Città dell’Altra Economia, lungotevere Dario Frisullo, Testaccio, 4 e 5 marzo: sono le coordinate principali per non perdere l’appuntamento con la quarta edizione di Formaticum, la manifestazione dedicata ai “formaggi veri” – ovvero ai caci prodotti da allevatori e artigiani come atti agricoli e non di categoria industriale o intensiva – molto più veri probabilmente di quanto siano veri i “vini veri”, ovvero naturali (come si definiscono quelli che si ritrovano a Cerea, vicini Verona, in una sorta di “contro” o “para” Vinitaly), per esempio.
A Formaticum ci sono 28 produttori di formaggio, in una cornice dedicata tutta al prodotto che nasce dal latte di vacche, capre e pecore. Una due-giorni costellata di degustazioni guidate e convegni organizzato in collaborazione con Slow Food, Crea e Onaf.
Ne parliamo con Vincenzo Mancino, anima della manifestazione romana che organizza insieme all’editore La Pecora Nera.
Quali sono le principali peculiarità di Formaticum? Cosa aspettarsi arrivando a Testaccio?
Vogliamo proporre la voce (e il lavoro e le storie) degli artigiani del formaggio, di quelli che curano ogni aspetto della produzione, a partire dalla salute delle terre che li ospitano, fino all’alimentazione degli animali che allevano. E che ovviamente fanno tesoro di una preziosa manualità di trasformazione, frutto di secolari competenze a rischio di estinzione. Nella scala produttiva sarebbero “gli ultimi”, i più piccoli e marginali, in realtà sono i primi. I primi di una catena che – anche a causa di una incontrollata, selvaggia globalizzazione dell’industria alimentare – ci porta a non dare peso e attenzione alle trasformazioni, spesso verso il basso, delle nostre abitudini alimentari e al Non rischiamo di dare una immagine bucolica e poco realistica del paesaggio agricolo (e rurale, si diceva almeno una volta) di questo Paese che dovrebbe invece darsi un assetto più moderno?
Intanto, la produzione artigiana è ancora in buona parte viva e vitale e sta traghettando, a fatica, verso il futuro una ricchissima tradizione casearia che non deve essere dispersa. Attualizzata probabilmente sì, ma senza essere denaturata. I prodotti, il lavoro delle persone protagoniste a Formaticum sono coloro che vivono il territorio in cui operano come un contenitore di tradizioni, di biodiversità, di ecotipi, frutto dell’azione di adattamento dell’uomo con le architetture e i paesaggi che ha disegnato nei secoli. I prodotti protagonisti a Formaticum, sono frutto del lavoro di persone che vivono il territorio in cui operano come un contenitore di tradizioni, di biodiversità, di ecotipi, conseguenza dell’azione di adattamento dell’uomo con le architetture e i paesaggi che ha disegnato nei secoli Sono paesaggi fatti di grano, vigne, ulivi, frutteti o verdure. Sono paesaggi dove ancora possiamo trovare pascoli incontaminati. Che rischiano, purtroppo, di diventare terreni incolti e sterili, abbandonati, privati della loro linfa microbica che per secoli ha nutrito radici, insetti, funghi e animali, compresi noi!
Possiamo chiamarli formaggi di grande qualità?
La nostra attenzione a tavola spesso è rivolta al gusto, alla salubrità e, appunto, alla qualità. Ma cosa è la qualità? Nel mercato globale, nell’industria, la qualità è la descrizione degli elementi che compongono un prodotto, una sorta di lista di ingredienti: una bottiglia di vetro temperato verde, una macchina con il motore diesel, un giravite di acciaio di alta qualità. Si tratta di merci non di “prodotti”! Il cibo è un prodotto, non può essere solo una merce. Un prodotto che è figlio del lavoro di chi è ultimo nella catena sociale: contadini, vaccari, pastori, pescatori…
Quale sarebbe dunque la qualità?
Beh, basta citare “prodotti” banali, poveri e semplici: una carota, un tubero, una radice coltivati su un terreno accudito da secoli e senza uso di chimica, possibilmente non troppo distante dal luogo in cui lo mangiamo, può forse essere uguale a un cibo, un ortaggio coltivati dall’altra parte del mondo, magari su un terreno imbottito di fertilizzanti e stivato a maturare nelle celle delle navi? Non c’è differenza? Ecco, già questa differenza è qualità. La stessa cosa vale per la carne, per la cagliata e per il latte (magari acquistati e trasportati congelati per mezzo mondo), per la frutta esotica, per l’olio trasportato in cisterne magiche che a volte riescono a trasformarlo in olio extravergine di oliva italiano. Non è terrorismo psicologico, è la realtà! Mangiare è e deve essere un atto agricolo.
Non diventa un impegno, così, assaggiare un semplice pezzetto di formaggio? Dobbiamo sempre fare attenzione alle sorti del mondo?
Affinché ci possa essere un futuro, io credo che tutti dovremmo porci almeno un pochino la domanda di cosa stiamo mangiando. Perché ci possa essere un futuro, è fondamentale la responsabilità sociale e la coscienziosità degli operatori del settore che devono avere ben presenti davanti a sé i valori della terra, della salute, del gusto, dell’ambiente e della professionalità legata ai mestieri. E noi consumatori dobbiamo scegliere di bere e di mangiare “con” chi produce e non pensare semplicemente di che possiamo fare tutto perché paghiamo, ignorando cosa c’è dietro al cibo. Ogni nostra disattenzione è un pezzetto di debito verso l’ambiente che lasciamo alle prossime generazioni. Io credo che a ogni sorso dovremmo pensare a chi coltiva senza inquinare l’acqua, a un morso di formaggio a chi pratica la transumanza, agli animali e ai loro pascoli migliori, a ogni fetta di pane dovremmo pensare a chi produce ogni chicco di quel grano.
Formaticum sceglie di rappresentare le donne e gli uomini che ogni giorno della loro vita lavorano garantendoci tutto questo, con cura, passione, sacrificio, dedizione, abnegazione, coscienza e – perché no? – tanta poesia. Che male non ci fa davvero!
by Stefano Polacchi – Gambero Rosso