A completare, per ora, un progetto contemporaneo nato dal rispetto e dall’ascolto della terra e delle uve tipico di chi ha creduto nel lavoro della Tenuta Villa Rovere di San Martino in Strada di Forlì, in Romagna, è arrivato ora anche “Iliano”, un sangiovese 100% che integra e “contamina” la scelta internazionale fatta a suo tempo.
A quindici anni dalla nascita del vigneto sulle terre di Villa Rovere, è già tempo di maturità; tre vini prodotti fin dagli esordi, Tito, Pirro e Nanì, rispettivamente un Merlot in purezza, un uvaggio di Cabernet Sauvignon, un Sauvignon Blanc.
Tenuta Villa Rovere; è arrivato Iliano
Ed ora la new entry Iliano, un sangiovese in purezza frutto di una scelta maturata con il desiderio di distinguersi dal panorama enologico territoriale, che ha saputo però creare vini contemporanei con un grado alcolico non sostenuto, una beva sciolta, facile, che intriga al sorso successivo.
A guidare la Tenuta Villa Rovere è l’imprenditore Alessandro Annibali, conosciuto per il progetto affermatosi a livello nazionale delle “Noci di Romagna”, che ha voluto cimentarsi nell’universo enologico, sua grande passione.
Il progetto Villa Rovere vide la luce nel 2004 attraverso il recupero di una tenuta di famiglia adagiata fra Forlì e Terra del Sole su cui sono impiantati 6 ettari di vigna per una produzione di 20.00 bottiglie esclusivamente distribuite nei canali super Ho.re.ca.
A sovrintendere all’impresa il responsabile commerciale della Tenuta, Andrea Arlotti e l’enologo Tommaso Bindi, che ha raccolto l’eredità di lavoro della collega Marisa Fontana oggi impegnata a curare la parte agronomica dell’azienda.
L’enologo Francesco Bordini, invece, attraverso un accordo di collaborazione con la poco distante Tenuta Pandolfa di Predappio, ha firmato Iliano, l’ultimo nato, mutuando le uve sangiovese dal territorio di Predappio.
Le vigne su un terreno particolare
Il progetto complessivo di Tenuta Villa Rovere racconta qualità, unicità e rispetto; a partire dai suoli, quelli dove crescono le vigne, che rappresentano un’eccezione per la zona.
Sono infatti di tessitura sabbio-limosa e abbracciano un laghetto, mentre tutta la vigna è delimitata da due corsi d’acqua: il fiume Montone ed il Canale dei Mulini; suoli poveri, per certi versi difficili, dove la vite deve crescere con la schiena dritta, senza fronzoli, e l’acqua ha un ruolo predominante.
Per continuare, come sottolinea l’enologo Tommaso Bindi, con l’attenzione e il rispetto delle uve, che significa selezione e raccolta dei soli grappoli integri per ridurre al minimo le ossidazioni; con la scelta dei tempi di raccolta, intervenendo cioè quando il grado alcolico dell’uva non è ancora esasperato, portando così in dote ai vini acidità e freschezza che sono sinonimo di contemporaneità.
Specchio di queste scelte sono le caratteristiche dei vini della tenuta: il Nanì, Sauvignon Blanc in purezza che all’olfatto ha un varietale per nulla invadente, dai profumi quasi sussurrati e che si esprime deciso, diretto, teso.
E poi Pirro e Tito le due facce della stessa medaglia, Merlot in purezza il primo, uvaggio a base di Cabernet Sauvignon il secondo, ambedue affinati in parte in botti di rovere.
Tutti e tre i vini sono tenuti assieme da un filo conduttore preciso: l’essenzialità e la contemporaneità; vini che sanno osare e sperimentare, che si prestano a una beva sciolta, abbassando anche le temperature di servizio per essere proposti in ogni stagione anche su piatti variegati e non convenzionali.