Biologico oggi è un termine con cui ci si riempie facilmente, a volte troppo facilmente, non solo la bocca ma anche, ahinoi, i menù e le carte dei vini di tanti ristoranti e affini. Un termine al quale ognuno ormai assegna l’accezione che vuole, da vegetariano a brutto, da elitario a insapore, tutte ovviamente errate e/o limitate e/o incomplete.
Perché parlare di biologico in maniera corretta non è un esercizio da tutti, bisogna innanzitutto metterci dentro le mani, toccare con mano la difficoltà nel realizzare un prodotto buono, sicuro, sostenibile e a prezzi competitivi.
Da Rimini a Bologna con sapore
Una storia che conoscono benissimo dalle parti di Bio’s Kitchen, il ristorante 100% biologico aperto a Rimini nel 2014 da una costola di Terra & Sole, il primo supermercato certificato bio in Europa nato nel 1992, e che a inizio marzo ha aperto i battenti pure all’ombra delle Due Torri, per la precisione in via Galliera, dove un tempo aveva sede la Vecchia Scuola di Alessandra Spisni.
“Consapevoli, con gusto”, questo è il motto che porta avanti il progetto Bio’s Kitchen, una cucina che non si fa mancare nulla ma nel rispetto del benessere e della sostenibilità dei prodotti.
Biologico sì, ma quanto gusto
Una scelta strategica che parte da lontano, che si traduce nella dieta sequenziale, ovvero nell’iniziare il pasto dagli alimenti più facili da digerire, che predilige le proposte a base di verdure e cereali integrali ma senza trascurare il resto, e soprattutto che seleziona le materie prime con un’attenzione con ancora più rigore.
Il locale: una cascata di natura
Il locale innanzitutto: splendido, pieno di luce grazie alle ampie vetrate e ai lucernari conservati sul soffitto, tutto realizzato con legni chiari e laterizi tipici bolognesi dallo studio ArchiNOW, può a tratti ricordare una serra o un giardino d’inverno grazie alle strutture sospese su cui sono piazzati veri e propri “arredi botanici” selezionati da FrassinagoGardens e Landscapes e che penzolano a cascata verso la grande sala da pranzo.
In cucina garantisce Parini
In cucina la mano salda di Marco Bonardi, chef storico del capofila riminese con trascorsi di vaglia in riviera e anche all’estero, ma soprattutto dal 2017 la supervisione e la garanzia di Pier Giorgio Parini, un luminoso passato stellato all’insegna dei contrasti di gusto alla Locanda del Povero Diavolo di Torriana (Rimini), un presente altrettanto illustre al Benso di Forlì e una propensione spiccata per gli accostamenti arditi.
A pranzo scelta tra carta (del giorno) e buffet
L’offerta gastronomica è duplice: all’ora di pranzo si può scegliere tra un buffet interamente vegetale con circa 40 proposte che spaziano dalle insalate alle verdure cotte, dalla pasta con condimenti privi di carne a piatti veg-style fino agli immancabili dessert a base di frutta, e una piccola carte du jour nella quale sono presenti proposte sia di carne che di pesce.
Dal buffet – che si paga a peso, per evitare sprechi – abbiamo apprezzato un’insalata di funghi, prezzemolo e noci, la zucca marinata con semi di zucca, la cicorietta aglio e olio con pomodori secchi, le polpettine di falafel panate ai cereali, le patate arrosto alle erbe aromatiche, l’ananas fresco allo zenzero e curcuma, magari da affiancare a una zuppa del giorno o a magnifiche salsine a base di yogurt, a maionesi veg profumate di limone, oli di vario genere, semi, spezie e altro.
Tutta la verdura, nemmeno a dirlo, proviene da coltivazioni certificate, viene lavorata sul posto – ne vanno via circa 4 tonnellate al mese – e le cotture sono essenziali per garantire vividezza di gusto e colore.
Nella carta invece abbiamo notato con favore la presenza di carni attentamente certificate, pollame ruspante, prosciutto della Macelleria Savigni di Pavana, salumi dalle varie regioni italiane, pesce rigorosamente pescato e un intelligente impiego, sia in chiave tradizionale (le tagliatelle al ragù) che creativo e vegetariano della pasta fresca.
Musica diversa per cena: il biologico si veste da sera
La sera invece cambia tutto: la carta si espande, è più diversificata e compaiono piatti complessi dall’apparenza minimal, nei quali emerge la filosofia culinaria del Parini. C’è anche la pizza, morbida, ben lievitata per 48 ore, realizzata con farine di grani antichi di Romagna, di farro o di Kamut, e impreziosita da un pizzico di sale dolce di Cervia.
Tra le portate assaggiate cupola di insalata ripiena di insalata e rosole cotte nel sale con maionese veg al pistacchio, ferratella abruzzese con zucca e finocchio marinato, splendidi falafel di ceci crudi con salsa allo yogurt e soia, meravigliosi spiedini di tempura, il mitico “a tutto chips” – misto di chips di cavolo riccio, batata, pastinaca e cavolo Navone con salsa piccante – e un interessante tortino di riso Nerone con salsa di cipolla e mele al curry e soia e verdure croccanti.
Menzione d’onore per gli strozzapreti di farro in salsa al mandarino e rapa rossa e per la tajine di verdure, servita nel recipiente tradizionale marocchino e profumata di spezie comme il faut.
Giudizio sospeso invece per le “previsioni di tempeh”, polpetta di tempeh e verdure con cavolo cinese marinato all’arancio e zenzero e caviale di limone: gli accompagnamenti sono promossi a pieni voti, ma personalmente non amo e non apprezzo in maniera preconcettuale questi alimenti succedanei della carne ritenendoli artifizi di cui si potrebbe anche fare a meno, ma tant’è, ci sono anche loro al mondo.
Sugli scudi infine, e non per pura golosità, il dessert con le variazioni della mela: cuore candito, esterno essiccato come una chips, purea cotta a bassa temperatura e salsa di mela con avocado. Davvero sontuoso.
Biologico uber alles, dal pane al beverage
Pane e affini – grissini, streghette, gallette – tutti al 100 per cento bio e vegan, realizzati internamente nel laboratorio Bio’s a Castiglione di Cervia, mentre per bere, oltre ad alcuni concentrati di frutta e verdura disponibili a pranzo, è presente una ragionata carta dei vini, tutti da uve biologiche e biodinamiche, e di birre artigianali. A noi a cena sono toccati in sorte spumante “Biancoperla” e Sangiovese “Scett” di Tenuta Santa Lucia e Albana morbida di Tremonti.
Quanto si può spendere?
Il costo? A pranzo se si opta per il buffet difficilmente si supereranno i 20 euro, altrimenti con la carta si bascula tra i 25 e i 35 euro, a cena per un pasto completo ce la si può cavare con 45 euro vini esclusi. Un giusto rapporto qualità-prezzo per un ristorante di cui, a mio giudizio, c’era decisamente bisogno per tornare a parlare di biologico in maniera seria.