Incontro Gino Casetta, il masacrin, il macellatore di maiali, nella sede istituzionale nonché stabilimento di produzione dell’Agrisalumeria Luiset, a Ferrere d’Asti. È lui l’ideatore di tutto, l’uomo che più di 30 anni fa iniziò a costruire un’azienda modello per la produzione di salumi e insaccati vari, partendo da un mini laboratorio ricavato nel garage di casa.
È lui che ha dedicato una vita al mondo dei suini, che macellava i maiali nelle cascine dell’astigiano già 50 anni fa.
Luiset è un’azienda modello dove tutta la filiera è controllata in ogni dettaglio, che nel tempo si è evoluta, ingrandita ed è diventata un punto di riferimento nel panorama gastronomico piemontese.
Luigi Casetta, detto Gino, è un settantacinquenne, vispo, attento, intuitivo, riflessivo e intraprendente, con le idee ben chiare. Una vita alle spalle molto varia, sofferta, piena di colpi di scena, decisionista e coraggioso.
Gino, io la definisco un uomo coraggioso. Lei prova un sentimento di gratitudine se la considero sotto questa etichetta? Accetta questa definizione o la rinnega?
“Io l’accetto perché nella mia vita lavorativa ho sempre preso delle decisioni che ritengo di coraggio, però sempre meditate, mai avventate. Ho sempre valutato i pro e i contro di qualsiasi scelta, e se da giovane l’istinto può aver guidato alcune mie decisioni, oggi, mi sento di poter dire che sono molto più ponderato. Quando mio figlio Mauro ha scelto di entrare a fare parte della grande famiglia dei salumieri io gli ho prospettato lati positivi e negativi di questo mestiere… poi a lui la decisione”
Gino, lei da che famiglia proviene, che mestiere faceva suo padre?
“Mio papà, come il nonno e il bisnonno, era un contadino, un allevatore di vitelli, aveva qualche vigna, un po’ di castagne, di nocciole. Qui, dalle nostre parti, in campagna, i vecchi hanno sempre detto che per tirare avanti bene bisognava avere un po’ di tutto, perché, se va male un raccolto, ti puoi salvare con un altro. Questo una volta, però. Oggi non è più così, devi specializzarti in qualcosa di specifico. Parliamoci chiaro, i mestieri sono tutti belli, occorre solo farli bene”
Chi era Luigi Casetta… Gino, coi pantaloni corti?
“Da bambino andavo a scuola, avevo una zia maestra che voleva a tutti i costi che studiassi dopo le elementari. Ho fatto i primi due anni lì a Montà, ma erano 5 chilometri a piedi per andare e 5 per tornare; fu così che mi mandarono in collegio, da interno, a frequentare le medie. Tornavo a casa per le festività. Ma ecco che arriva la notizia, la bella notizia: ‘Gino abbiamo comprato il trattore!’. Era papà che scriveva, felice. Tutta la borgata era venuta a vederlo, a contemplarlo, era il primo trattore di quella borgata, San Rocco di Montà d’Alba. Una cosa bellissima”
Se lei dovesse scrivere la sua storia da dove partirebbe?
“Mah, direi dal periodo del collegio. A me non piaceva studiare, preferivo lavorare, come le persone grandi. Noi avevamo le mucche, i vitelli, i maiali… papà mi portava in giro a comprare i vitellini. Ricordo che venivano i macellai da Torino per comprare le nostre carni, ottime. Si lavorava bene. È un ricordo molto bello. Ma quando a 18 anni papà mi comprò la Cinquecento, cominciai ad assaporare la felicità. Però i soldi che mi dava per la benzina andavano a finire per il divertimento. Avevamo dei terreni anche in pianura, più distanti, a Valfenera, e si andava su e giù col trattore… le gomme si consumavano soltanto andando avanti indietro da Valfenera, 10 km andata e ritorno, la strada era ancora sterrata”
Una giovinezza sacrificata
“Certo. Era il 1968, avevo già la macchina, quella vita era diventata veramente quasi insostenibile. Avevo pensato di andare via, trovarmi un lavoro ben pagato e andare avanti. A quel tempo, quasi tutti avevano scelto di andare a Torino, per lavorare in FIAT. Un giorno, dopo aver seminato il grano, tornando col trattore, stanco e affaticato, pensai di mollare, volevo uno stipendio mio, senza dover dipendere dalla famiglia”
E cosa fece?
“Un giorno passai alla fonderia del paese, qui a Ferrere, una fabbrica con più di 100 dipendenti. Chiesi se avessero bisogno di operai; mi risposero che non avevano necessità. Pensai, allora, che in paese c’era un salumificio, il Salumificio Quadro, Mi presentai, ricordo che era di venerdì. Mi fu risposto ‘ripassa lunedì e vediamo’. Sono rimasto da loro per 21 anni. Ero stato destinato al mattatoio, un’esperienza che non dimenticherò mai, una grande scuola. Devo dire solo grazie”
So che lei viene conosciuto come masacrin: cos’è questa storia?
“C’è da dire che negli anni, il salumificio Quadro era diventato solo più mattatoio; si lavorava dalle 5 del mattino fino alle 13, un orario che mi permetteva di aiutare mio padre che allevava ancora i vitelli. Nel frattempo mi ero sposato, a 25 anni, e quindi aiutavo anche il suocero nell’allevamento dei bovini. D’estate era così, d’inverno andavo a macellare nelle cascine. I miei figli non li vedevo mai, tranne la domenica. Allora, il lavoro c’era, per chi avesse voglia. E così, quando qualcuno nelle cascine aveva il maiale da ammazzare diceva ‘Anduma a serché il masacrin’. E venivano da me!. Mi mettevo all’opera e lavoravo anche la carne. Nel salumificio macellavamo 250 maiali tutte le mattine. È stata una bella scuola per me. Tutto è servito per costruirmi una nuova casa, tutta mia, ma quanti sacrifici…”
“Ma qualcosa successe, siamo alla fine degli anni ’80: la salumeria Quadro, a un certo punto, pensava di chiudere, le due figlie non volevano continuare l’attività del padre. Cominciò a balenarmi l’idea di mettermi in proprio. Nel frattempo, un cliente mi offrì lo stesso lavoro nella sua cascina, a Viale, sulle colline astigiane del Monferrato. Fu lì che pensai di mettermi in proprio: ‘Se vende lui, mi sono detto, i salumi lui in questa collina sperduta dell’Astigiano, dovrei farcela anch’io, ancora di più, a Ferrere’. Ci voleva un atto di coraggio. E così fu!”
Comincia da qui un bellissimo viaggio nel mondo dei salumi: Gino Casetta si mette in proprio. Siamo agli inizi degli Anni Novanta.
Come si è sviluppato il primo sogno di Luiset?
“Siamo nel 1988, mi trovavo a casa dei miei genitori, c’era anche mio cognato. Molte persone mi chiedevano di ammazzare il maiale e lavorarlo a casa mia, perché loro non avevano lo spazio. Io, nel frattempo, mi ero attrezzato un piccolo laboratorio, nel garage, rispettando le condizioni igienico-sanitarie necessarie. Mio cognato, a questo punto, mi suggerisce di mettermi in proprio e di mettere su anche un negozio di vendita. Fu così, da quella chiacchierata nacque il progetto. Era il 1990 e il salumificio fu intestato a mia moglie, titolare di partita IVA, non era ancora nata Luiset, però. Abbiamo dovuto aspettare che Mauro, mio figlio, fosse maggiorenne per partorire Luiset”
Mauro ha sempre raccontato che Luiset ha rappresentato il suo sogno giovanile. Certo, grazie a papà Gino che ha inculcato sin da ragazzo la passione per questo mondo!.
“Ho lasciato a Mauro libertà di decidere, di ampliare l’attività, comprare nuovi macchinari, progredire. Io fungevo sempre da supporto, mio figlio mi interpellava per ogni iniziativa, per qualsiasi decisione dovesse prendere. Ho cercato di entrare sul mercato un passo per volta, senza cercare ci dare noia a qualcuno”
Oggi, Luiset compie 25 anni: come definiamo questa realtà.
“È un’azienda che cerca di adattarsi ai tempi. Io, ancora, passo di là nella linea di produzione e mi faccio sentire dai collaboratori; dobbiamo tenere alta la qualità dei prodotti, è stata sempre la mia filosofia”
Voglio chiudere questa conversazione mettendo a confronto la lavorazione manuale di una volta con quella attuale che utilizza l’innovazione tecnologica. Ci sono differenze per quanto riguarda le caratteristiche dei prodotti che vengono poi commercializzati?
“La differenza la potremmo trovare nella carne. Come si faceva il salume 50 anni fa, si fa così ancora adesso. I macchinari ormai sono indispensabili però bisogna saperli usare. Tanto per dirne una, bisogna saper tritare altrimenti la carne si ‘smelma’ e il salume ne risente. Un altro esempio del cambiamento è l’asciugatura dei salumi: una volta si asciugavano tutti insieme alla stessa temperatura, oggi non è più così. Ogni insaccato ha il suo specifico tempo e bisogna rispettarlo. Non sono solo i macchinari che danno i prodotti, ci vuole l’esperienza del produttore, professionalità e tanto amore verso il prodotto”
Perché, Gino, in onestà, un consumatore dovrebbe acquistare i salumi di Luiset?
“Perché dietro ogni etichetta c’è un’immensa passione, c’è l’esperienza di una vita, c’è il lavoro di gente che opera onestamente, sotto il nostro controllo. Perché i maiali sono quà, dietro il capannone che vivono in libertà e mangiano come e cosa vogliamo noi che li amiamo ad uno ad uno”
Arrivederci Gino… al prossimo sogno! So che tieni molto al nome di Luiset e che l’azienda appartiene al tuo cuore e non puoi farne a meno di tenerla stretta a te. Sei già un uomo del futuro. Grazie.
RIFERIMENTI
Stabilimento di produzione e punto vendita:
- Ferrere d’Asti, via Torino 107
Altri Punti Vendita
- Alba, in piazza San Francesco 5/b
- Torino, in via Po 39
1 commento
Articolo meraviglioso 😍 Grazie a nome
Di tutti noi. Chiara Casetta Luiset