L’atmosfera che si trova giungendo a Civita di Bagnoregio, in provincia di Viterbo, paese natale di San Bonaventura, soprattutto se è mattino presto e c’è nebbia, è surreale, sembra un‘isola appoggiata su una torta di panna montata, nel silenzio assoluto.
L’antico borgo medievale è appeso in equilibrio instabile a un alto sperone di tufo alto 443 metri che ”galleggia” nell’argilla della valle dei calanchi, collegato alla ”terra ferma” da un lungo e sottile ponte lungo 300 metri, unica strada per giungervi, e solo a piedi, dal capoluogo comunale, Bagnoregio.
Un tempo, Civita e Bagnoregio erano due volti della stessa città: la prima ne era il centro vitale mentre la seconda era un quartiere, la Rota; a collegare i bue borghi un lembo di terra che crollò con il terremoto del 1794 e che il tempo ha completamente eroso, sostituito da un ponte in muratura crollato e ripristinato a più riprese.
Civita di Bagnoregio, la città che muore
Ormai la popolazione l’ha abbandonato perché il terreno su cui è fondata si sta sbriciolando; abitata da una decina persone, soprannominata “la città che muore”, è comunque arrivata fino a noi ancora in buono stato di conservazione ed è una meta turistica molto frequentata ed apprezzata proprio per queste sue particolarità.
Voluta dagli Etruschi per la sua posizione dominante sulle vie di comunicazione, per la presenza di torrenti, acqua sorgiva e termale, Civita di Bagnoregio si trova al confine con l’Umbria, in una zona racchiusa dal lago di Bolsena, la valle del Tevere e non lontano da Viterbo e da Orvieto.
Temuta e conquistata dai Romani sempre per la sua posizione strategica sulla strada da e per Roma, che proprio per questo ne fecero un centro importante verso il Tevere ed il Lago di Bolsena, la cittadina passò poi ai Longobardi fino al 1140 quando divenne Comune Libero, ingrandendosi e prosperando economicamente per oltre cinque secoli, fino alla fine del ‘600, quando un devastante terremoto la mise in ginocchio e segnò l’inizio del suo declino.
Civita di Bagnoregio, il ponte sul vuoto
Attraversato il ponte che collega Bagnoregio a Civita, dal quale girando lo sguardo a 360° si può ammirare l’affascinante paesaggio naturale tra il rio Chiaro e il rio Torbido, fatto di piccole valli, forre, voragini, calanchi e guglie tufacee, si arriva nel borgo, caratterizzato da una serie di vicoli e stradine dalla tipica urbanistica del decumano romano.
Anche gli interventi di epoca medioevale ne hanno rispettato l’organicità, limitandosi all’apertura di piccole piazze e di vicoli minori; una di queste è il cuore di Civita, che corrisponde al Foro Romano su cui sorge l’ex cattedrale di San Donato.
Costruita sui resti di una chiesa risalente al VII secolo, la basilica di fattezze cinquecentesche è affiancata da un campanile del XII secolo; sulla piazzetta si affacciano anche i resti dell’Episcopio ed il rinascimentale palazzo Mazzocchi-Alemanni.
Sulla via principale del borgo, l’antico decumano lastricato che saliva dalla valle Tiberina, protette dall’imponente portone fortificato di Santa Maria, l’unica rimasta delle cinque originali, una vecchia porta etrusca scavata nel tufo, si affacciavano le vecchie botteghe degli artigiani e dei commercianti.
Un antico borgo medioevcale
Le case del borgo, sia quelle poche ancora abitate sia quelle usate come seconda casa o comunque non utilizzate, sono tutte in buono stato, con porte e finestre incorniciate in basalto, con pochi elementi decorativi; alcune, seppur ribassate, hanno ancora l’antica tipologia di casa-torre medioevale.
Aggirandosi indolenti per il piccolo borgo sembra quasi di fare un salto nel passato; le basse case tipiche del medioevo, la pavimentazione, gli edifici, l’atmosfera, sembrano raccontarci com’era “la città che muore” quando era viva e popolata.
La salvezza arriva dal turismo
Oggi Civita sta vivendo una nuova fase di sviluppo, grazie al massiccio flusso di turisti che arriva ogni anno per ammirarla e che ha reso necessario forme di accesso controllato per non danneggiare il fragile equilibrio delle antiche strutture.
Sia a Civita che a Bagnoregio vi sono diversi locali e ristoranti che propongono prodotti tipici della zona tra le quali vanno forte le diverse zuppe, di verdure, di carni o di pesce di lago e di fiume, i cui ingredienti cambiano secondo stagione.
Anche per quanto riguarda i caratteristici e robusti secondi della cucina romana e laziale, da queste parti non manca la scelta, come le trippe o la coda alla vaccinara, solo per citarne un paio; il tutto accompagnato dalle eccellenze delle numerose cantine della Tuscia viterbese: Aleatico, Orvieto, Est Est Est,
Una visita a Civita di Bagnoregio è davvero un’esperienza unica ed il turismo crescente alla ricerca di mete insolite e belle, presente praticamente nell’intero corso dell’anno, ha fatto di questo bellissimo borgo della Tuscia non proprio la “città fantasma” come romanticamente si dice. Anche i numerosi eventi, sia a carattere religioso che enogastronomico, attirano turisti che rimangono sempre incantati da questo posto magico.
Lo scorso anno per la Civita di Bagnoregio e la Valle dei Calanchi è iniziato l’iter legislativo necessario per fare diventare il borgo laziale Patrimonio dell’Umanità riconosciuto dall’Unesco.