Castello del Terriccio rappresenta una delle maggiori proprietà agricole di Toscana: circa 1.500 ettari complessivi estesi lungo il limite settentrionale della Maremma Toscana; di questi più di 800 sono di bosco e macchia mediterranea, 400 a seminativo, 200 di pascolo, 60 sono di vigneti e 40 di uliveti.
Il borgo storico e i suoi casali
All’interno della proprietà vi è un piccolo borgo in cui fino agli anni ’70 vivevano circa 60 famiglie di mezzadri, per un totale di 500 persone.
Per accedervi è necessario percorrere un viale alberato di quattro chilometri, che riporta indietro nel tempo a quando il Terriccio era un piccolo mondo completamente autosufficiente, in cui ogni luogo aveva una destinazione finalizzata alla comunità che abitava e lavorava a vario titolo nella Tenuta: era presente la scuola, il circolo ricreativo, la fornace, il mulino, il forno, la falegnameria e la chiesa, che c’è ancora e dove continua ad essere officiata la messa aperta a tutti gli abitanti dei dintorni.
Oltre al borgo storico ci sono i tanti casali in pietra diffusi in tutta la Tenuta, i resti di cave e miniere, alcune delle quali risalenti agli Etruschi e naturalmente le vestigia dell’antico Castello da cui la Tenuta prende il nome.
La Marrana è la guest house della Tenuta: un’elegante villa di campagna nata dal recupero dell’antica scuderia, nata per offrire la possibilità di soggiornare all’interno del territorio unico e rigenerante in cui nascono i vini del Terriccio e poterli così apprezzare al meglio. E’ composta da sette camere doppie con bagno en suite, due delle quali con un grande terrazzo dalla vista mozzafiato; l’ampia zona giorno con camino, una cucina professionale, il patio con giardino e piscina. Il tutto in una posizione dominante che permette di godere di splendidi tramonti sul mare e sulle isole dell’arcipelago toscano.
Terraforte è invece il ristorante della Tenuta, nato in collaborazione con il famoso chef toscano Cristiano Tomei; un luogo di ricerca nel solco della tradizione gastronomica regionale, che porta nel nome l’importanza del legame con la terra, il territorio, la Tenuta.
La struttura è frutto del recupero dell’antico edificio un tempo adibito a falegnameria posto all’interno del vecchio borgo ed è caratterizzata da un’atmosfera calda e contemporanea. Presenta un’ampia parte interna suddivisa in due ambienti: oltre alla sala ristorante vi è un accogliente spazio degustazione aperto sulla grande terrazza panoramica sovrastante la cantina, con splendida vista sulla Tenuta, i vigneti, il Mar Tirreno e le sue isole.
Il menù studiato dallo chef Cristiano Tomei è basato sulla stagionalità e sull’autenticità dei prodotti toscani, molti dei quali provenienti dall’azienda stessa, come le numerose erbe spontanee e i prodotti coltivati nell’Orto dei Monaci a pochi passi dal ristorante.
Terraforte, così come La Marrana, sono infatti tasselli di un progetto più ampio che prevede un progressivo intervento di recupero e salvaguardia del borgo e dei suoi casali. L’obiettivo della proprietà è infatti quello di preservare gli aspetti storici e tradizionali della Tenuta valorizzando la possibilità di renderla maggiormente fruibile agli appassionati di enogastronomia nella convinzione che degustare i vini immersi nello splendido contesto in cui nascono sia un’esperienza unica e ineguagliabile per poterli apprezzare appieno.
Il Terriccio è qualcosa di raro e per certi aspetti fuori dal tempo, la sua estensione fa si che al suo interno vi siano tanti paesaggi, terreni, flora e fauna sempre differenti, tante piccole storie, tante realtà. Si passa dalla pianura alla collina ai boschi impenetrabili in cui non è raro imbattersi in caprioli, cinghiali, fagiani, lepri, istrici. I molti torrenti e il lago che li raccoglie, assicurano l’acqua alla flora e alla abbondante fauna selvatica.
La Tenuta offre panorami di grande bellezza: ai vigneti si alternano boschi di cerri, querce, lecci, eucalipti e la macchia mediterranea che colora e profuma il paesaggio. Oltre la macchia ancora prati, casali, distese erbose digradanti fino al mare che limita la costa maremmana tra Castiglioncello e Bibbona. Dalla proprietà si vedono nei giorni limpidi quattro isole dell’arcipelago toscano: Gorgona, Capraia ed Elba, oltre alla Corsica. Al tramonto il suggestivo spettacolo del sole infuocato che sparisce nel Tirreno, lo stesso che hanno visto gli Etruschi antichi abitanti di questa parte della Toscana, è stato ispiratore del celebre astro rosso a otto raggi che sigilla le etichette della Tenuta.
La fortunata combinazione tra suolo, aria e luce, così come la vicinanza del mare, rendono unico questo microcosmo dove si integrano con equilibrio la natura e l’intervento dell’uomo che con lungimiranza ha saputo salvaguardare nel tempo l’unità e la biodiversità di questa ampia porzione di territorio, incastonando perfettamente la messa a dimora dei vigneti accanto alla vegetazione spontanea e a coltivazioni di altro genere.
La storia di Castello del Terriccio
In questo territorio collinare la viticoltura risale ai tempi degli Etruschi, che tra l’800 e il 500 a.C. dominavano questo tratto di Toscana dediti soprattutto all’estrazione mineraria, ma è al Medioevo che ci riportano le vestigia del castello di Doglia, detto del Terriccio. Strategicamente posizionato in cima alle colline, esso aveva funzione di torre di segnalazione e protezione per gli abitanti delle pianure che all’avvistamento delle vele saracene vi accorrevano per trovarvi rifugio.
Castello del Terriccio ha dunque una storia millenaria. Tra il Duecento e il Trecento, il vescovo di Pisa, nipote di papa Bonifacio VIII, in nome della Chiesa Romana concesse in enfiteusi la Tenuta ai conti Gaetani. Alla fine del Settecento, rimasto senza eredi quel ramo della famiglia Gaetani, il Terriccio fu acquistato dai principi Poniatowski, emigrati dalla Polonia, ai quali la proprietà appartenne fino alla prima metà del ‘900. I Poniatowski trasformarono la realtà fortificata del castello in un’attività agricola: di qui la costruzione della fattoria per organizzare la produzione di grano, olive e uva, la realizzazione della cantina aziendale e degli altri edifici e casali.
La moderna storia del Terriccio inizia più di 100 anni fa, nel 1921, anno in cui la Tenuta viene acquistata dai Marchesi Serafini Ferri, famiglia d’appartenenza dell’attuale proprietario. Con gli importanti interventi di miglioramento fondiario realizzati negli anni venti, i Serafini Ferri portano l’azienda ad una fisionomia molto vicina a quella attuale. Fino agli anni settanta del novecento la Tenuta è ripartita tra una sessantina di famiglie mezzadrili che abitano all’interno del borgo e nei casali del Terriccio ed è tanto famosa per l’attività cerealicola da conquistare il record europeo di produzione del granturco in secondo raccolto.
E’ a Gian Annibale Rossi di Medelana (1941-2019), che Castello del Terriccio deve la notorietà e l’importanza di cui gode attualmente nel mondo come azienda vinicola vocata alla produzione di vini di altissima qualità. Dopo aver ereditato l’azienda nel 1975 egli decide di rifondarla, consacrandola a luogo di ricerca dell’eccellenza nei vigneti e nei vini nel rispetto dell’antico carattere, riuscendo a salvaguardare un patrimonio territoriale e paesaggistico di grande estensione e straordinaria bellezza.
Alle fine del 2019 la proprietà passa a Vittorio Piozzo di Rosignano Rossi di Medelana, unico nipote del cavalier Gian Annibale. Anch’egli discendente da nobili famiglie con ampi possedimenti terrieri nel Paese che risalgono ai secoli passati, Vittorio Piozzo lascia alle spalle i suoi trascorsi in finanza per dedicarsi alla gestione delle attività agricole di famiglia e alla conduzione in prima persona di Castello del Terriccio.
I vigneti
La coltivazione della vite in queste terre risale all’epoca etrusca. Alla fine degli anni ottanta del secolo scorso s’inaugura la nuova fase di viticoltura con l’intento di esplorare sino in fondo le potenzialità del territorio e la sua effettiva vocazione.
La grande estensione della proprietà ha consentito in fase di impianto dei vigneti di scegliere a macchia di leopardo i terreni più vocati per caratteristiche del suolo, punto di rugiada, esposizione alle brezze marine e alla luce solare. I 60 ettari complessivamente destinati a vigneto sono posizionati in modo che il mare faccia da specchio e quindi la luce vi arrivi di riflesso, con una durata più prolungata rispetto a quella diretta del sole. I terreni sono quelli in cui gli elementi minerali, tra cui ferro e rame, si mescolano alla tessitura di medio impasto con una equilibrata interazione di sabbie, limo e argilla.
La scelta delle varietà da portare al Terriccio è stata particolarmente scrupolosa, compiuta con una accurata selezione di ceppi internazionali e quindi diversi dal Sangiovese e dalle uve bianche tradizionali fino ad allora coltivate, intravedendo la possibilità di raggiungere con nuovi vitigni risultati importanti e allo stesso tempo in grado di mantenersi costanti sui più alti livelli di qualità.
Dopo il Sauvignon Blanc introdotto nel 1989, sono subito seguite le uve a bacca rossa: il Cabernet Franc, il Cabernet Sauvignon e il Merlot, che hanno trovato una particolare espressione nei territori della proprietà.
Il percorso di ricerca è continuato nei primi anni novanta quando è stato introdotto il Syrah, Viognier e successivamente il Petit Verdot, impiegati per sperimentazioni in vigna al fine di ampliare la piattaforma ampelografica e utilizzati in micro-vinificazioni in cantina per verificare la capacità d’ambientamento e di espressione.
I vigneti sono allevati a cordone speronato per le uve a bacca rossa e a guyot per le uve a bacca bianca. A tutela delle risorse idriche superficiali e profonde, a contrasto dell’erosione e per la salvaguardia della biodiversità, viene mantenuto l’inerbimento a filari intercalari, con semine autunnali sovesciate. Le densità di produzione adottate nei nuovi impianti sono pari a circa 6.250 ceppi per ettaro.
L’obiettivo perseguito su tutti i vitigni dall’enologo Carlo Ferrini sin dai primissimi anni novanta, è consistito subito nell’abbattimento della produzione, portata a 900 grammi di uva per pianta. In questo modo si è potuto ottenere una naturale ricchezza e concentrazione dei vini, con una carica polifenolica importante e una grande struttura accompagnata allo stesso tempo da una particolare sofficità, e con una notevole capacità di invecchiamento.
I nuovi vitigni si sono dimostrati subito capaci di esaltare incredibilmente il carattere dei vini e di trasmettere loro tutto il calore, la luminosità e la ricchezza di questo tratto particolare della costa toscana.
La vinificazione
La cantina, il cui impianto risale all’Ottocento, ha mantenuto nel tempo la struttura originaria, con il soffitto a volte e i mattoni a vista, nel rispetto di uno stile aziendale che considera l’integrazione con l’ambiente, la storia e la tradizione una regola essenziale e un tratto distintivo. Non si rinuncia però alla efficienza e alla funzionalità dei moderni locali e attrezzature della nuova cantina dove i serbatoi in acciaio, in cemento, i Tonneaux e le Barriques in rovere di Allier, hanno da tempo sostituito le vecchie botti in rovere di Slavonia.
Le tecniche di vinificazione adottate per tutti i vini sono semplici e prevedono il massimo rispetto delle caratteristiche originarie delle uve e dello speciale accento conferito loro dal territorio in cui nascono. La vinificazione avviene separatamente e con tempi variabili in relazione alle singole varietà, parcelle e annate. Senza alcuna chiarifica, queste sono poi poste in Tonneaux di Allier nuove per la produzione dei vini Gian Annibale, Lupicaia e Castello del Terriccio che vengono successivamente riutilizzate per Tassinaia.
I vini rimangono in legno per un periodo medio di 22 mesi per i primi tre vini e di 16 mesi per l’ultimo, prima che venga effettuato l’assemblaggio. Ad ogni vino è dato tutto il tempo necessario per affinarsi ed esprimersi compiutamente lasciando ampi spazi di evoluzione e di miglioramento. Dopo l’imbottigliamento tutti i rossi riposano per diversi mesi per un ulteriore affinamento.
La filosofia aziendale
Da sempre la filosofia produttiva di Castello del Terriccio è quella di produrre vini di alta qualità contenendo al meglio l’impatto ambientale delle colture. La cura continua e costante adottata nel mantenimento dei circa 800 ettari di bosco e macchia mediterranea presenti all’interno della Tenuta rappresentano il miglior esempio di una gestione del territorio particolarmente rispettosa della biodiversità e consapevole dell’impatto positivo che questa produce sull’ambiente e sulla qualità dei vini, oltre che su tutti gli altri prodotti agricoli dell’azienda.
Coerentemente con questa visione al Terriccio vengono adottate pratiche agronomiche sempre più orientate alla salvaguardia della natura e del territorio circostante. Da oltre trent’anni è in corso la collaborazione con un prestigioso vivaio francese con il quale sin dall’inizio sono stati analizzati tutti i terroir aziendali presenti nella Tenuta, riuscendo a impiantare i vigneti a macchia di leopardo precisamente negli appezzamenti più vocati per ciascun clone di vitigno.
In vigna, l’azienda ha adottato un metodo di potatura che consente di assecondare il naturale sviluppo dei germogli della vite, riducendo al minimo le problematiche di virosi della pianta e di conseguenza le necessità di intervento con prodotti chimici.
Le produzioni seguono il disciplinare della lotta integrata, strategia che consente di ridurre l’utilizzo degli agrofarmaci utilizzando tutti i metodi e le tecniche disponibili nel rispetto dell’ambiente e della salute dell’uomo.
Vengono effettuate pratiche agronomiche come la trinciatura in loco dei residui di potatura per il recupero di sostanza organica. Per evitare la compattazione del suolo, i vigneti sono lavorati a file intercalari con semina alternata di piante leguminose e conseguente sovescio delle stesse in primavera; ciò consente di evitare l’erosione del suolo nel periodo invernale e garantisce l’apporto necessario di azoto alle piante stesse per la ripresa vegetativa. Le risorse idriche impiegate provengono da sorgenti naturali, pozzi e laghi alimentati dalle precipitazioni metereologiche.
Si effettuano diserbi meccanici per il controllo degli infestanti e per l’equilibrio fisiologico delle viti utilizzando concimi a matrice organica e letame naturale anche proveniente dagli allevamenti aziendali di bovini. Infatti l’allevamento è composto da due mandrie con complessivamente circa 70 fattrici di razza Limousine, iscritte a libro genealogico, con animali che vivono completamente liberi pascolando sui circa 200 ettari recintati dedicati a loro con la sola integrazione di fieno proveniente dai terreni adiacenti, sempre di proprietà.
La logistica delle cantine e della barriccaia consente che i travasi delle masse di vino possano avvenire per “gravità” riducendo sensibilmente il consumo di energia.
I vini del Terriccio
I vini del Terriccio sono figli di un territorio unico che li caratterizza fortemente: il suolo ricco di terra rossa, rame e ferro, la macchia mediterranea, gli eucalipti, la vicinanza del mare, l’irradiazione della luce che riflessa sullo specchio marino raggiunge dolcemente i vigneti… La combinazione di tutti questi straordinari elementi ha fin dall’inizio forgiato la straodinaria personalità dei vini del Terriccio e stabilito le condizioni del loro successo internazionale.
Abbiamo il Gian Annibale IGT Rosso Toscana, l’ultimo nato tra i rossi, prodotto in un limitatissimo numero di bottiglie e solo nelle migliori annate; il Lupicaia IGT Rosso Toscana, pluri premiato dalla critica enologica nazionale e internazionale come uno dei più grandi vini italiani; Castello del Terriccio IGT Rosso Toscana; Tassinaia IGT Rosso Toscana e Con Vento IGT Bianco Toscana, l’unico bianco della Tenuta, ottenuto da uve Viognier e Sauvignon Blanc.
L’olio
Dalle 8.000 piante delle pregiate varietà Frantoio, Leccino, Moraiolo, Maurino, Rosciola – queste ultime rare nella zona – distribuite su circa 40 ettari e condotte con sistemi di agricoltura sostenibile, si ottengono olive di altissima qualità.
Le olive, una volta raccolte, sono immediatamente trasportate al frantoio della Tenuta, dotato di un impianto per la spremitura a freddo a ciclo continuo e molite entro un massimo di 24 ore, evitando rischiosi intervalli tra raccolta e frangitura e garantendo così il mantenimento di tutte le caratteristiche organolettiche del frutto.
Successivamente l’olio è lasciato decantare in maniera del tutto naturale. Quindi riposa tranquillo all’asciutto, al buio, al riparo da escursioni termiche e da rumori, in contenitori di acciaio che hanno preso il posto dei vecchi e fascinosi coppi, grandi recipienti in terracotta utilizzati nei secoli scorsi e tuttora presenti in azienda a testimonianza dell’antico mestiere.