Casari di soli 20 anni e giovani migranti che diventano tecnologi alimentari. L’arte casearia piace alle nuove generazioni. Se ne è parlato alcune sere fa nella splendida cornice di Villa Gera a Conegliano, durante il convegno organizzato dalla Latteria Perenzin dal titolo “L’Arte del Caciolaio tra sorte e fortuna: l’eredità di Francesco Gera da Conegliano e il futuro dei moderni casari”.
Un talk che ha visto la partecipazione di ospiti illustri ed esperti del mondo caseario per capire, a partire dalle parole di Francesco Gera, medico e agronomo nato a Conegliano nel 1803, quali siano state negli ultimi anni le trasformazioni che hanno investito il mondo caseario ed ipotizzare quale futuro si prospetta per la figura del casaro.
I partecipanti sono stati accolti dalle sorelle Alessandra e Maria Teresa Giorgi, in rappresentanza delle famiglie Sinopoli-Gera-Minucci. La serata è stata moderata da Riccardo Huster della Libreria Tralerighe.
«Quello del casaro non è un mestiere in via estinzione – ha spiegato Carlo Piccoli, fondatore dell’Accademia Internazionale dell’Arte Casearia con sede a Formeniga (TV) e consulente in ambito caseario -, abbiamo avuto in questi 10 anni più di 2.000 allievi, persone che sono venute da ogni provincia d’Italia e da 70 Paesi del mondo. Ai miei corsi ho moltissimi giovani, anche ragazzi al di sotto dei 20 anni. Quello che insegno è come valorizzare il latte, loro fanno il formaggio insieme a me, mettono le mani in pasta e alla fine del corso sanno fare dei formaggi importanti e sanno gestire un caseificio. C’è un interesse al saper fare che è veramente enorme, addirittura c’è un interesse che nemmeno immaginavo di pasticceri, gelatieri, ristoratori che vogliono imparare a trasformare il latte per creare delle materie prime da usare nei loro laboratori».
Alessandro Sensidoni, docente universitario in tecnologie alimentari, ha parlato non solo del futuro dei moderni casari, cioè di coloro che creeranno i formaggi di domani, ma dei futuri consumatori di formaggi. «Sappiamo che è molto importante creare qualcosa che sia rispondente alle richieste di qualità nutrizionale. Mi piace parlare di intelligenza alimentare perché non siamo una macchina che deve fare il pieno attraverso il cibo. Noi siamo esseri molto complessi, dotati tra l’altro di un intelletto che ci porta a godere o non godere di un alimento, non solo attraverso delle sensazioni sensoriali, ma anche attraverso quella voglia di stare bene e quella ricerca di benessere che è ancora tutta da identificare nell’alimento del futuro. A Conegliano io ho sempre trovato una grandissima sensibilità su questi temi: qui 100 anni fa si parlava del futuro con delle parole che oggi ritroviamo, qui vogliamo parlare di futuro perché tra 100 anni quelle cose che stiamo dicendo oggi si realizzeranno».
Appassionante è stata la testimonianza di Salifou, soprannominato Felix, un allievo del professor Sensidoni che è arrivato in Italia dal Togo e che rappresenta un esempio per i giovani che vogliono intraprendere questo mestiere. Si è laureato 2 anni fa grazie anche all’incoraggiamento di Sensidoni. Oggi Salifou ha realizzato il suo sogno: lavorare come tecnologo alimentare in un grande caseificio friulano.
Alessandro Toffoli ha parlato dei progetti che come presidente dell’Associazione Famiglie Rurali sta seguendo all’estero: «Ne abbiamo alcuni che stanno funzionando, soprattutto in alcune zone del Sud America e dell’Africa, anche se ci sono delle aree, al confine tra il Benin, il Burkina e il Niger, soggette ad instabilità politica dove siamo stati costretti a fermare i lavori di alcune aziende agricole. I progetti sono di vario tipo. I tre step che dobbiamo raggiungere sono: alimentazione, formazione e sanità. Da questi progetti nascono quelle condizioni di vita che permettono alle persone di vivere nel loro posto in pace e in un equilibrio economico-sociale che consenta loro di sostenersi».
Si è parlato di futuro, ma anche di passato durante il convegno di Villa Gera con Emanuela Perenzin, maître fromager e titolare della Latteria Perenzin. «Questo territorio, che adesso siamo abituati a vedere ricoperto di vigneti, in realtà, fino a 40-50 anni fa, era ricco di piccolissime aziende agricole familiari. Ognuna di loro aveva una, due, tre vacche. Pensate che la nostra latteria raccoglieva da 250 stalle. C’era una frammentazione pazzesca della produzione e tempi biblici nella raccolta del latte; ricordo che il mio bisnonno andava a prelevare il latte ancora con la bicicletta e il carrettino. Era un territorio molto diverso da ora. Le cose poi sono cambiate molto non tanto per l’avvento del prosecco, ma dell’industria che ha portato via le braccia all’agricoltura. Sono nati questi metalmezzadri e pian piano tante cose sono state abbandonate, a partire dalle stalle. Dopo, con il mondo del prosecco, ha ripreso importanza il mondo dell’agricoltura e quindi adesso abbiamo dei territori anche estremante curati, non sarebbe così se invece ci fosse stato l’abbandono che aveva iniziato ad esserci».
Il convegno si è concluso con una degustazione di formaggi della Latteria Perenzin e del liquore Farfalla Rossa 1838 creato da Nicolò Gera, discendente diretto di Francesco Gera. «Farfalla rossa – ha spiegato – è una reinterpretazione della ricetta di Francesco Gera, medico, agronomo, botanico, fondatore della prima scuola agraria in Italia. Ho trovato questa ricetta all’interno dei dizionari di agricoltura del mio trisavolo e l’ho reinterpretata. E’ un liquore di ribes nero, unico, con una produzione di appena 600 bottiglie, ed è il primo liquore di ribes nero in Italia».