Poco a nord di Verona, in un territorio collinare delimitato dal fiume Adige, dai monti Lessini e dal monte Pastello, c’è la Valpolicella, una terra ricca di vigneti, oliveti e frutteti piena di antiche e bellissime ville venete.
La Valpolicella è rinomata nel mondo per il suo prodotto di maggior prestigio, il vino Amarone, conosciuto e apprezzato fin dai tempi dell’antica Roma.
Il suo territorio è formato da tre vallate, diverse tra loro sia per le caratteristiche geologiche deli terreni che per il tipo di ambiente e di natura che le caratterizza.
Nella parte settentrionale vi sono gli altopiani dei monti Lessini, con prati e pascoli per il bestiame; quella intermedia è caratterizzate dalle colline e vallette che le uniscono, i cosiddetti “progni”, piene di coltivazioni vinicole e olivicole anche su terrazzamenti artificiali.
La parte più meridionale della Valpolicella, quella di pianura, è invece fortemente antropizzata, con una disordinata presenza di edifici civili e industriali sorti nella seconda metà del secolo scorso, alternati alle diffuse coltivazioni a frutteti, ortaggi e vigneti.
Pillole di storia
Abitata fin dalla preistoria, il territorio si trova in una posizione favorevole che ha costituito nei secoli un’importante via di comunicazione tra la pianura Padana e le Alpi; tracce di insediamenti del neolitico, dell’età del bronzo e del ferro sono state rinvenute in diverse campagne di scavi archeologici.
Etruschi e romani sono stati due popoli che hanno successivamente colonizzato la zona, lasciando ai posteri numerose suppellettili custodite nei musei del capoluogo e in quello della Pieve di San Giorgio in Valpolicella, oltre ai resti dell’acquedotto romano ritrovato presso Parona e della villa patrizia nei pressi di Negrar.
In epoca medioevale il territorio si salvò dalla generale devastazione di altri luoghi, se così si può dire, grazie al suo vino, universalmente conosciuto ed apprezzato anche allora; durante l’epoca longobarda anche la Valpolicella venne infeudata e vi vennero costruiti diversi castelli, monasteri e pievi campestri, come quella di San Giorgio e quella di San Floriano, alle quali si aggiungeranno successivamente quelle Negrar e Arbizzano.
Nei secoli successivi, dopo le dominazioni degli Scaligeri e dei Visconti, la Valpolicella finì tra i territori della Repubblica di Venezia che, assegnandole diversi privilegi e autonomia, ne determinò un notevole sviluppo economico che si arresterà dopo la metà del ‘500 e nel 1630 a causa dell’epidemia di peste che colpì il Nord Italia.
Durante il periodo veneziano vennero edificate nel territorio della Valpolicella un gran numero di signorili ville venete di nobili e benestanti latifondisti veneziani e veronesi, molte delle quali giunte fino a noi e che caratterizzano ancora oggi il territorio.
Dopo gli anni bui della dominazione napoleonica, quando passò sotto l’impero austro-ungarico, la Valpolicella registrò un rinnovamento amministrativo ed economico a partire dal miglioramento delle vie di comunicazione, seguendo poi gli eventi storici che la portarono all’adesione al Regno d’Italia.
Il periodo successivo fu caratterizzato da una pesante crisi economica che causò un’imponente fenomeno migratorio delle famiglie locali verso l’estero alla ricerca di un lavoro, che fu ulteriormente aggravato le viti furono colpite dalla peronospora.
La situazione venne migliorando solamente nel corso del XX secolo, quando in valle vennero migliorati i collegamenti stradali e vennero adottate tecniche agricole e gestionali più moderne.
I comuni della Valpolicella sono Negrar, San Pietro in Cariano, Sant’Ambrogio di Valpolicella, Fumare, Marano di Valpolicella, Pescantina e Sant’Anna d’Alfaedo, che contano in totale poco meno di quarantamila abitanti, il 60% circa dei quali dedito ad attività agricole.
Nella parte montana del territorio sono presenti anche delle “contrade”, ossia zone spesso isolate, formate da un gruppetto di case, che conservano ancora oggi l’aspetto delle antiche abitazioni contadine; queste semplici costruzioni con i muri in pietra ed i tetti in ardesia sono utilizzate sia come abitazioni che come ambienti di lavoro disponendo di una modesta stalla con annesso granaio.
Il patrimonio storico e artistico della zona è caratterizzato prevalentemente dalle sue ville rinascimentali, progettate dai migliori architetti dell’epoca, tra cui anche Andrea Palladio; ben poche le testimonianze risalenti ai periodi precedenti al millennio, mentre diversi sono gli edifici religiosi del periodo altomedioevale, che spesso contengono anche pregevoli opere pittoriche.
Agricoltura, viticoltura e turismo
L’economia agricola di questo territorio ha sempre caratterizzato la vita della gente nella vallata; la produzione vinicola in primo luogo, distribuita in tutta la Valpolicella e quella del marmo, accentrata nelle cave presenti a Sant’Ambrogio e Sant’Anna d’Alfaedo, oltre ad una diffusa presenza di piccole e medie attività industriali, sono oggi il fulcro di un benessere diffuso.
In Valpolicella si scavano la “Pietra di Prun”, il marmo rosso pregiato e il nembro bianco di Selva di Sant’Ambrogio, chiamato anche “bronzino”, la cui produzione è nota fin dall’antichità; molti monumenti di Verona sono stati edificati utilizzano questo marmo, tra cui molto probabilmente la stessa Arena di Verona e molti monumenti in tutt’Italia e all’estero.
La storica vocazione della Valpolicella alla vitivinicoltura ha a portato altresì alla creazione di numerose aziende vinicole e cantine sia a gestione familiare che a livello industriale, famose in tutto il mondo che esportano in tutto il mondo, soprattutto il Valpolicella Doc, il Recioto e l’Amarone.
Peschi e ciliegi sono altre importanti coltivazioni, le cui produzioni prendono da tempo la via dell’esportazione verso i mercati del nord’Europa, così come l’olio extravergine prodotto negli abbondanti oliveti della collina.
Tra i piatti tipici della cucina tipica della Valpolicella c’è sicuramente la polenta, per accompagnare salami, strutto, sanguinaccio o cotechino; altri piatti tipici locali sono il lesso con la “pearà”, una salsa fatta con pane grattugiato, midollo di bue, burro, brodo di carne e abbondante pepe; l’aringa, cui è dedicata anche una Sagra e le lumache.