile e le chiese al riparo da valanghe o alluvioni.
Queste famiglie si fusero senza contrasti con la comunità preesistente; venne costruita la “Chiesa Vecchia” accanto alle baite della più grossa frazione, il Dorf, che ottenne dal signore del posto anche il diritto ad organizzare una fiera annuale che divenne in breve importantissima, cui partecipavano commercianti e montanari persino dalla Valle d’Aosta e dalle vallate svizzere.
Le lotte medioevali fra guelfi e ghibellini fecero sentire i loro effetti anche nell’Ossola ed in Valle Anzasca, che si mise spontaneamente sotto la signoria dei Visconti di Milano, poi degli Sforza e quindi dei dominatori spagnoli.
Nei secoli successivi Macugnaga subì incendi ed alluvioni; la chiesa fu distrutta e ricostruita all’inizio del ‘700, arricchita con alcune pregevoli opere, come i due grandi quadri a fianco dell’altare, il battistero, il pulpito e i confessionali.
E’ di questo periodo l’inizio del turismo verso Macugnaga e le vallate del Monte Rosa; uno dei primi fu il conte Federico Borromeo, feudatario della valle, cui successivamente si aggiunsero numerosi altri esponenti della nobiltà milanese e torinese e d’oltreconfine.
A metà ottocento venne costruita la strada della valle, completata diversi decenni dopo, che portò la valle Anzasca e in particolare Macugnaga, verso un’epoca di progresso inarrestabile, culminato nella costruzione della seggiovia del Monte Rosa e delle funivie del Monte Moro, il potenziamento della ricettività alberghiera, l’eccezionale espansione edilizia privata, che hanno fatto entrare l’antico borgo walser nella ristretta elite delle più rinomate e frequentate stazioni turistiche alpine.
Un’oasi di tranquillità e un salto nel passato
Per chi sale a Macugnaga, c’è da vedere il Museo Alts Walserhüüs van zer Burfuggu, realizzato nella seicentesca casa walser di Borca, l’antica casa parrocchiale della frazione.
Perfettamente conservato, con arredi e strutture originali, è un museo etnografico-storico, con più di 650 oggetti d’epoca; a Staffa c’è invece il museo della Montagna, dedicato alla storia delle Guide alpine del paese, con una sezione speciale dedicata alla storia del contrabbando.
Da non perdere anche la “Miniera d’oro della Guia”, l’unica miniera di questo tipo visitabile in Italia, dove attraverso un percorso guidato porta i visitatori alla scoperta dell’affascinante e tragico mondo dei minatori che scavarono per tre secoli dedali di gallerie sotto il territorio del paese.
I tanti ristoranti di Macugnaga sono soliti proporre ai propri ospiti i vari prodotti del borgo, tra i quali la pasta alla macugnaghese che assieme all’immancabile polenta, regna nelle cucine del paese.
Si tratta di una pasta corta, fatta cuocere con cubetti di patate, scolata e posta in una padella con abbondante burro d’alpeggio, pancetta e cipolla, sopra la quale si versano pezzetti di formaggio locale di vacca o di capra.