A ridosso dello spartiacque appenninico tra le province di Prato e Bologna c’è Vernio, paese di poco più di seimila abitanti sul fiume Bisenzio.
La località è di origine romana, come il nome del paese, che deriva da “castra hiberna”, che indica il luogo degli accampamenti invernali presso cui le milizie imperiali erano use trascorrere l’inverno prima di partire per la Gallia Cisalpina.
In epoca medioevale il borgo ha subito scorribande e saccheggi da eserciti stranieri, a partire dai longobardi, che favorirono il popolamento della vallata e l’allevamento e pastorizia, lo sfruttamento delle risorse del bosco e in particolare le castagne, produzione rimasta ancora oggi legata alla tradizione della zona.
Furono proprio i Cadolingi, feudatari longobardi, ad edificare la Rocca e le altre torri di avvistamento lungo la vallata del Bisenzio; Vernio diventò poi una contea che passò in eredità da una casata all’altra fin quando a fine settecento finì sotto il Granducato di Toscana e successivamente al Regno d’Italia.
A cavallo del millennio il territorio circostante si arricchì di numerosi pievi e conventi i quali, oltre all’azione religiosa e all’assistenza a pellegrini e viandanti, ebbero un ruolo propulsivo sull’economia della zona, attorno ai quali sorsero piccoli borghi e comuni rurali.
Il territorio è stato zona di brigantaggio e contrabbando, trovandosi proprio al confine dei territori fiorentini con lo Stato Pontificio; rimane nella memoria una grande carestia all’inizio del cinquecento, quando, in seguito al passaggio delle truppe spagnole, la popolazione rimase praticamente senza nulla, tanto che i conti Bardi, allora al potere a Vernio, distribuirono alla popolazione stremata dalla fame farina di castagne, stoccafisso, baccalà e aringhe affumicate.
A ricordo di quel periodo ogni anno il borgo celebra la costituzione della “Società della Miseria” con un’opulenta manifestazione di rievocazione storica.
Nella zona sorsero successivamente anche le prime attività industriali del feudo, come mulini idraulici e gualchiere e nell’800 degli stabilimenti tessili tra cui la fabbrica Meucci oggi destinata a museo e centro conferenze.
Tra le vestigia del passato, a Vernio c’è l’antichissima Rocca, probabilmente una fortificazione risalente addirittura ai conti Cadolingi, nei secoli successivi assalita, espugnata e manomessa da vai condottieri al soldo dei vari potenti dell’epoca.
Attualmente di questa struttura fortificata non restano che le tracce, anche se si continuano ad indicare come Rocca il Palazzo Comitale ed il gruppo di case circostanti, all’interno del castello, con le cucine, sale decorate, i resti delle prigioni e tracce di camminamenti di guardia.
Vi si accede attraverso un grande arco tardo quattrocentesco attraversato il quale si nota sulla sinistra la cinquecentesca cappella di Sant’Agata, notevolmente trasformata un paio di secoli dopo.
Diversi gli edifici religiosi presenti a Vernio e nelle frazioni del territorio, come la chiesa di San Pietro a Cavarzano, la Pieve di San Bartolomeo a Costozze, quella di San Martino a Luciana, il Santuario di Sant’Antonio Maria Pucci, patrono dell’intera Val Bisenzio, la millenaria pieve dei santi Ippolito e Cassiano, costruita nella tipica “pietra bigia” di colore grigio-ocra.
Notevoli anche la Badia di Santa Maria a Montepiano, dell’XI secolo, quando era affidato ai monaci vallombrosani, il settecentesco Oratorio del Santissimo Sacramento, che ospita la Biblioteca Popolare Francesco Petrarca e il seicentesco Palazzo comunale, fatto costruire dai conti Bardi.
Nell’oratorio del Casone di Bardi c’è un antichissimo grande organo di fine ‘600, recentemente restaurato, utilizzato per rassegne concertistiche, incisioni discografiche e manifestazioni artistiche
Vernio è conosciuta per essere la città degli “Zuccherini”, un dolce all’anice tipico dell’Alta Valle del Bisenzio, un tempo preparato soprattutto in occasione dei matrimoni, ricoperto da zucchero fuso in paioli di rame, per rendere la glassa uniforme.