Alla scoperta di Cascina Faletta, tra cucina, vino, ospitalità e musica. “Durante la fermentazione, in quelle due, tre settimane, faccio ascoltare la musica al vino, prevalentemente classica o colonne sonore cinematografiche di direttori d’orchestra tipo John Williams o Ennio Morricone. Piace a me, ma piace anche al vino”, sottolinea Lorenzo Rosso.
Frank Sinatra con Thanks for the memory diffonde una musica sublime appena ho varcato la soglia di questa storica Cascina sulle verdi colline intorno a Casale Monferrato (Alessandria).
E le note di Thanks for the memory mi accompagnano in questa visita, sulle splendide alture monferrine, di questa meravigliosa Cascina ottocentesca. Grazie per il ricordo di una location meravigliosa, di una cucina che lascia il segno, fatta di passione e di tradizione locale, di una cantina antica e organizzata che racconta… di quei vini che ascoltano la musica e ballano nel silenzio di una campagna da amare.
“Grazie per il ricordo, Lorenzo”, è quanto mi sento di dire appena lascio questo luogo del cuore, che narra storie misteriose di Marchesi e Partigiani, che vive un felice presente e guarda al futuro con ottimismo e nuovi progetti.
Un po’ di storia
Lorenzo è il giovane figlio di Elena Novarino e Giovanni Rosso, attuali proprietari della Cascina, che mi accoglie con garbo ed estrema simpatia. È lui che conduce la visita e la narrazione, la degustazione dei vini.
Sulla targa in ceramica, originale, del portale d’ingresso è riportata una data, 1881. Probabilmente è l’anno in cui viene costruita Cascina Faletta. Da una ricostruzione storica, si sa che la fondatrice sia stata la Marchesa Virginia Quartaro, prima proprietaria, “a cui è stata dedicata una bollicina”, spiega Lorenzo. Della Marchesa si può dire che aveva sposato un armatore di Genova, tal Rubattino, ed entrambi erano stati tra i finanziatori della Spedizione dei Mille di Garibaldi. Un personaggio importante.
Durante la Prima Guerra Mondiale, non ci sono ancora ettari vitati, tutto frutteto. Oggi, qui attorno ci sono otto ettari di cui sei a vigneto (vitigni internazionali) e due a frutteto. Anticamente, esisteva anche una stalla con il bestiame e si entrava con i cavalli. “A pochissimi chilometri da qui abbiamo una vigna molto vecchia, ereditata dalla nonna, destinata a Barbera e Grignolino”, afferma Lorenzo.
E continuando il racconto prosegue “Il primo produttore vitivinicolo arriva qui a metà Anni ’50, testimoniato dal fatto che abbiamo trovato un documento che premia la Cascina come Produttore d’Eccellenza di Barbera, data 1957”. Era l’epoca del vino sfuso.
“Ma torniamo alla fine degli Anni Sessanta. A Casale nasce il polo del freddo: vengono costruite Celle Frigo, grazie allo studio dei frigoriferi lasciati dai soldati americani dopo l’ultima guerra. Mio nonno fondò un’azienda legata alla refrigerazione, tutt’ora esistente, dove oggi lavora mio padre. Ma esisteva la voglia di tornare alle origini, al lavoro dei bisnonni. Viene comprata questa cascina abbandonata e recuperata. Siamo nel 2009. I lavori di ristrutturazione terminano nel 2014 quando vengono inaugurati il Ristorante, la Cantina e la parte Ospitalità”, riferisce, ancora, Lorenzo.
Una nuova veste incredibilmente accattivante e piena di fascino antico e attuale, nello stesso tempo, con accorgimenti tecnologici di ultima generazione (la domotica è diffusa). Atmosfera elegante e allo stesso tempo friendly. Qui si sta bene!.
Ora è il momento di parlare di Vino. Lorenzo ci tiene, però, a spiegare, innanzitutto, l’etichetta: nel Logo della Cascina ecco Tre fucili incrociati e un giornale, L’Uomo Qualunque, il settimanale satirico-politico, fondato nel 1944, anticomunista, dal linguaggio colorito e popolaresco. “C’è un perché: al piano di sopra, al tempo della ristrutturazione, in una stanza murata, nascosta, troviamo tre fucili della Seconda Guerra Mondiale, munizioni, uniformi, elmetti. Probabilmente il luogo era abitato da soldati Partigiani che per sfuggire ai tedeschi si erano nascosti là, aspettando di fuggire. Abbiamo, quindi, voluto immortalare in etichetta questa pagina di storia di Resistenza”.
Thanks for the memory, Lorenzo!. Stai raccontando una bella pagina di storia.
La cantina
A questo punto, si scende in cantina. Una forma ovale, atipica, molto ampia, finemente ristrutturata, con Pietra da Cantoni locale, una marna che evoca l’antico mare del Monferrato, mattoni e luci diffuse per ottenere effetti speciali sulle vasche in acciaio e sulle botti di rovere che affinano i rossi, “in quanto, per la vinificazione dei rossi, vogliamo tenere più contatto possibile tra mosto e buccia. Se voglio un vino più fruttato, più fresco, con maggiore acidità, andrò in acciaio; se, invece voglio vini più complessi, con maggiore struttura e altri sentori, allora sceglierò il legno, che può essere tonneau, botte grande o barrique”, puntualizza Lorenzo.
“Durante la fermentazione, in quelle due, tre settimane, faccio ascoltare la musica al vino, prevalentemente classica o colonne sonore cinematografiche di direttori d’orchestra tipo John Williams o Ennio Morricone. Piace a me ma piace anche al vino. Ma un’altra chicca della cantina è un infernot vecchio come l’antica cascina (1881) dove vengono conservate le annate importanti. Una memoria storica.
La degustazione dei vini
E arriva il momento di degustare alcuni vini, in abbinamento a un’interessante rassegna di formaggi e salumi. Lo chef Paolo Viviani presenta un formaggio alla birra, da provare, dal gusto molto particolare ed equilibrato; uno alle vinacce, legato al territorio e alla cantina; la Robiola di Roccaverano ai due latti; un caprino nel fieno, dal sapore muschiato e forti note erbacee; la toma di Fiandino, un borgo del territorio. I salumi sono esclusivamente locali: uno crudo stagionato; la classica muletta monferrina; il salame cotto sia caldo che freddo; un salame a pasta grossa, di produzione casalese.
Prima di parlare dei vini in abbinamento, Lorenzo si sofferma sulla musica da ascoltare in degustazione: la scelta ricade su Evolution, musical dance video di Ludovico Einaudi, ispirato alla citazione “proprio quando il bruco pensava che il mondo fosse finito, è diventato una farfalla“. Un’evoluzione che ben si presta per i due Chardonnay in degustazione: il Primo Bianco e il Myricæ. “Una crescita dall’acciaio al legno, avvolgente, molto introspettiva non da socialità”, sussurra Lorenzo.
Quelle note di violino entrano nel calice, ma anche nelle vene. Un momento emozionante, quasi commovente. È la magia del vino!
Thanks for the memory!
Ecco i due Chardonnay:
Primo Bianco – 100% Chardonnay: Vinificazione e affinamento in acciaio. All’olfatto delicati aromi di fiori bianchi e pesca, in bocca si presenta fresco, pieno, sapido e di intensa mineralità. Espressione del territorio.
Myricæ – Le uve sono quelle provenienti dall’antico vigneto della Tenuta. Inizio della fermentazione in acciaio e fine fermentazione in legno. L’affinamento in botte di rovere consegna un vino suntuoso, intimamente connesso alla polpa del frutto. Bouquet ampio. Sentori di burro, di crema, di nocciola. In bocca si presenta pieno e maturo, in equilibrio tra freschezza e morbidezza.
Il pensiero va al Poeta, a Giovanni Pascoli e alla sua Raccolta di poesie, Myricæ appunto, dove il Poeta canta temi familiari e campestri, le piccole cose di tutti i giorni, gli affetti più intimi.
La degustazione continua…
Marchesa Virginia – Spumante Rosato Metodo Classico – 100% Pinot noir – 24 mesi sui lieviti: fresco, pungente, sentori di piccolo frutto
Incontro – Spumante Brut Metodo Martinotti: Al naso frutta esotica, fragranze erbacee, gradevoli note floreali. In bocca fresco e sapido, con una bollicina cremosa. Sapido e amarognolo al tempo stesso.
3 Fucili – Pinot Nero – Affinamento in botte grande. Al naso sentori marcati di mirtillo, lavanda e pepe bianco con delicate note floreali. Inizialmente complesso e intenso, con un finale elegante e delicato. Al palato ha un sapore deciso con tannini equilibrati e buona persistenza.
È l’ora del pranzo e lo chef Paolo Viviani, origini vicentine, che opera a vista nella sua cucina, ha già trasformato le ottime materie prime del territorio in gustosi piatti, tutti da assaggiare. “Lavoro in un ambiente familiare che mi vuole bene, c’è un grande rapporto tra tutti e sono messo nelle condizioni per dare il meglio di me stesso in cucina. Io cerco di omaggiare il territorio e ho un grande rispetto verso questa gente”, confessa Paolo.
La cucina
Lorenzo lancia subito una sfida: mettere a confronto Grignolino e Pinot Nero su un piatto molto semplice della tradizione veneta: Baccalà mantecato con salsa alle barbabietole e cialde. “Un piatto che mi son portato dietro dalla mia terra”, racconta Paolo. Risultato: entrambi i vitigni sono molto simili, di grande naso e di corpo più delicato, abbinabili ad un piatto di pesce. La spunta il Grignolino del Monferrato Casalese: abbinamento perfetto, “un’armonia tonda”, la definisce Lorenzo.
E ora davanti ad un Risotto ai fiori di primavera, dall’immagine cromatica gradevolissima, cotto alla perfezione e dal sapore avvolgente, il contest tra i vini passa attraverso La Braja, una Barbera 2020, vinificata e affinata in acciaio, e La Pignola, una Barbera 2019, vinificata in acciaio e affinata in tonneau di rovere (il nome nasce da un curioso battibecco con una ristoratrice concorrente, in una puntata del programma I 4 Ristoranti di Alessandro Borghese, alla quale Cascina Faletta aveva partecipato). La Braja, di facile beva, fresco in bocca, presenta grande mineralità; esprime buona acidità che le permette di abbinarsi bene a piatti anche più succulenti. Nella Pignola l’acidità si smorza, rimane la morbidezza. Vengono fuori i profumi terziari, dal cioccolato al tabacco, al pepe. Vince l’acciaio.
Qui, alla cucina si dà molta importanza. I piatti proposti sono frutto di studio e di ricerca sul territorio locale e regionale. Partono da un’idea di tradizione ma vengono reinterpretati mirabilmente, nella preparazione, nelle geometrie e nella presentazione.
Un particolare da non sottovalutare: durante il pranzo, siamo stati accompagnati da un sottofondo per pianoforte e orchestra di grande suggestione: la “Rapsodia su un tema di Paganini”, di Sergej Rachmaninov. Una della composizioni più eseguite dal compositore russo. Un momento di riflessione.
In Cascina i dettagli contano, il benessere è assicurato. Disponibile, nella bella stagione, anche una piscina affacciata sulle colline e un déhor fatto di discrezione e raffinatezza.
E, a proposito di raffinatezza, saliamo al piano di sopra per visitare alcune camere destinate all’Ospitalità.
L’Ospitalità
Quando arrivi sù, vieni colpito dalla cura degli ambienti e dalla vista splendida che ti è riservata. L’arredamento, fin dove è stato possibile, risale all’epoca, così come i pavimenti, le travi in legno, le decorazioni a muro e gli stucchi. Sono 8 camere e 2 appartamenti dotati di ogni confort. Una è intitolata a “L’Uomo Qualunque”. Una dimora di charme che racconta benissimo tutto il suo passato e che ti fa venire voglia di restarci.
Si, in questo Paradiso di colline, di silenzi, di sentieri e di filari, di profumo di vino e di cucina, di racconti e di scoperte, in compagnia del profumo di campagna, … e di questa musica che ti abbraccia in ogni istante.
Quando il portone si chiude, dietro di me, dopo aver salutato e ringraziato doverosamente Lorenzo, eccellente padrone di casa, non mi resta che ripetergli… “Thanks for the memory!!!”. E vado via felice.
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Cascina Faletta
Regione Mandoletta, 81
Tel. +39 0142 670068 – info@faletta.it
Casale Monferrato (Alessandria)