SECONDA PARTE
Dopo il racconto che ha condotto Barbara a oggi, la cuoca contadina dell’Agriturismo Cà d’Pinot di Asti parla, stavolta, di futuro e apre il cassetto dei sogni. Interviene anche Mario, secondo papà di Barbara e cuoco di tradizione. Sarà un dialogo sorprendente: qui la storia si intreccia con antiche tradizioni ma anche con tanta voglia del domani.
Come è cambiato, secondo te, Barbara, il mondo della ristorazione negli ultimi anni?
“Si, si è cambiato tantissimo. Le nuove generazioni hanno modificato il concetto del cibo, del mangiare. Io, per un po’ di tempo, avevo visto sparire nel mio agriturismo i giovani, in epoca pre-Covid; oggi le mie sale, nel fine settimana, sono piene di giovanotti e signorine, di under 40. C’è più voglia di stare insieme e di condividere piatti semplice, genuini, antichi; di assaggiare la cucina della nonna. Non più le grandi catene del cibo, ma il profumo e il sapore della cucina antica. Qui trovano i sapori autentici. Non è raro sentirsi dire ‘veniamo da voi perché qui ci troviamo come in famiglia’”.
Parlando di ristorazione, di questi tempi dobbiamo inserire nel tema il concetto di ‘tecnologia’ che è entrata in cucina di diritto. Come questo ha influenzato il modo di cucinare?
“Sicuramente le nuove attrezzature al servizio dei cuochi stanno modificando il modo di preparare il cibo. Tempi più veloci, si può procedere molto più in parallelo nella preparazione dei piatti, si va più vicino alle esigenze del cliente. Noi, nella nostra cucina, siamo ancora un po’ più tradizionalisti, non abbiamo neanche il forno a microonde. Preferiamo avere una persona in più tra i fornelli. La filosofia del cuoco contadino significa anche questo. La manualità, da noi, è ancora predominante.
Barbara ci avviamo alla fine di questa chiacchierata – intervista. Voglio parlare della tua cucina del futuro, di come la immagini! Il tuo giudizio, dopo quello che mi hai raccontato, lo immagino interessante.
“Beh, io ho Matteo, mio figlio, che continuerà a portare avanti questo genere di proposta, almeno me lo auguro, legata al passato. È una cucina che sta regalandoci grandi soddisfazioni; le persone che vengono a trovarci, molte volte vengono da lontano, c’è un passaparola pazzesco che ci dà soddisfazioni”
E la cucina in generale, come la vedi in futuro?
“Io sostengo che queste nuove forme di cucina che sono arrivate o stanno arrivando, legate più all’immagine del piatto che al contenuto, non mi piacciono. Tutti questi percorsi del gusto, come sono definiti adesso, che dovrebbero creare emozioni, non credo dureranno a lungo. Le mode sono entrate anche tra i fornelli e io non sono d’accordo. Mi sento cuoco contadino fino in fondo, adoro cucinare i prodotti dell’orto, far sentire i profumi della mia terra, fare apprezzare il territorio e valorizzare il lavoro di piccoli contadini che ancora portano avanti un lavoro di fatica e di sacrifici. Non si può concludere un’esperienza a tavola soltanto con lo scatto di una foto su Instagram. Dobbiamo sentire ancora l’odore piacevole di un cibo, il sapore che si sprigiona affondando la forchetta nel piatto. Sono per l’innovazione ma non per lo stravolgimento. Viviamo in un’Italia del cibo straordinaria, immensa; ogni regione, ogni angolo della nostra Italia, ci regala meraviglie gastronomiche, approfittiamone. È la grande bellezza dell’Italia gastronomica vissuta e portata avanti finora che ci ha condotti fin dove ci troviamo adesso. Tuteliamola… rispettiamo il passato”
Barbara, ora ci puoi dire quali sono i piatti di punta dell’agriturismo, quelli per cui vale il viaggio venire qui!
“Potrei fare un elenco lungo ma dico subito Agnolotti, una tradizione che ci portiamo dietro da sempre, preparati con l’utilizzo della ‘monferrina’ e ripieno fatto a mano: stracotto di vitello certificato, di un allevatore selezionato della zona, lavorato con uova, erbette e parmigiano. La materia prima è selezionata e proviene da un’azienda agricola del nostro territorio astigiano. Ci si sposta nel cuneese solo per i formaggi o il latte. Il vino proviene dalla nostra azienda agricola di Montegrosso d’Asti”.
A questo punto si avvicina Mario, il secondo papà di Barbara, cuoco e padrone dei fornelli assieme a Barbara e a Matteo di Cà d’Pinot: ne approfitto per chiedergli due curiosità.
Parto da una frase di Einstein immortalata su un quadro appeso alla parete di fronte a noi: “Un uomo è vecchio solo quando i rimpianti in lui superano i sogni”. Mario, tu come la pensi?
“Rimpianti nessuno!!! Sogni tantissimi… perché ho sempre avuto nella vita l’obiettivo di migliorare, andare avanti e progredire. È un augurio che faccio a tutti i giovani che non vedono realizzare i loro sogni per colpa di una società che non riesce a progettare il futuro. Sono nato contadino, figlio di contadini, a San Marzanotto d’Asti su quelle colline là, e indosso il grembiule bianco da cuoco da più di cinquant’anni. Ricordo che mio papà qualche domenica si metteva ai fornelli e noi in famiglia tutti contenti, cucinava bene. Lui andava anche al ristorante del prestigioso Hotel Salera di Asti a dare una mano in cucina. Mi ha tramandato la passione per la cucina. Mi piace però curiosare ad assaggiare altri tipi di cucina, per rendermi conto Sono entrato a far parte di questa famiglia quasi 40 anni fa, perché ho sposato Pina, in seconde nozze, la mamma di Barbara”.
Cosa salvi della cucina di una volta?
“Salvo tutto! Sto ancora portando avanti l’antica tradizione con l’odore dell’aglio della Bagna Cauda, il profumo del Fritto Misto, il piatto fumante del Bollito Piemontese, ma anche la Finanziera, su prenotazione. Vorrei anche dirti che ho fatto fino a pochi anni fa il ‘Jambon’, un piatto antico davvero, un prosciutto cotto fatto in casa che si realizzava in occasione delle grandi feste in Casa Savoia, in Casa Cavour, nelle famiglie nobili di un tempo. Un piatto molto elaborato, complicato da realizzarsi. Ricordo mia madre mi mandava da Baldo, la bottega-drogheria del paese per comprare ‘due etti ‘d Jambon’, solo nei momenti della festa. Un pezzo di spalla scotennata, intera, con l’osso, che si metteva a macerare per 72 ore con tutte le verdure e i profumi delle spezie che la campagna, un tempo, metteva a disposizione. Poi iniziava la cottura lentissima (2 ore circa) in un grande pentolone stretto e alto, ma con nuovi profumi. Si dava quindi una spinta alla fiamma e l’osso si staccava dalla carne… era il momento finale prima di essere affettato. Si poteva servire caldo o freddo accompagnato da insalatina. Qui, a Cà d’Pinot l’ho cucinato solo una volta, a Capodanno”.
Grazie Mario, so che devi tornare in cucina perché sono i giorni del “Bagna Cauda Day” e in due giorni avrete il pienone. Torno a dialogare con Barbara, per chiudere l’intervista.
Barbara chi sono i vostri clienti abituali e da dove vengono
“Vista la vicinanza al Casello autostradale di Asti Est, abbiamo molta gente che viene da fuori, dalla Liguria, dalla Lombardia, tanti da Torino. Abbiamo una clientela eterogenea e affezionata: tanti ci conoscono ormai da anni e vengono spesso a trovarci”
Voglio, in conclusione, parlare di sogni. Ti vedo molto attiva mentalmente e mi fai capire che i cassetti dei sogni sono tanti. Aprine qualcuno
“Voglio continuare a fare quello che sto facendo e di migliorarmi ancora. Questo è un mondo che mi piace! Ho ancora tanto spazio davanti a me… non solo allargarmi nella sfera delle conoscenze, della convivialità, dei rapporti umani, ma anche dal punto di vista professionale, come cuoca, perché io dico sempre che non sono ancora arrivata ai livelli delle mie nonne; mi hanno insegnato tanto, ma non sono ancora arrivata a diventare brava come loro. È un sogno ad occhi aperti che accompagna la mia vita e che cerco di trasferire a mio figlio Matteo. Lui è già sulla buona strada: dopo aver frequentato l’Istituto di Istruzione Superiore ‘E. Maggia’ di Stresa, prima scuola alberghiera d’Italia, ha collaborato con lo chef Davide Palluda, al Ristorante ‘All’Enoteca’ di Canale. Poi ha seguito lo chef Enrico Marmo nelle splendide cucine del Ristorante ‘Balzi Rossi’ a Ventimiglia, in Liguria. Anzi, Enrico, quando qualche volta è da queste parti passa da qui per mangiare il Fritto misto di Cà d’Pinot. Matteo è ancora giovane ma ha tanta passione dentro”
E chiudiamo davvero parlando del rapporto tra Coldiretti e Cà d’Pinot
“Il rapporto con Coldiretti è molto bello. Sposo totalmente la loro filosofia, la loro politica,, dal chilometro zero alla creazione dei Villaggi Coldiretti, ai Mercati contadini di Campagna Amica, alla valorizzazione degli agriturismi, ai rapporti aperti col mondo dei media. Un grande merito va a Dominga Cottarelli, presidente nazionale di Terranostra, l’associazione italiana degli agriturismi promossa da Coldiretti, artefice del cambiamento culturale in atto. I contadini devono entrare in città, per creare un filo conduttore importante e strategico tra la campagna e la città”.
Ringrazio Barbara per questo racconto che ha attraversato anni di vita, di sacrifici, di momenti difficili e di sorrisi, di gioie e di sogni. Voglio ringraziare Mario, il secondo papà di Barbara, per tutte quello che mi ha raccontato e per come sostiene la cucina di questo agriturismo, una persona eccezionale; ma anche mamma Pina, una figura spirituale che sembra scesa dal cielo apposta, per dare armonia e amore a tutto quello che sta attorno a questa meraviglia inconsueta. Qui le parole ma anche i fatti vengono dal cuore. E Barbara ne ha tanto!!!. Infine, saluto Matteo, stringo la mano al futuro.
Grazie di cuore!