Da qualche anno a questa parte stiamo assistendo a una vera riscoperta del Medioevo, anche a tavola. Un po’ dovunque in Italia sbocciano fiere, sagre e occasioni varie in cui vengono proposti piatti consumati (così si dice…) dai nostri antenati. Ma siamo proprio sicuri che le ricette presentate oggi siano davvero “conformi all’originale”? Attenzione a quel che mettete sotto i denti, viene da dire.
Sono almeno due i motivi per fermarsi subito a fare una riflessione.
Il primo è dato dal fatto che quello che noi chiamiamo Medioevo fu un periodo durato ben mille anni, cioè dalla caduta dell’Impero Romano d’Occidente (476 d.C.) alla scoperta dell’America (1492). Viene dunque spontaneo a chiunque pensare che in un arco temporale così lungo i gusti della gente – e anche certi ingredienti usati – cambiarono via via, e neppure di poco. Aggiungiamo poi che il Medioevo di fatto è una “invenzione” successiva, dato che chi visse nel 1200 o nel 1300, per esempio, certo non pensava di trovarsi in un’età di mezzo. E di mezzo a chi? A che cosa? Loro pensavano di essere moderni!
Il secondo motivo è dato da alcuni ingredienti che oggi con fin troppa faciloneria troviamo infilati in ricette spacciate per medievali, ma che medievali proprio non potevano essere: il pomodoro, le patate e i peperoni su tutti, tanto per citarne tre. Pensate semplicemente proprio al pomodoro: in Europa non c’era finché non lo portarono dalle Americhe e addirittura all’inizio venne inteso solo come pianta ornamentale, dal momento che si riteneva che fosse addirittura velenoso. Parliamone dunque a partire dal Rinascimento inoltrato, semmai. Quindi diffidate quando vi propongono un “coniglio alla cacciatora” con il pomodoro. Olive sì, anche in abbondanza. Ma Dante Alighieri, pur con la sua fervida immaginazione, il pomodoro proprio non sapeva che cosa fosse… E neppure Lorenzo il Magnifico, che morì proprio nell’anno in cui il genovese Cristoforo Colombo attraccava alle Barbados.
Le lasagne medievali
Di sicuro, però, nel Medioevo si mangiava lapasta. Certo, non aspettatevi bucatini o penne rigate, ma le lasagne sì. Eccome! La cosa forse potrà stupire, ma in realtà le “Lasane” si mangiavano, seppure non esattamente come le nostre. Troviamo ricette nel “Liber de coquina” che fu elaborato alla corte angioina di Napoli nel XIII secolo.
Le “lasane” erano un piatto molto in voga nel Medioevo. Va da se’ che a consumarlo erano per lo più le persone ricche e i monaci nelle abbazie. Naturalmente ancora non si parlava di besciamella né appunto di pomodoro, ma la pasta c’era. Era una sfoglia di pasta di pane “tirata” il più possibile affinché fosse sottile. Poi veniva cotta in brodo di cappone o di gru (volatile molto in voga a quel tempo), infine scolata e condita con abbondante formaggio. Parmigiano compreso, sia chiaro, perché lo inventarono nel Medioevo e fra l’altro veniva esportato con grande successo. Si narra che i Turchi ne fossero golosissimi e spendessero fortune per comprarlo dai mercanti italiani. Buon per loro.
Una variante per cuocere le lasagne era quella di scolarle, farle raffreddare, farcirle di zafferano e poi friggerle usando per lo più lo strutto. L’olio d’oliva, infatti, costava molto già a quell’epoca e non vi era la cultura di usarlo per cuocere. Il fritto, comunque, ha origini lontane perché c’era già sulle tavole dei Romani.
Ulteriore variante era quella delle lasagne dolci. Una volta scolate si farcivano di mele, uva passa e frutta secca. Non proprio leggerine, ma tant’è.
Per secondo? Carne a volontà
E per secondo? Cacciagione per i più ricchi, poi animali “da cortile” come polli e maiali. Ma non mancavano le già citate gru (ne scrive Giovanni Boccaccio nelle sue novelle del Decameron), pernici, fagiani e perfino pavoni, per chi poteva permetterseli, cioè nobili e monaci in alcuni monasteri (non francescani).
In alcuni casi, come nei banchetti di corte, grossi animali da cacciagione venivano a loro volta serviti aperti e farciti con all’interno altri animali più piccoli: pavoni e cinghiali con tordi dentro, per esempio. Polli e maiali erano un po’ più alla portata di tutti, o quasi, e venivano cotti “alla cacciatora” nel vino o nella birra. Molto più facile arrostirsi pezzi di carne, così semplicemente: un po’ di sale, rosmarino, alloro, salvia e via.
Non mancavano ovviamente le spezie. Ma anche qui bisogna fare una precisazione. Esse non venivano usate perché si mangiava carne putrida (sfatiamo questo modo dire: i ricchi la mangiavano buona, la carne, altro che marcia!), ma perché piacevano, erano esotiche, davano un tocco di gusto e tono in più. Chi non ne aveva a disposizione poteva ricorrere a carote, cipolle, porri.
Altra “leggenda castellana” da sfatare è che si mangiasse comunque carne in continuazione. Al massimo potevano permettersela i ricchi (Carlo Magno era un grandissimo divoratore di arrosti), ma la gente comune non è che ne avesse a disposizione così tanta e così di frequente. Sulle tavole si trovava quindi molto pane, molta pasta elaborata dalla base del pane, e molte verdure.
L’immancabile dessert
E per dessert? Vogliamo farcelo mancare? No di certo. Ma nonostante oggi lo zucchero sia il più comune e diffuso fra i dolcificanti, nel Medioevo era considerato una spezia, un condimento esotico molto apprezzato dalla Cristianità latina, che ci si poteva procurare solo a caro prezzo per via commerciale. Si coltivava con relativa semplicità anche nel Mediterraneo, ma non era per tutte le tasche.
Quindi? Quindi si continuava a usare ilmiele, ma soprattutto il latte di mandorla. La cultura araba aveva introdotto in Europa torte a base appunto di questo ingrediente, che oltretutto si cominciò a usare su larga scala anche nel mondo cristiano in periodo di quaresima, trattandosi di un prodotto di origine vegetale e non animale. Il latte di mandorla comunque era già in voga nell’antica Roma (Nerone ne era ghiottissimo) e le sue proprietà erano apprezzatissime. Tracce abbondanti ne troviamo nel solito “Liber de coquina” del XIII secolo di cui abbiamo già scritto sopra.
Per concludere, prima di sedersi a tavola, vi lascio qualche testo da consultare: “Medioevo simbolico” di Michel Pastoreau; “Liber de coquina” (ampi stralci su internet); “Cena una volta nel Medioevo” (pagina Instagram davvero… gustosa).
di Alessandro Antico by Lifestyle