Ho varcato la soglia di questa trattoria allegra e mi sono sentito subito bene: una bella sala da 35 coperti circa, mattoni a vista, soffitto bianco a volta intersecato in alcuni punti da antiche travi di legno, sedie colorate, qua e là qualche quadro che parla di agricoltura, di campagna e di vicoli dimenticati. interessanti inserti di pietra di fiume tra i mattoni, un pavimento geometrico che ti fa andare indietro nel tempo al secondo dopoguerra, tavoli di legno con runner di cotone bianco in pizzo ricamato.
La mise en place è informale ma molto curata, calice di cristallo per il vino e bicchiere in ceramica colorata per l’acqua, pane in cestino portapane e candela accesa per rendere più calda l’atmosfera. Posaterie in acciaio su poggiaposate.
Luci diffuse al soffitto, atmosfera conviviale e leggero chiacchiericcio che accompagna il tempo piacevolmente. Atmosfera Anni ‘70/80 di trattoria cittadina ma proiettata ai nostri tempi, vivace, gradevole, informale, ma con tocchi architettonici ricercati. Il colpo d’occhio d’insieme è rassicurante.
Incontro al tavolo Claudio Locchiatto, cuoco e maestro di casa, trentaquattrenne calabrese che guida una cucina semplice, vera, onesta. Un ragazzone bel piantato, con un sorriso sempre pronto ed un approccio aperto e disponibile.
Siamo ai margini della Torino della movida di San Salvario e questa di cui vi sto parlando è una trattoria aperta da inizio anno (2024 ndr): “L’Uliveto”. Non è la cucina delle stelle o dei cappelli, ma un’ottima trattoria dove si mangia bene a prezzi contenuti. La provenienza delle materie prime è documentata ed è lo stesso titolare a descriverla.
Claudio mi accoglie col sorriso e con una cassetta di bergamotti che arrivano dalla sua terra di origine. Me ne regala uno, lo porto al naso e mi sembra di sognare… un profumo meraviglioso che si diffonde in questa sala pronta ad ospitare una trentina di persone (stasera il locale ha il tutto esaurito).
Con questo bergamotto in mano, chiedo a Claudio cosa pensa, cosa prova attraverso quel profumo… la mente vola
“Io sono nato e cresciuto in Calabria… quando ho in mano un prodotto della mia terra ripenso alla mia infanzia, ricordo la mia adolescenza. Se da ragazzino non davo importanza ai prodotti del mio territorio, non davo peso alla fortuna che avevo assaggiando certi cibi genuini di campagna, oggi mi sembra di vivere in un bel sogno… un pezzo di Pecorino del Monte Poro mi ricorda la stagione di Capo Vaticano, il bergamotto mi fa pensare al nonno e alle sue mani dentro la terra… il ricordo è una cosa bellissima!”.
Claudio, come puoi definire la tua cucina?
“Posso affermare che c’è una grande ricerca sulle materie prime e inoltre prepariamo i piatti con molta artigianalità. La nostra è una cucina basata sulla semplicità e sul prodotto autentico. Vogliamo offrire ai nostri clienti sapori schietti, distinguibili, poco lavorati. Il menu varia ad ogni stagione, così riusciamo a preparare piatti diversi che si alternano seguendo i ritmi della terra e la maturazione naturale dei prodotti che può offrirci”.
Che tipo di offerta deve aspettarsi chi viene a sedersi al vostro tavolo?
“Mettiamo in menu tre primi, due secondi e i contorni. Un’offerta che ha nei sapori definiti il valore aggiunto. L’impronta è calabrese ma i nostri piatti hanno anche influenze significative di altre regioni italiane. Negli ultimi mesi abbiamo aggiunto nel menu qualche preparazione tipica piemontese come il vitello tonnato e la lingua. Noi, per le cotture di alcuni piatti utilizziamo molto la griglia a carbone o il coccio di terracotta”
A proposito di coccio, mi sembra che tu dalla tua Calabria ti sia portato alcune tradizioni anche di cottura dei cibi. Leggo dal menu “Zuppa di pesce nel coccio”
“Si è vero. Io sono molto legato alle antiche tradizioni, sono cresciuto in una terra dove il cibo locale di ciascun territorio si trova sulle tavole di ogni famiglia, povero se vuoi, ma cibo sano e genuino. Ultimamente stiamo avvicinandoci alla filosofia di Slow Food e sto inserendo nella nostra lista anche prodotti del Presidio come il bergamotto o un olio di rara cultivar. È la vera ricchezza della nostra terra che portiamo sulle nostre tavole”.
Claudio, soffermiamoci un momento sulla Calabria. Questa è una regione straordinaria dal punto di vista geografico, pedoclimatico: monti, mare, laghi, altipiani, pianure offrono coltivazioni di grande valore. Tu, come ti sei formato, dal punto di vista gastronomico, in Calabria?
“Ho frequentato l’Istituto Alberghiero. Devo ammettere che l’informazione gastronomica, se vogliamo la cultura del cibo in Calabria una trentina d’anni addietro era carente. Finita la Scuola Alberghiera ho avuto la fortuna di scoprire un nuovo mondo: ho frequentato l’ALMA, la Scuola Internazionale di Cucina Italiana, presso la Reggia di Colorno in provincia di Parma, sotto il Rettorato di Gualtiero Marchesi, padre della cucina italiana moderna. Un centro di formazione d’eccellenza professionale e culturale; sei mesi di teoria e sei di stage aziendale. Lì ho appreso davvero i concetti base della cucina e i principi della gastronomia. Quello è stato un trampolino di lancio. Da quel momento ho avuto esperienze presso chef stellati, nelle cucine di alberghi importanti, in pizzeria e anche nei villaggi vacanza. Tutto è servito ad accrescere la mia personalità, dal punto di vista umano e professionale. Dopo queste esperienze e i miei vari percorsi lavorativi, eccomi ora a dirigere questa trattoria a cui tengo molto. Di quelle esperienze mi porto dietro tanti saperi e conoscenze indispensabili per chi, come me, ha scelto di fare questo mestiere. Un bel viaggio che spero mi porti lontano”
La Trattoria “L’Uliveto” apre a gennaio 2024: dopo 10 mesi di attività cosa ti senti di affermare?
“Direi che c’è stata un’evoluzione dal punto di vista della proposta gastronomica, si è intensificata l’attività di studio e di ricerca dei prodotti da portare in cucina; alla mia figura di cuoco si sono affiancati altre funzioni, quali l’accoglienza, la cura dei clienti per aumentare sempre più l’indice di soddisfazione; una maggiore offerta del menu. Sono soddisfatto ma voglio ancora migliorare, restando sempre coi piedi per terra”
Restare coi piedi per terra. È il tuo motto!. In questo mondo di chef stellati, di cucine gourmet, come mai hai scelto di restare “coi piedi per terra”, di gestire una trattoria tradizionale, pensando soprattutto che vieni dalla scuola di Gualtiero Marchesi!
“Io sono una persona legata alle tradizioni, in generale, e poi ho pensato che a Torino non esistono più le trattorie d’una volta, dove si mangiava con ingredienti semplici, di provenienza locale, cucinati familiarmente, senza tanti fronzoli e dove i sapori nel piatto sprigionavano contentezza e soddisfazione. Questa città, in fondo, è una piazza piccola e il mio desiderio è quello di portare in tavola la cucina della nonna, la cucina ruvida che stava per scomparire, come la nebbia. Venendo da un contesto rurale della Calabria, trasferendomi al Nord, a me mancavano quegli odori, quei sapori, la semplicità del cibo, quei profumi, il fumo di brace a casa della mia famiglia o dei miei nonni. Oggi mi sento (quasi) come a casa mia”
Quando ti trovi tra i fornelli, quale è il tuo stato d’animo, dove va la tua mente
“Diciamo che mi estraneo da tutto e da tutti, mi concentro sul piatto che sto per preparare, cercando di trattenere il cuore antico di una ricetta, i sapori di una volta, di proteggere e valorizzare una vecchia preparazione, rispettando le normative vigenti”
Varcando la soglia di questo locale, si respira subito aria di trattoria, quella che a Torino ormai si sente poco… oggi parliamo di cucina creativa, di piatti gourmet. Leggendo il tuo menu mi accorgo di molti piatti ruvidi, come li chiami tu. Claudio, ci puoi elencare qualche preparazione o anche il tuo piatto preferito?
“Bisogna subito dire che se compare un piatto sul menu è perché piace a me, innanzitutto, e poi mi metto dalla parte dei commensali per incontrare i loro gradimenti. Seguo i miei desideri ma condividerli con loro è un immensa soddisfazione. Uno dei miei piatti preferiti? Eccolo: ‘I maccarruna’, i maccheroni preparati alla mia maniera non mancheranno mai nella mia carta! È il piatto del cuore, quello che ricorda le mani della nonna, di mia nonna!. Li preparava con i ‘gruji’, i legnetti derivati da una pianta presente nelle zone paludose della Calabria e poi fatti essiccare in una stanza buia. Io nella mia cucina li utilizzo ancora oggi e non ti dico quale bontà sprigiona questo piatto. Autenticità allo stato puro. Sono la particolarità della ‘Cacio e pepe calabrese’, col Pecorino del Monte Poro, monte che si affaccia sulla ‘Costa degli Dei’. Per i clienti più affezionati quei maccarruna, su ordinazione, possono andare a finire su un ‘ragu alle polpette calabresi’, ‘allo stocco’, ‘alla capra’.
Claudio, tu sei ancora uno chef molto giovane, pieno di entusiasmo, di tanti progetti. Quale può essere la tua maggiore ambizione!
“La soddisfazione dei clienti, prima di tutto. Tutte le mattine mi sveglio con un principio che rimane con me per tutte le ore del giorno: ‘fare scoprire a chi vuole sperimentare la mia cucina questi sapori che ormai si stanno esaurendo, sparendo anche dalla nostra memoria. Sai quale è il maggior complimento che mi piace tantissimo? Quando un bambino, rivolgendosi alla mamma, dice: ‘mamma queste polpettine sono come quelle che preparava la nonna’. Questa ingenuità mi colpisce il cuore e mi fa continuare su questa strada”
Dall’ultima affermazione, mi fai capire che la tua clientela è per lo più regionale calabrese o sbaglio!
“Sicuramente molti dei miei clienti sono originari del Sud, ma posso affermare che L’Uliveto accoglie tanti torinesi o gente del Nord, che apprezza la mia cucina, i sapori forti del Sud, il mio modo di esprimere sapori schietti e sinceri. Sapori d’una volta, che si presentano sulla tavola ogni giorno con tanto entusiasmo e ogni giorno riescono a dare un po’ di gioia a molti”
Siamo al termine della nostra bella chiacchierata. ALMA è sinonimo di Gualtiero Marchesi. Chi è per te il personaggio di riferimento nel mondo della gastronomia?
“Io ho avuto molti chef di riferimento; ciascuno mi ha insegnato qualcosa, tutti hanno lasciato un segno nella mia professionalità, nella mia vita. Rimane dentro di me ogni cosa che ho imparato, conservo i sentimenti che mi sono stati trasmessi. Oggi abitano nella cucina di questa trattoria. Dopo la mia famiglia, il mio cuore batte per quello che faccio qui dentro e sono felice”.
Nelle trattorie non solo si mangia bene ma si sta anche bene a tavola perché i clienti sono accolti da un grande senso dell’accoglienza che, aggiungendo altre piccole storie, contribuiscono a fare grande la storia della cucina italiana, bene culturale da custodire e tramandare.
L’Uliveto
Via Saluzzo, 57 bis/C
Torino
Tel. 389 9938771