Piobesi Torinese è un paese alle porte di Torino, di antiche origini romane, che conta poco più di 3 mila anime.
Attraversato dal torrente Chisola, Piobesi Torinese conserva un Castello dell’anno Mille, con un bellissimo giardino all’italiana con i tipici labirinti di siepi, una Torre superstite e una Parrocchiale, fondata nel XI secolo, ricostruita, con una torre campanaria romanica, bellissima.
Il centro storico conserva edifici storici architettonicamente rilevanti, in mattoni rossi, che dettano la bellezza di questo borgo a due passi da Torino, al centro di una campagna gradevolissima.
Da una di queste meravigliose case-torri, una dimora signorile del Quattrocento, sotto un suggestivo portico a mattoni, emerge un’insegna blu, “Dal 1904 Celestino – Ristorante Hotel – Specialità Piemontesi”.
È il ristorante che oggi vado a visitare e ad “assaggiare”.
Vengo accolto da una famiglia sorridente, calorosa, di quelle che vorresti incontrare ogni giorno. Si presentano Sergio Leggero e la moglie Daniela con i figli Federica e Lorenzo. Sergio e Lorenzo stanno dietro ai fornelli, mentre Daniela e Federica si occupano della sala e dell’accoglienza.
Qui il termine “tradizione” è d’obbligo. Siamo in un luogo antico, dove il racconto ha le radici già nell’Ottocento. Generazioni che si tramandano l’arte del cibo, la cultura di un territorio agricolo che offre tutto. Se a questo aggiungiamo una visione corretta, onesta, seria, lungimirante, professionale, il risultato diventa eccellente.
Da Celestino trovi il Piemonte nel piatto, la cucina non può che essere un inno alla piemontesità, una proposta delle ricette che affondano nel profondo del DNA sabaudo con una continua e accorta attenzione alle materie prime locali e alla stagionalità. E proprio il succedersi delle stagioni scandisce le serate a tema che contemplano asparagi, carciofi e, in autunno, i funghi porcini e il pregiato Tartufo Bianco d’Alba, la trifola. I piatti sono quelli della tradizione, seppure con l’apparizione di qualche ricetta di mare che si intrufola tra le righe del menu per compiacere a tutti i palati.
“L’Agnulot d’Celestin al sugo d’arrosto” fa la parte del leone tra i primi (leggi ricetta nell’intervista, sotto), da solo vale il viaggio; ma anche i “Bottoni ripieni di Asparagi di Santena e Seirass saltati al burro e finiti con una crema di pomodori confit” ti lasciano il palato soddisfatto. Tra i secondi, ho assaggiato la “Guancia di vitello brasata al Barolo Docg e verdure al burro”.
Che dire? Devo contraddire coloro che affermano che la cucina piemontese di una volta non esiste più! Esiste, eccome! Qui, da Celestino, è viva e primeggia: in menu anche la leggendaria “Finanziera”. Ho voluto fare, anche, un salto al mare ‘per vedere l’effetto che fa’: “Frittura di Calamari e Asparagi di Santena”, una prelibatezza che neanche il porticciolo di Acitrezza o di Marzamemi è riuscita a restituirmi (a parte la bontà dell’Asparago di Santena che nella mia isola non esiste a questi livelli).
Io, che sono un estimatore degli antipasti, avevo iniziato alla grande: “Girello di Fassone Piemontese Coalvi Cotto a Bassa Temperatura e salsa tonnata alla maniera antica”, strepitoso; e poi un “Asparago di Santena al burro, ovetto termale bio, crema di Grana Padano Dop e Tartufo Nero d’Alba”, prelibatezza assoluta. Voglio chiudere con lo “Zabaione al Marsala e paste di meliga del Monregalese”, uno dei miei dessert preferiti. Volevo rientrare a Torino con la mente piena di emozioni piacevoli e la bocca ricca di sensazioni particolari. Ci sono riuscito!
Quello che ti porti dietro è la consapevolezza che qui, le materie prime sono a “chilometro giusto”, come afferma lo chef Sergio nell’intervista di seguito. Te le trovi nel palato così come la natura le regala all’Uomo, semplici, naturali, autentiche. Poi un complimento particolare, davvero, a Sergio e a Lorenzo in cucina: che passione! Quanta volontà per affermare i loro concetti di un’autentica cucina piemontese d’un tempo. Si percepisce proprio che la cucina viene da lontano, da una cultura tramandata da più di un secolo da successive generazioni.
Bellissimo! È una scoperta straordinaria per me che trova conforto anche nel servizio attento e puntuale, anche narrato, delle signore Daniela e Federica. Impeccabile, un bel calore. Una sala ampia accoglie i commensali, luminosa; tavoli ben distanziati e al soffitto due ventilatori – ricordate Humphrey Bogart e Ingrid Bergman in Casablanca? –: un tocco di colore retro che ti isola dal tempo che scorre frenetico al di fuori di quel portico e che guarda il mondo.
La carta dei vini conta un centinaio di etichette e si ispira principalmente al Piemonte, con etichette interessanti e qualche incursione nelle cantine della Penisola.
L’INTERVISTA
Ora voce a quelli che hanno il merito di farci stare bene. E da dove iniziare il racconto? Da Celestino, naturalmente, anima sublime di tutto. Inizia il Tema Sergio.
Sono obbligato a partire dal bisnonno Celestino. Ma chi era… cosa faceva prima di aprire questa storica locanda!
Era figlio di commercianti, già albergatori. Lui ha acquistato quest’immobile già nel 1904, ma prima gestiva una locanda a un centinaio di metri da qua, un luogo dove si ristoravano uomini e cavalli, che probabilmente era già di suo papà: così risulta dalle carte. E poi inizia con la ‘Trattoria dei Cacciatori’ qui, in questo luogo… la gente continuava a chiamarlo ‘Celestino, Celestino…’, così la trattoria cambiò nome e diventò ‘Celestino’. Annessi erano una macelleria e una bottega di commestibili.
Ma chi erano i clienti di allora
Avevamo una clientela, già allora, di signorotti di Torino che venivano qui a mangiare e poi facevano la spesa da portare a casa. Siamo all’incirca verso il 1910. Chi aveva la possibilità di venire con un calesse, un cavallo, poteva arrivare in autonomia; chi non aveva la possibilità, veniva in treno fino alla stazione di Candiolo e lì li spettava Giovanni Battista, figlio di Celestino, che faceva la spola con una mula fino in trattoria. Era una società di benestanti che potevano permettersi di andare a mangiare fuori, fare la spesa e tornare a Torino. Comprare la carne in quei periodi era privilegio di pochi.
Partendo da bisnonno Celestino siamo arrivati a Voi. Ma in mezzo, la guida della Locanda a chi era affidata?
Prima di noi, il nonno e poi mio papà e mia mamma, nipote di Celestino, quindi già donna di quel mondo dell’accoglienza, della cucina. Loro si occupavano della sala, il servizio era diverso, non come adesso, si portava tutto in vassoio, affettati, insalata russa, capricciosa, la gelatina, il carpione. E poi i tajarin, gli agnolotti, per passare ai bolliti, ai brasati, al fritto misto, alla finanziera. Era tutto diverso, non esisteva l’immagine del piatto. Si veniva in trattoria per mangiare.
Vi è capitato di trovare in vecchio cassetto, qualche antico menu sbiadito, lacerato da tempo?
Purtroppo la guerra ha cancellato tutto! È rimasto quasi niente. Restano i ricordi di una vita vissuta attorno a questo luogo. Non è difficile incontrare qualche coppia in età avanzata che ci dice ‘noi ci siamo sposati qua sessant’anni fa!’ o qualcuno che ci manda qualche foto impolverata con un menu che era scritto con i nomi di allora. Sono solo vecchi ricordi che fanno riflettere e ci procurano tanto piacere. Ma la guerra non perdona: ha spazzato via tutto come un colpo di vento furioso. E questo è terribile
A proposito di menu, la vostra cucina su cosa si fonda, principalmente
Bene, partiamo sempre dalle specialità tipiche piemontesi rivisitate. E poi, sulla carta c’è sempre un piatto di pesce, perché i clienti lo richiedono. Ma la cosa essenziale su cui puntiamo è la qualità. Andiamo a cercare i fornitori in modo che possiamo portare in cucina il meglio che esista sul mercato, dal punto di vista della freschezza e dell’affidabilità. Li conosciamo ad uno ad uno e questo per noi è un vanto. Molti prodotti li abbiamo qui da noi, dietro queste case, a chilometro giusto. Non possiamo sbagliare. Le cotture sono come una volta, a parte oggi alcune cotture a Bassa Temperatura, per preservare il sapore e conservare meglio le caratteristiche nutrizionali del prodotto. I risultati sono ottimi e la nostra clientela torna a trovarci. Il nostro menu cambia una volta al mese, in base alla stagione e ai prodotti che ci porta la natura. Alcuni ingredienti come la carne piemontese, invece, la trovate tutto l’anno. Ora, in estate, comincia il tempo dei carpioni, molto apprezzati, e i profumi invadono la nostra cucina
E se devo indicare il vostro piatto principe, allora penso a…
Gli agnolotti che facciamo ancora noi a mano, ad uno ad uno, ma anche la guancia, col ragù alla Salsiccia di Bra; prima ce l’avevamo col ragù di coda, cotto lentamente e poi lo Zabajone, richiestissimo.
Ho visto che ci sono anche delle camere
Si, abbiamo 12 camere per gli ospiti, turisti o per gente che si sposta per lavoro. Normalmente, la sera mangiano nel nostro ristorante le specialità piemontesi.
Chi sono gli avventori, oggi, di Celestino
Ci sono i vecchi clienti storici, ormai avanti negli anni, che hanno tramandato ai figli se non ai nipoti la tradizione del piacere di venire a mangiare da noi. Poi, c’è una gioventù nuova che si è avvicinata alle nostre tradizioni e al nostro stile di cucina, amanti non solo del cibo buono ma anche del buon bere… noi abbiamo in cantina una selezione di vini (110 etichette circa) e di distillati di tutto rispetto che i giovani prediligono.
Vicino a lei c’è Lorenzo, il figlio. Chiedo brevemente la strada percorsa fino a qui da lui e se conserva qualche progetto nella mente
Dopo aver frequentato l’Istituto Alberghiero, ho lavorato per un anno e mezzo in un ristorante di questo territorio e poi ho iniziato nella mia cucina di famiglia, portando qualche idea innovativa, nuovi prodotti, facendo ricerca e mantenendo sempre alto il livello della cucina. La stagionalità deve essere un punto fermo, la freschezza del prodotto deve essere garantita.
Cerchiamo di lavorare sempre al massimo livello qualitativo e di farci conoscere sempre di più. Lavoriamo continuamente impegnandoci nella ricerca di nuove ricette partendo dalle antiche tradizioni, cercando di offrire sempre il meglio.
Lorenzo, papà ha parlato dei vostri agnolotti. Anche per te è il piatto simbolo del locale? E se si, si può rivelare il segreto del vostro ripieno?
Certo è il mio piatto preferito, per i segreti da svelare vorrei che fosse papà a svelare qualche trucco. Io posso solo dire che è il tipo di pasta che utilizziamo in cucina, il tipo di frumento che ci permette una ‘stesatura’ perfetta… passo i segreti a mio padre, se vuole svelarli…
Risponde papà…… “alla lavorazione partecipiamo in tre: Lorenzo lavora la pasta, io mi occupo del ripieno, mia moglie ha l’abilità di spaziarli perfettamente. Non vi potrò dire le quantità, quelle restano un segreto di famiglia, posso soltanto elencare gli ingredienti che utilizziamo.
Partiamo dalla carne di maiale, carne di vitello, salame cotto di maiale, il migliore secondo noi sulla piazza piemontese, cavolo verza, riso, delle cipolle, aglio, rosmarino e della cervella al burro. Poi aggiungiamo Grana Padano e uova.
Per la pasta Lorenzo ci dice che utilizza “Farina 00, farina di semola, tuorli ma anche uova intere, un pizzico di sale e un filo d’olio. Per il taglio singolo dell’agnolotto circolare ci vuole la mano della mamma che completa l’opera separandoli ad uno ad uno”.
Signori, l’Agnolotto di Celestino è servito! Di agnolotti ne ho assaggiato tanti in vita mia, in tutte le salse, ma così ‘particolare’ mai. Complimenti a questa bella famiglia di ristoratori. Tornerò.
Hotel Ristorante Celestino| Corso Italia, 10 | Piobesi Torinese (Torino) – Tel: +39 011 9650343|011 9657034| www.hotelristorantecelestino.it| info@hotelristorantecelestino.it