Quando scoprii questa vallata delle Alpi Marittime, in provincia di Cuneo, provai la strana sensazione di essere precipitato in un’altra epoca, in un mondo diverso, perché Coumboscuro, in realtà, non è un paese, un borgo vero e proprio, ma una valle laterale della Valle Grana, nel Piemonte occidentale, nella quale sono arroccati alcuni piccoli borghi infrattati fra boschi di alberi secolari.
Il principale di questi è Sancto Lucio, cioè Santa Lucia di Coumboscuro, più o meno 1000 metri di quota; il verde delle foreste domina su tutto, il silenzio è quasi assordante; qualche casa, una chiesa in stile romanico con il suo campanile, prati verdi che vanno ad infilarsi tra i primi alberi dei boschi che la circondano.
A Coumboscuro, che vuole dire Valle Scura, comune di Monterosso Grana, lo spopolamento della montagna è reso evidente dalle pochissime auto in circolazione, se non nei giorni di festa, quando cuneesi, torinesi, biellesi e liguri salgono in valle a trovare gli amici, a cercar funghi, a godere di questo silenzio e dell’aria pura, quasi rarefatta.
Terra d’emigrazione, prima verso la vicina Francia poi la pianura di Torino; come per tutte le altre zone alpine ed appenniniche, spopolandosi la montagna inizia il suo rapido declino, economico, geologico, culturale, ritorna “selvaggia”.
Coumboscuro, la Provenza d’Italia
Ci troviamo nel lembo italiano della Provenza e la cultura è quella occitana; per salvaguardarla, dopo decenni di “lotta”, nel 1999 i pochi “resistenti” sono riusciti a far approvare una legge che ha riconosciuto “l’Occitano” come minoranza linguistica storica, all’interno dello Stato Italiano.
La salvaguardia delle radici culturali è stata la molla che ha compattato questa gente, che si è riconosciuta nell’opera di un maestro di scuola, Sergio Arneodo, che fin dal 1946 ha iniziato la sua opera di motivazione nei confronti dei compaesani e dei valligiani.
Fu tra i promotori dell’”Escolo dou Po”, la Scuola del Po, paladino della salvaguardia della lingua e della cultura provenzale in questa parte d’Italia, la lingua dei trovatori, parlata da generazioni di contadini e pastori delle Alpi occidentali.
Si prodigò per mantenere viva questa cultura promuovendo il dialogo con le altre culture anche attraverso espressioni “colte” sul piano della letteratura, dell’arte, delle iniziative e degli scambi culturali.
Un centro multiculturale
La scuola di Arneodo ancora oggi rappresenta un caso di insegnamento sperimentale in tre lingue: italiano, francese, provenzale; dalla sua esperienza, portata avanti per decenni, scaturì il “Coumboscuro Centre Provencal”, organizzazione ufficiale per la tutela e la valorizzazione della cultura provenzale dei trovatori, un centro realizzato interamente con il lavoro gratuito ed i contributi dei volontari locali.
Questa associazione ha dato vita al “Museo Etnografico Coumboscuro della civiltà provenzale alpina” ed organizza numerose manifestazioni folcloristiche nel corso dell’anno, come il “Journ di Rei”, Epifania con spettacolo musico-pastorale, il 6 Gennaio; la “Roumiage de lAdoulourado”, pelleggrinaggio in costume sulla montagna la seconda domenica di luglio; “Festenal”, rassegna della musica etnica europea con concerti, che si tiene ogni fine settimana di agosto, richiamando gente da tutto il mondo ed il “Roumiage de Setembre”, annuale incontro europeo dei provenzali nell’intera settimana precedente la prima domenica di settembre.
Il “Centre” è inoltre sede di studi, editoria e discografia, luogo di interesse ed incontro di culture europee ed accoglie spesso intellettuali, poeti, scrittori, artisti, musicisti di ogni parte d’Europa e del mondo, e li accoglie ancora con i suoi riti, le sue tradizioni, i suoi costumi caratteristici.
Un luogo bellissimo fuori dal tempo
La zona della Valla Grana e di Coumboscuro è piuttosto fuori mano rispetto alle vie di comunicazione principali e ciò ha fatto sì che rimanesse allo stato naturale per molti secoli; i primi insediamenti dovrebbero essere da parte dei Liguri Montani e successivamente delle truppe imperiali di Ottaviano Augusto.
Nei secoli successivi alla disgregazione dell’impero romano passò sotto il marchesato di Saluzzo, sotto il quale ebbe una certa prosperità acquisendo anche una sua “identità culturale”.
Attorno al 1000 i monaci benedettini francesi si insediarono nella zona, fondarono conventi, diradarono i boschi, coltivarono un po’ di terra, fondarono villaggi e borghi, portando la fede cristiana; dalla fine del 1300, passo prima sotto la dominazione francese, poi sotto il Ducato di Savoia.
Napoleone, nel suo breve periodo imperiale, la rivendicò nuovamente alla Francia finchè, con il Congresso di Vienna del 1815 fu riassegnata definitivamente al regno sabaudo.
Le montagne circostanti sono coperte di castagni, faggi e conifere, un paesaggio che sembra rimasto intatto nei secoli; è facile imbattersi in strette gole percorse da rapidi torrentelli e maestose praterie nelle zone più elevate degli alpeggi, meta anche di transumanze ormai estinte altrove.
Una delle particolarità di Coumboscuro consiste nella consapevolezza dei valligiani che il loro lavoro, sia esso artigianale, sia agricolo, sia intellettuale e creativo, è fondamentale non solo per la loro sopravvivenza ma per quello della stessa loro montagna.
I mestieri spesso si integrano e si sovrappongono: chi si occupa di agricoltura o del bestiame al pascolo in altri momenti lo si vede al “Centre” ad organizzare un’iniziativa culturale; chi cura il bosco ed il sottobosco, magari, insegna nella scuoletta del borgo.
Coumboscuro, albergo diffuso
In valle viene praticato anche una particolare forma di turismo, il cosiddetto “albergo diffuso”, una sorta di albergo che ha camere e servizi d’accoglienza dislocati in edifici diversi, ristrutturati con gusto ed armonia; una formula particolarmente adatta ai borghi ed ai paesi caratterizzati da centri storici di interesse artistico ed architettonico e da ambienti di particolare pregio naturalistico ed ambientale, che in tal modo possono recuperare e valorizzare vecchi edifici, ancora poco sfruttata nel resto d’Italia.
Una vacanza in uno dei piccoli borghi della Valle Scura o della Valle Grana, ospitati in un casolare arredato con mobili etnici locali, respirando le atmosfere autenticamente provenzali, vagando alla scoperta del mondo e della cultura occitana, è un’esperienza indimenticabile.
Anche chi vuol praticare alcuni degli sport tipici della montagna non avrà da lamentarsi; vi sono numerosi percorsi per mountain bike e per il trekking, con sentieri curati e ben segnalati, per tutti i gradi di difficoltà, anche in quota.
Un avamposto della gastronomia provenzale
E se la natura e la cultura sono un elemento di rilievo, anche la cucina non poteva essere da meno, ad iniziare dal formaggio “Castelmagno” DOP prodotto negli alpeggi e distribuito lungo l’intera valle.
Questo formaggio entra da protagonista in molti piatti, quali la Crema di sedano con Castelmagno, la Polenta, il Soufflè di Castelmagno con miele e noci, il Risotto al Castelmagno e punte di asparagi , le Tagliatelle con spinaci, miele ed il formaggio, Melanzane ripiene di Castelmagno, gli Gnocchi.
Diversi i ristoranti dove scoprire piatti tipici o prodotti caratteristici della zona, tra i quali spiccano vari tipi di mele e di pere, tra le qual la famosa “madernassa”, e la “Martin sec”, i frutti di bosco, le castagne, le confetture ed i liquori artigianali Arquebuse, Genepi, Serpol, Mirtillo, Ramassin, macerati a freddo per esaltare maggiormente gusto e profumo delle erbe e delle bacche di montagna.
Anche le pere Madernassa hanno un posto di rilievo nella cucina valligiana; vengono preparate in svariati modi: al cioccolato, in composta, Budino di madernassa e semolino, Semifreddo di frutta, Meringate, mandorlate al forno, Pere Madernassa a l’ula, Torta di pere, Madernassa in gabbia, Mattonella alle pere madernassa, in un tripudio di sapori da desiderare di provarle tutte.